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Brexit, gli inglesi fanno pressione sull’UE: accordo sul commercio subito

lunedì 21 agosto 2017, di Michela Del Zoppo

Regno Unito e Unione Europea tornato in forte conflitto sulla velocità con cui la Brexit possa tradursi in un accordo commerciale - il tutto accade appena una settimana dall’inizio della nuova fase dei negoziazioni.

Con una chiara posizione provocatoria, il governo del primo ministro inglese Theresa May ha dichiarato nel weekend di stare “aumentando le pressioni” sul blocco economico per spostare la discussione sui termini della Brexit il più presto possibile, ad ottobre.

L’uso di parole forti in passato non ha smosso l’Unione Europea e presagendo che la Gran Bretagna rimarrà delusa, il primo ministro sloveno Miro Cerar ha detto al Guardian che “il processo durerà sicuramente più a lungo di quanto ci aspettiamo”.
Segni di una nuova discordia potrebbero rendere inquieti gli investitori, dopo che la sterlina la scorsa settimana ha registrato la performance peggiore rispetto alle valute del G10.

Regno Unito vuole trovare subito un accordo commerciale

Divulgando più dettagli su quale sia la sua posizione e specificando le sue richieste, il Regno Unito vuole cambiare il discorso Brexit, troppo vago, e dare una scossa all’Europa iniziando le trattative sul commercio il prima possibile.

E mentre il tempo scorre fino a marzo 2019, data in cui il Regno Unito dovrebbe concretizzare la separazione dall’Europa, e le due fazioni si scontrano su alcune questioni-chiave, il segretario per la Brexit David Davis sembra desideroso di ravvivare il dibattito, mettendo in discussione se i dialoghi debbano correre in parallelo oppure nell’esatto ordine in cui sono stati stabiliti dall’Unione Europea.

Un dibattito del genere non piacerà all’Europa, per usare un eufemismo. Michel Barnier, il suo capo negoziatore, ha ribadito la settimana scorsa che gli altri 27 governi non lasceranno incominciare i dialoghi sul commercio fino a quando non saranno fatti “sufficienti progressi” riguardo i diritti di residenza per i cittadini UE in Gran Bretagna, il costo dell’uscita del Regno Unito dall’Europa e la questione dei confini con l’Irlanda.

Una lenta progressione

La speranza originaria era di raggiungere questa tappa fondamentale ad ottobre – in tempo per il summit dei leader UE – ma è messa ora in dubbio tra le critiche all’interno dell’UE e la mancanza di precisione da parte della Gran Bretagna.

“Ci sono talmente tante questioni complesse sul tavolo, problemi complicati, che non ci si può aspettare che tutti questi problemi vengano risolti seguendo il programma redatto all’inizio”,

ha detto il presidente slovacco Cerar al Guardian.

“Ciò che è più importante ora è che vengano risolti i tre problemi principali in un ragionevole periodo di tempo”.

Dopo aver predetto che le differenze nei programmi avrebbero retto alla “prova dell’estate”, Davis è tornato a quanto era stato deciso a giugno preferendo, a quanto sembra, il piano dell’UE. Ma in un articolo sul Sunday Times, ha insistito che sarebbe d’aiuto “gestire gli aspetti della negoziazione due alla volta”, indicando quello dell’Irlanda del Nord come un problema strettamente correlato alla Brexit e al commercio.

“È semplicemente impossibile arrivare ad un accordo quasi conclusivo sulla questione dei confini finché non si comincia a parlare di come funzioneranno a grandi linee i nostri futuri regimi doganali”

ha scritto.

“Inoltre, se otteniamo l’accordo di libero scambio su vasta scala che stiamo cercando, come parte della nostra partnership futura, le soluzioni in Irlanda del Nord saranno più difficili da garantire”.

Quest’approccio più aggressivo è stato criticato dagli attivisti anti-Brexit, dato che mettono in dubbio l’abilità del governo di condurre le negoziazioni.

Odore di disperazione

“Ora, a un paio di mesi dal capolinea, cercare di riaprire il problema puzza un po’ di disperazione all’avvicinarsi della tempesta economica e con un governo che non ha una soluzione”,

ha detto il legislatore liberal-democratico Tom Brake, portavoce del partito pro Brexit.

Cinque nuovi documenti di sintesi che il governo del Regno Unito pubblicherà questa settimana includeranno un profilo dei “beni di mercato” e la “confidenzialità dei documenti”. Il primo è una risposta ad un documento dell’UE che fissa delle disposizioni secondo cui i beni resi disponibili alla vendita prima della Brexit dovrebbero essere disponibili all’acquisto sia in Europa che nel Regno Unito dopo l’uscita della Gran Bretagna.

Secondo Davis, le proposte dell’UE dovrebbero estendersi ai servizi connessi: per esempio un contratto di manutenzione che viene fornito con la vendita di un ascensore.

Una nuova Corte?

Nel corso della settimana, usciranno fuori i documenti riguardanti la protezione dei dati, la cooperazione giudiziaria e la risoluzione delle dispute post-Brexit. Uno di questi documenti, come riferito dal Financial Times, suggerirà l’istituzione di una nuova Corte per sovrintendere alle relazioni post-Brexit tra Regno Unito e UE, su ispirazione di precedenti come l’Associazione Europea di Libero Scambio. Davis stabilirà delle opzioni sul regime giudiziario voluto dal Regno Unito, incluso il commercio, la sicurezza e i diritti dei cittadini.

Il rifiuto della May di lasciare la giurisdizione alla Corte di giustizia europea è "sciocco" e incompatibile con le proposte britanniche per un periodo di transizione post- Brexit, ha dichiarato Paul Jenkins, ex capo dei servizi legali del governo, al The Observer. Nel frattempo, gli economisti hanno animatamente discusso sul Sunday se la Brexit aiuterà o danneggerà l’economia britannica.

Un gruppo di economisti pro-Brexit, tra cui Patrick Minford dell’Università di Cardiff, ha stimato che lasciare il mercato unico dell’Unione Europea e l’unione doganale potrebbe aggiungere 135 miliardi di sterline all’economia britannica e determinare prezzi più bassi nel libero scambio globale e stimolare la concorrenza.
In risposta, Monique Ebell dell’Istituto Nazionale di Ricerca Economica e Sociale ha dichiarato che il Regno Unito perderà fino al 30% del suo commercio totale lasciando il mercato unico dell’UE e che una diminuzione della sterlina stimolerebbe l’inflazione.

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