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Crisi: il vero problema dell’Europa non è l’austerità
venerdì 7 giugno 2013, di
Austerità, misura necessaria per incoraggiare la crescita? Il dibattito prosegue in Europa, ma alcuni analisti sostengono che la questione stia distogliendo l’attenzione da qualcosa di più importante che sta generando gravi turbolenze nelle economie della regione: il collasso del settore finanziario europeo.
António Borges, ex direttore europeo del Fondo monetario internazionale, ha recentemente affermato che l’intero dibattito sull’austerità sia fuori luogo e non permetta di cogliere la vera natura del problema europeo. Ciò che sta rallentando la crescita in Europa è la mancanza di credito. Nel 2008, i governi europei presumettero che le banche fossero state essenzialmente vittime di una crisi innescata negli Stati Uniti e che, pertanto, i problemi del settore fossero ad essa riconducibili. Quando ciò si rivelò falso, i leader europei non riuscirono a svolgere credibili "stress test" per valutare il fabbisogno di ricapitalizzazione delle banche. La convinzione diffusa era credere di potersela cavare in maniera relativamente indolore, mentre i bilanci nazionali erano già sotto pressione.
Il credito per finanziare nuovi investimenti scarseggia in parte a causa dell’elevata incertezza sulla ripresa economica di Eurolandia. Ma c’è una ragione ancora più profonda: molte banche del continente non sono in condizione di concedere prestiti. Le banche dominano la finanza in Europa, soprattutto nel sud, l’area più in difficoltà della zona euro. Circa l’85% delle attività finanziarie in Italia, l’87% in Spagna e il 96% in Grecia è detenuto da banche e altri istituti di credito, rispetto ad una percentuale inferiore al 30% negli Stati Uniti. Risultato: quando le banche non prestano, le economie europee non possono crescere. Secondo gli analisti, gli errori politici da parte dei governi europei hanno ostacolato il prestito.
Le banche sono state ricapitalizzate per lo più da parte dei governi, che hanno iniettato nuovo capitale. Le banche che dovevano ricostruire i propri coefficienti di capitale non lo hanno fatto mediante l’emissione di nuove azioni, ma disfacendosi di assets. I prestiti al settore privato non bancario, che hanno raggiunto un picco nel 2009, hanno cominciato a contrarsi, di anno in anno. Questo modello di stress test si è rivelato assolutamente poco convincente, ed è tuttavia continuato. I governi della zona euro stanno nuovamente prendendo in considerazione una revisione della qualità degli asstes delle banche, dal momento che il prossimo anno, la Banca Centrale Europa insieme alle autorità di controllo, supervisionerà i bilanci dei principali istituti di credito della zona euro (circa 140 banche complessivamente). Ma i fondi saranno disponibili per ricapitalizzare le banche che ne hanno bisogno, anche attraverso i governi, il cui accesso al finanziamento è limitato? Se ciò non fosse possibile, le banche zombie rischieranno di frenare la crescita per anni.
I regolatori bancari nazionali europei hanno di fatto peggiorato le cose. I fondi sono stati imbottigliati in Germania e in altre economie "sicure", uno dei motivi per cui le aziende private nel Sud Europa non stanno beneficiando dell’abbondante iniezione di liquidità della BCE alle banche. Per un continente così dipendente dal settore finanziario, questa è una cattiva notizia. Non solo le politiche ufficiali hanno ostacolati i prestiti bancari, ma hanno anche dato un giro di vite su una possibili via d’uscita: i mercati finanziari.
Anche se le banche degli Stati Uniti sono in difficoltà, le società statunitensi possono raccogliere fondi dai mercati. Gli europei dovrebbero in teoria essere in grado di fare lo stesso: la ricchezza finanziaria degli europei come percentuale del reddito disponibile - una misura della capacità di un’economia di sostenere un mercato interno dei capitali - è paragonabile a quella degli Stati Uniti. Nel 2009, la ricchezza finanziaria netta è stata di circa il 280% del reddito disponibile negli Stati Uniti, nel Regno Unito, e in Italia, di circa il 210% in Francia e del 190% in Germania. Ma i politici hanno sfiduciato i mercati finanziari.
Le autorità europee hanno impedito i movimenti degli hedge fund e dei fondi di private equity, hanno adottato misure per frenare lo short-selling e i credit default swap, i derivati regolamentati e gli scambi, e hanno proposto ulteriori misure per i mercati obbligazionari. Tutto questo in nome di una maggiore trasparenza e di un contenimento degli abusi. Ma Borges sostiene che questi ed altri sforzi nazionali, avrebbero piuttosto ostacolato lo sviluppo del capitale-mercato, citando una proposta di tassa sulle transazioni finanziarie come un’altra cattiva idea. "Penso che ci sia un pregiudizio contro la finanza moderna in Europa" ha commentato durante una conferenza a Bruxelles.
Ci sono alcuni deboli spiragli di luce. Le aziende italiane stanno cominciando a raccogliere fondi per il lancio di piccole emissioni obbligazionarie. Caar SpA, un piccolo fornitore per l’industria automobilistica e aerospaziale, è diventata una delle poche aziende a far questo, attraverso una prima emissione di un bond di € 3.000.000 ($ 4 milioni). Le famiglie italiane hanno abbastanza ricchezza finanziaria per rendere possibili l’adozione di tali misure. Ma è solo una goccia nel mare rispetto alle esigenze di finanziamento delle aziende del sud Europa, affamate di credito.
Fonte: wsj.com