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Giappone torna di nuovo in recessione: Pil in calo anche nel terzo trimestre

mercoledì 19 novembre 2014, di Federico Migliorini

Il Pil del Giappone è crollato anche nel terzo trimestre 2014, dopo i segnali negativi anche dei trimestri precedenti. Nel periodo tra luglio e settembre, il Pil ha registrazione una contrazione dello 0,4% rispetto al trimestre precedente. Per questo motivo la Bank of Japan ha già annunciato che interverrà con un nuovo piano di stimoli.

L’abenomics
Shinzo Abe, il premier nipponico, divenuto famoso per la ricetta politica per la ripresa del Sol Levante, rinominata “abenomics”, deve correre ai ripari. Finora la politica monetaria espansiva, la leva fiscale e le riforme promesse (ma ancora non attuate), non hanno portato i frutti che ci aspettavano. Per questo serve un nuovo cambio di passo.

Già nel secondo trimestre 2014 il Pil del Giapppone si era contratto a causa dell’aumento dell’imposta sui consumi, salita dal 5 all’8 per cento, che scoraggiato sia i consumi delle famiglie che la produzione industriale, con le fabbriche che hanno deciso di utilizzare le proprie scorte di prodotti in attesa di capire su quali livelli riorganizzare la propria produzione industriale. Questa incertezza, accompagnata da riforme strutturali ancora non realizzate ha portato l’economia nipponica dalla stagnazione alla recessione.

Oggi il Giappone si ritrova con lobby intoccabili nei settori chiave, come l’agricoltura e l’industria che hanno posto una forte opposizione alle riforme presentate dal Premier il giugno scorso. Anche la tanto attesa riforma del mercato del lavoro, che doveva dare maggiore impulso alla carriera femminile, non è bastata a stimolare la crescita. Il mercato lavorativo giapponese è spaccato in due, tra lavoratori anziani, maggiormente tutelati, e i giovani, ancora troppo precari e con salari troppo bassi.

Il calo della domanda interna
In questa situazione di calo di domanda interna, dovrebbe essere lo Stato ad investire per dare lavoro alle imprese e sostenere l’occupazione e i salari, ma nel settore industriale abbiano visto anche in passato che difficilmente lo Stato è intervenuto con misure di sostegno.

Inoltre, in questi ultimi mesi i Giapponesi hanno dovuto fare i conti anche con l’aumento della pressione fiscale. Con l’aumento delle imposte indirette, ovvero quelle che tassano i consumi, certamente non si è andati in direzione di uno stimolo della domanda, che anzi è calata drasticamente.

Il confronto con l’Italia
Stando a questa situazione le analogie con i problemi economici italiani non sembrano molto distanti. Debito pubblico elevatissimo, forti disuguaglianze sociali, pressione fiscale elevata e mancanza di riforme strutturali stanno portando entrambi i Paesi in recessione. Anche da un punto di vista di politica monetaria, il Giappone è il classico esempio di come lo stampare moneta, se non accompagnato da un forte sostengo al settore economico, sia del tutto insufficiente a fare ripartire i consumi.

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