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IMU o cuneo fiscale? Quale sarà la scelta del Governo?

sabato 6 luglio 2013, di Valentina Pennacchio

Nel momento in cui l’attenzione del Governo è tutta diretta alla risoluzione della questione IMU e della riforma del catasto, emerge una voce fuori campo, quella del FMI e dell’OCSE, per cui la vera priorità fiscale dell’Italia è: il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra il costo del lavoro (quanto il datore paga tra imposte e contributi per il dipendente) e il reddito effettivo percepito dal lavoratore.

L’opinione condivisa è quella di procedere con una riforma catastale che consentirebbe di mantenere l’IMU, necessaria per le casse dello Stato, e rimodularla, indirizzando poi i proventi al taglio del cuneo fiscale per incrementare l’occupazione e favorire la redditività delle imprese e gli investimenti.

Le statistiche dell’OCSE fotografano una bella differenza tra l’Italia e la media europea per quanto riguarda il cuneo fiscale: 47,6% VS 35,3%.

Il capo economista dell’OCSE, Pier Carlo Padoan, ha sottolineato l’importanza delle scelte del Governo:

“Considerando che il forte vincolo di bilancio dell’Italia va rispettato, ai fini della credibilità del Paese, bisogna stabilire delle priorità. Noi riteniamo che la scelta fiscale coerente con queste condizioni e con le priorità indicate dal governo italiano sia la riduzione delle imposte sul lavoro”.

IMU o cuneo fiscale?

La questione è chiara. I miliardi in ballo sono tanti e scegliere è difficile, soprattutto se si valutano politiche fiscali alternative, come la riduzione dell’IRAP, altro salasso per i contribuenti italiani. C’è chi sostiene che la scelta tra IMU e cuneo fiscale sia una scelta di riequilibrio, come Carlo Stagnaro, Direttore Ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni:

“Siamo di fronte a una vera e propria anomalia, visto che il nostro fisco si accanisce con i redditi da lavoro e quelli da capitale. In questo senso lasciare intatta l’IMU e diminuire il cuneo fiscale sarebbe in fondo anche un’operazione di riequilibrio, perché un’imposta sulla casa esiste in tutti i Paesi occidentali, e quindi non si tratta certo di avallare una misura strana. Piuttosto, ripeto, la vera anomalia su cui intervenire è la nostra imposizione sui redditi da lavoro”.

Ma bisogna intervenire in modo strutturale per non sperperare fondi preziosi:

“Per tagliare sul serio il costo del lavoro e quindi la pressione fiscale sulle imprese, occorre una riforma strutturale: in questo caso si potrebbe partire dal taglio dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni e da un serio programma di riduzione della spesa pubblica, i cui effetti però si vedono solo dopo cinque - dieci anni”.

La riduzione del cuneo fiscale sarebbe una bella boccata d’ossigeno per molte aziende e non solo. E’ vero che la disoccupazione dipende da una molteplicità di fattori, così come è vero che uno di questi è proprio la tassazione del lavoro. Quali altri effetti potrebbe avere il taglio del cuneo fiscale? Un duplice effetto, sia sui lavoratori, che sulle imprese:

  • da una parte ci sarebbe una ripresa dei consumi;
  • dall’altra maggiore propensione alla competitività, all’investimento e, quindi, aumento della domanda di lavoro.

Diverso il parere di Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, il quale sostiene:

“Credo che sia prioritario intervenire dapprima sull’IVA e sull’IMU e in un secondo momento anche sul cuneo fiscale. Grazie alla fuoriuscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, dal 2014 si dovrebbero liberare 10-12 miliardi di euro che ci consentiranno di intervenire anche sul cuneo”.

Una scelta difficile

Nonostante Giovannini abbia affermato che le risorse per tagliare il cuneo fiscale al momento non ci siano, a Bruxelles il Premier Letta ha dichiarato:

“La priorità è ridurre le tasse sul lavoro per creare più occupazione, è la mia priorità, è la nostra priorità, era la priorità che era al cuore del discorso che ha preso la fiducia delle Camere, quindi è la priorità di tutti coloro che hanno dato la fiducia a questo governo”.

Quale sarà la scelta del Governo?

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