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Gli stipendi bassi dei lavoratori sono il vero problema del Reddito di Cittadinanza
martedì 5 febbraio 2019, di
Si può essere contrari o favorevoli a come è stato strutturato il Reddito di Cittadinanza, ma è innegabile che un paese come l’Italia dovesse dotarsi di un efficace strumento di sostegno per chi vive in uno stato di povertà.
L’indole spesso pigra degli italiani e la propensione a essere “furbetti” può far pensare che adesso si pagherà la gente per stare sul divano, ma se bisogna partire da questo principio non si potrà mai fare una riforma sociale.
Il vero problema del Reddito di Cittadinanza è insito invece nelle cifre snocciolate da Inps e Confindustria. L’istituto diretto da Boeri parla del 45% dei dipendenti privati nel Sud che guadagnano meno di 780 euro al mese, mentre gli industriali sottolineano come in Italia lo stipendio medio di un under 30 sia di 830 euro.
Questo vuol dire che non ci sarà una grossa differenza tra quanto percepito da molti lavoratori e da chi resta a casa. Un fattore non di poco conto, che potrebbe generare un forte disincentivo nel cercare un’occupazione visto che non ci sarebbe comunque un miglioramento delle proprie condizioni economiche.
Ad accompagnare il Reddito di Cittadinanza, doveva esserci anche l’introduzione del salario minimo come da contratto di governo.
Stipendi come il Reddito di Cittadinanza
Per prima ha parlato Confindustria, diramando i propri dati che parlano di uno stipendio medio in Italia per gli under 30 pari a 830 euro netti al mese, quindi soltanto 50 euro in più del Reddito di Cittadinanza.
Nel dettaglio al Nord è di 910 euro mentre al Sud è pari a 740 euro. Peggio va ai neolaureati che, paradossalmente, guadagnano mediamente ancora meno con la loro busta paga stimata in 700 euro.
Per Confindustria quindi l’importo elevato del Reddito potrebbe scoraggiare la voglia di trovare un lavoro, anche se gli industriali dovrebbero domandarsi anche perché gli stipendi sono così bassi e magari fare un po’ di autocritica.
Allarme simile quello lanciato dall’Inps, che ha fatto notare come il 45% dei dipendenti privati del Sud percepiscono al momento stipendi netti inferiori ai 780 euro. Anche qui si parla di forte “disincentivo” e di un possibile “scoraggiamento”.
Una situazione paradossale
Difficile dare torto all’Inps e a Confindustria, nonostante la sorta di “conflitto di interessi” di quest’ultima. Visti gli stipendi medi in Italia, l’assegno da 780 euro del Reddito di Cittadinanza è in teoria troppo alto.
Se guardiamo al Reddito Universale sperimentato in Finlandia, spesso citato proprio dal Movimento 5 Stelle, tra le tante differenze questo prevedeva un sussidio di 500 euro a fronte di uno stipendio medio però di 3.500 euro.
In sostanza per la situazione attuale dell’Italia gli importi che erano previsti dal Reddito di Inclusione, con assegni che andavano da un minimo di 187,50 euro a un massimo di 539,82 euro, erano più equilibrati.
Ma se già è difficile vivere con 780 euro al mese, specie nelle grandi città, figuriamoci con un assegno da 300 euro. Nel rapporto quindi il parametro sbagliato non è quello del Reddito di Cittadinanza, ma bensì quello degli stipendi.
Il grande errore del governo è quello di non aver dato il via libera, di pari passo con il RdC, anche all’introduzione di un salario minimo che potesse di conseguenza aumentare lo stipendio medio dei lavoratori italiani.
Appare logico e scontato che un beneficiario del Reddito possa essere poco incentivato a dover lavorare, magari lontano dalla propria città, per una cifra simile a quella percepita stando a casa.
Al tempo stesso anche chi un lavoro già ce l’ha, però pagato peggio di chi prende l’assegno da 780 euro, sarebbe portato a essere fortemente disincentivato ad alzarsi ogni mattina per recarsi al proprio posto di lavoro.
Il Reddito di Cittadinanza è una riforma necessaria ma andava studiata con più calma. Esigenze politiche però hanno prodotto questa accelerata, con gli interrogativi che gravitano attorno a questa misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle che rimangono tanti.