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Eurostat: in Italia debito pubblico secondo solo alla Grecia, 135,1% del PIL

mercoledì 22 luglio 2015, di Claire Giangravè

Eurostat ha pubblicato i dati relativi al primo trimestre riguardo il debito pubblico italiano. In Italia, il debito pubblico è aumentato a quota 135,1% del PIL, l’aumento maggiore nel primo trimestre 2015 in Europa subito dopo il Belgio.

La Grecia mantiene ancora il record nell’Unione Europea, con un debito pari al 168,8% del PIL, ma l’Italia è anche qui al secondo posto. Segue il Portogallo con un debito pubblico del 129,6% del PIL.

I dati sono stati rilasciati in seguito alla partecipazione dei governi dell’UE all’assistenza finanziaria di alcuni paesi. Nella zona dell’euro i prestiti ammontano al 2,3% del PIL mentre per l’UE sono circa l’1,7%.

I paesi europei che riscontrano il debito più basso sono la Bulgaria (29,6% del PIL), il Lussemburgo (21,6%) e l’Estonia (10,5%).

Il debito pubblico tuttavia ha subito un’impennata sia nell’Eurozona (un aumento dal 92% al 92,9% del PIL) che nell’UE ( dal 86,9% all’88,2% del PIL).

Nell’ultimo trimestre del 2014, il debito pubblico italiano ammontava al 132,1% del PIL. I nuovi dati dell’Eurostat dimostrano quindi un aumento di ben tre punti percentuali.

Dall’inizio del 2015 il debito pubblico italiano è aumentato di 83,3 miliardi di euro, secondo l’ultimo bollettino di Bankitalia.

Inoltre nel 2016 entrerà in vigore il Patto di Bilancio europeo per cui i paesi partecipanti, fra cui anche l’Italia, hanno promesso di limitare il debito al 60% del PIL e di mantenere il deficit pubblico sotto il 3%.

Aumentano quindi le preoccupazioni per cui l’Italia possa diventare una ‘nuova Grecia’. Secondo la commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale il rapporto tra debito e PIL incomincerà a crollare vertiginosamente in Italia nel 2016. Secondo alcuni analisti queste analisi sono troppo ottimiste.

Ecco alcuni dei problemi che mettono l’Italia a rischio deficit:

  • troppi vecchi, pochi giovani: in Italia la popolazione continua a diminuire e i pochi giovani devono sostenere i costi di una nazione che invecchia. Il Giappone, che ha assistito a un drastico aumento del debito pubblico per questo motivo, può fungere da esempio all’Italia;
  • il settore delle esportazioni italiano: anche se l’Italia è la seconda per produzione manifatturiera in Europa, le esportazioni sono in difficoltà dal 2010. Le principali limitazioni sono i costi elevati per la mano d’opera e l’inflessibilità dell’euro;
  • l’Italia non può modificare politiche monetarie: i paesi membri dell’UE non possono utilizzare una preziosa arma storica del governo, ovvero la svalutazione della moneta;
  • i sindacati: l’Italia, come la Francia, ha dei sindacati più combattivi rispetto a quelli della Germania. Questo fa in modo che vi siano più oneri per i datori di lavoro e un minor investimento straniero.

Ugo Panizza, del Graduate Institute of International and Development Studies, ritiene che malgrado queste problematiche il debito italiano possa essere facilmente ristrutturato:

“Il debito italiano è più facile da ristrutturare del debito Greco. Una gran parte del debito italiano emesso dall’organo legislativo nazionale non ha condizioni contrattuali ed è regolato da una legge italiana che concede ampio spazio al Dipartimento del Tesoro per la ristrutturazione del debito. [...] La composizione del pubblico italiano , però, sta cambiando rapidamente , perché nel gennaio 2013, i membri dell’Eurozona hanno iniziato ad emettere obbligazioni con clausole contrattuali standard”.

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