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Con la Fedeli sarà davvero Buona Scuola?

giovedì 2 febbraio 2017, di Federica Ponza

Valeria Fedeli, ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha reso note le linee programmatiche che intende seguire nel percorso di riforma della scuola.
La cosiddetta Buona Scuola, introdotta dal governo di Matteo Renzi, non ha mancato di suscitare polemiche e proteste da parte di insegnanti e sindacati, che ritengono la riforma non risolutiva di alcuni dei problemi più importanti della scuola.

Molti gli aspetti non condivisi di questa riforma, ad esempio molti punti della Legge 107/15, come quello relativo alla mobilità o anche il Piano di formazione previsto per i docenti.

Alla luce di tutto ciò, non si può far a meno di domandarsi se con la Fedeli sarà davvero Buona Scuola e se la ministra riuscirà a risolvere tutti i problemi che da tempo affliggono il sistema scolastico italiano.

La riforma Buona Scuola, infatti, non è stata ben accolta dagli insegnanti e tantomeno dai sindacati perché non tiene pienamente conto di alcune criticità importanti del sistema scuola.
La scuola pensata dalla Fedeli, dunque, sarà davvero una Buona Scuola?

Riforma scuola: con la Fedeli sarà davvero Buona Scuola?

Con il passaggio del testimone della guida del Miur da Stefania Giannini a Valeria Fedeli si è auspicato in un cambiamento nel modo di portare avanti questa riforma e il fatto che la Fedeli sia un’ex sindacalista fa ben sperare, anche se le critiche alla nuova ministra sono state aspre fin da subito (ricordiamo quelle sul fatto che la ministra non possiede una laurea).

La paura, però, è che la nuova ministra non si ponga su un binario diverso rispetto ai precedenti e che, nonostante l’auspicio di un clima collaborativo, le istanze dei docenti e di tutto il personale del comparto scuola rimangano ancora una volta inascoltate.

La Fedeli, infatti, ha affermato che ha intenzione di porsi in continuità con quanto fatto finora, in modo da portare a termine la riforma, pur avendo lasciato spazi di apertura e auspicando la collaborazione fra le parti.

Le criticità della riforma sono molte e mentre alcuni dei provvedimenti previsti risolvono solo in parte le problematiche della scuola italiana, altri aspetti sono stati tralasciati o, ancora, si sono sottovalutate le conseguenze di alcune delle novità e dei decreti attuativi della Buona Scuola che si intende introdurre.

Vediamo nel dettaglio alcune delle questioni più controverse di questa riforma e dei cambiamenti che la Fedeli intende portare avanti sulla scuola.

1. Mobilità: con la Fedeli sarà davvero Buona Scuola?

Uno degli aspetti più criticati della Buona Scuola è la mobilità e l’introduzione della chiamata diretta.
Per l’anno 2017/18 la Fedeli ha raggiunto un accordo con i sindacati sulla la mobilità che elimina il vincolo triennale e introduce la possibilità di richiedere l’assegnazione su singolo istituto e non su ambito territoriale, come prevede la riforma della Buona Scuola.

Di fatto, però, le novità introdotte dalla Legge 107/15 rimangono in vigore, come pure la chiamata diretta, e quella per il prossimo anno è solo una deroga momentanea.

Inoltre, questa mobilità straordinaria non è applicata ai posti e riguarderà solo il 30% delle cattedre disponibili, mentre il 60% è riservato alle immissioni di ruolo. In questo modo aumentano le possibilità di vedersi rifiutata la domanda di trasferimento.

Nonostante molti insegnanti potrebbero apprezzare la deroga alla mobilità - seppur con il limiti evidenziati - il sindacato ANP si è detto contrario all’accordo firmato perché svilisce il vero significato della Legge 107/15 e ne ridimensiona la portata innovativa.

2. Sostegno e formazione docenti: con la Fedeli sarà davvero Buona Scuola?

Un’altra novità prevista dalla Buona Scuola e confermata dalla Fedeli è la riforma del sostegno che, fra le altre cose, prevede la formazione obbligatoria non solo per i docenti di sostegno, ma per tutto il personale scolastico.

Questo perché si vuole cercare di promuovere l’inclusione a tutto tondo degli studenti affetti da disabilità. In linea di massima questa potrebbe essere una buona idea, a patto che non sia il primo passo per eliminare definitivamente la figura dell’insegnante di sostegno, magari sfruttando il fatto come scusante per effettuare nuovi tagli.

Molti docenti e sindacati, inoltre, lamentano il fatto che tutte queste nuove procedure introdotte tolgono spazio alla didattica, che di fatto viene messa in secondo piano dalla riforma.

La Buona Scuola, poi, riforma anche il come diventare insegnanti, introducendo una tirocinio triennale (dopo laurea, TFA e concorso) che prevede negli ultimi due anni la copertura delle supplenze da parte dei tirocinanti.

Questa nuova misura sembra svilire il ruolo dell’università nella formazione dei docenti e fa sorgere domande sull’effettiva utilità della laurea se poi si prevede un ulteriore periodo di formazione prima di poter effettivamente essere insegnanti.

Il fatto che le supplenze vengano coperte dai tirocinanti fa sorgere perplessità sulla possibilità che ci sia una pesante riduzione dei posti disponibili per gli iscritti alle Graduatorie d’Istituto, alimentando ancora di più il precariato.

3. Graduatorie, precariato e stipendi bloccati: con la Fedeli sarà davvero Buona Scuola?

La riforma Buona Scuola prevede anche la chiusura delle GAE e il loro svuotamento progressivo di queste in modo da far sì che nei prossimi anni si attinga per le cattedre di ruolo solo dai vincitori dei concorsi, senza riserve.

Questo tipo di provvedimento, però, non tiene conto di quei precari che hanno una carriera decennale o anche ventennale alle spalle e che, ancora una volta, vengono esclusi dalla possibilità di ottenere un posto di ruolo.

A tutto ciò va aggiunto il fatto che gli stipendi dei docenti sono bloccati dal 2008 e, guardando anche agli aumenti degli stipendi degli altri dipendenti pubblici (alcuni anche del 45%) non si può che pensare che la categoria sia fortemente penalizzata, soprattutto alla luce della crescente inflazione.

La Fedeli fa sapere che un rinnovo dei contratti insegnanti di 85 euro è poco e la speranza è che finalmente si prenda la questione sul serio, riconoscendo il valore che merita ad una figura centrale come quella dell’insegnante.

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