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I diritti dei cittadini Ue dopo la Brexit
martedì 1 agosto 2017, di
Ormai è noto che ci sono rumors tra le posizioni dei ministri del governo di Theresa May.
Il Regno Unito appare sempre meno coeso ed è per questo che il portavoce della premier ha precisato come la posizione del governo sulla Brexit rimanga quella stabilita dal primo ministro a gennaio.
Naturalmente i dettagli relativi al periodo di attuazione post-Brexit sono stati oggetto delle varie fasi del negoziato e vi è una proposta ma non un accordo riguardante i diritti dei cittadini europei nella fase successiva al divorzio.
Il portavoce della premier britannica Theresa May ha dichiarato che tali diritti cesseranno di esistere a marzo 2019. Eppure c’è stata una proposta presentata dal ministro degli Interni, Amber Rudd, che ha previsto invece un periodo transitorio di tre anni dopo la conclusione delle trattative sulla Brexit, durante il quale mantenere sostanzialmente in vigore la libera circolazione.
Probabilmente dopo le forti critiche di un altro ministro, il titolare al Commercio internazionale Liam Fox, che ha pubblicamente affermato di essere stato tenuto all’oscuro della proposta della Rudd, è arrivata la dichiarazione chiarificatrice del portavoce di Theresa May.
Cosa sta succedendo a Downing Street?
Importante. Il portavoce ha precisato che la Gran Bretagna non sta cercando di consolidare una soluzione già pronta. La contraddizione è che, secondo il Financial Times, la scorsa settimana il ministro delle finanze Philip Hammond si è espresso per un accordo di transizione che è sembrato già definito.
Hammond ha anche dichiarato che con la Brexit non dovranno esserci immediati cambiamenti nelle norme che regolano l’immigrazione, né tanto meno per l’ingresso di cittadini non britannici nel Regno Unito, cittadini comunitari compresi quindi.
Chiaramente la Brexit sta entrando in una nuova fase anche se i negoziati potrebbero essere sospesi. Al momento dovrebbero riprendere il 28 agosto.
La questione Ema
I diritti dei cittadini Ue nel Regno Unito comunque non sono l’unica partita che si sta giocando. Il governo spagnolo ha presentato formalmente la candidatura di Barcellona a nuova sede dell’Agenzia europea dei medicinali, Ema, che Londra dovrà lasciare dopo la Brexit.
Madrid ha consegnato al Consiglio Europeo un dossier tecnico con le soluzioni proposte per ospitare l’Agenzia Ue nella capitale catalana. Per gli uffici dell’Ema si mette a disposizione la Torre Glories, un edificio di oltre 30mila metri2 nel centro della città. A quanto si sa il dossier mette in evidenza anche i buoni collegamenti internazionali della metropoli catalana attraverso l’aeroporto di El Prats (44 milioni di passeggeri all’anno e collegamenti quotidiani con 21 capitali europee) e la rete dell’alta velocità ferroviaria.
Nel Regno Unito l’economia sta cambiando?
Il tema sembra non interessare molto sia a Theresa May e sia i suoi ministri ma secondo me sta già pesando sulla Brexit. I dati naturalmente non sono definitivi ma ci dicono abbastanza. Il Pil del secondo trimestre di quest’anno ha registrato un rialzo dello 0,3% dopo il +0,2% del primo trimestre ed è in linea con le attese degli economisti ma conferma però la fase di rallentamento dell’economia se si considera che nel quarto trimestre 2016 il tasso di crescita era dello 0,7%.
Su base annua il Pil ha segnato un +1,7% e nel comunicato dell’Ufficio nazionale di Statistica (Ons) si rileva che l’economia britannica sta evidenziando un considerevole rallentamento nella prima parte di quest’anno. Ora che ci sia una decrescita è evidente ma bisogna vedere se questa tendenza continuerà oppure cambierà segno.