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Presidenti Camera e Senato: sarà un voto thriller. Ecco tutte le ipotesi in ballo

giovedì 22 marzo 2018, di Alessandro Cipolla

Più che una Terza Repubblica, quella che sta per iniziare sembrerebbe avere tutti i connotati della Prima visto gli intrighi e le trame di palazzo che stanno caratterizzando la vigilia della elezione dei Presidenti di Camera e Senato.

Anche se la situazione sembrerebbe essersi delineata dopo l’accordo sulla spartizione delle poltrone tra 5 Stelle e Centrodestra (Paolo Romani di Forza Italia al Senato e Roberto Fico del Movimento alla Camera), franchi tiratori e doppiogiochisti sono sempre in agguato visto anche il voto segreto.

Le sorprese di conseguenza, come nella migliore tradizione nostrana, potrebbero non mancare.

Presidente del Senato

Durante i contatti avvenuti nei giorni scorsi tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini si è arrivati a questa fumata bianca: la guida del Senato andrà alla coalizione più votata (Centrodestra), mentre quella della Camera al partito più votato (Movimento 5 Stelle).

Una seconda intesa raggiunta, questa volta tutta interna al Centrodestra, ha stabilito che la Lega essendo la prima forza esprimerà il leader della coalizione (Salvini), con il carroccio che è riuscito a strappare anche la candidatura di Massimiliano Fedriga alla elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia.

In cambio però Forza Italia si è assicurato il diritto di eleggere un proprio esponente come prossimo Presidente del Senato. Il primo nome è quello di Paolo Romani, che però avendo una condanna in giudicato è impresentabile secondo i 5 Stelle, mentre l’alternativa è l’ex ministro Anna Maria Bernini.

Le votazioni al Senato funzionano in questa maniera. Alla prima tornata è eletto chi raggiunge la maggioranza assoluta dei componenti, ovvero 161 senatori. In caso di un nulla di fatto si procede con un secondo scrutinio.

Se dovesse proseguire la situazione di stallo, sabato ci sarà una terza votazione dove sarà necessaria la maggioranza assoluta dei presenti, schede bianche comprese. L’ultima ratio è poi quella di una quarta tornata con un ballottaggio tra i due candidati più votati nel terzo scrutinio.

Questi sono i vari scenari possibili. Il primo è che il Centrodestra rimanga compatto nel sostenere Romani e che il PD non partecipi alle votazioni. In questo caso il forzista verrebbe eletto al ballottaggio anche senza il parere favorevole dei grillini.

Se però il Partito Democratico trovasse un’intesa con i 5 Stelle, nel testa a testa finale potrebbero far eleggere un loro candidato. Stessa cosa poi varrebbe se la Lega rompesse con il Centrodestra e votasse assieme al Movimento.

L’ultima ipotesi è che Forza Italia e i pentastellati alla fine si accordino su un altro nome (Bernini?) più condiviso di Romani, che quindi potrebbe avere i voti necessari per venire eletto anche al primo scrutinio.

Elezioni alla Camera

Alla Camera invece alla prima votazione verrà eletto Presidente chi riuscirà a ottenere i due terzi dei voti dei componenti (420). In caso contrario, nel secondo e terzo scrutinio saranno necessari sempre i due terzi però dei votanti, schede bianche comprese.

Se dovessero ancora venire meno i numeri necessari per l’elezione, si procederà con degli scrutini a oltranza dove si dovrà raggiungere la maggioranza assoluta dei voti, sempre comprensivi anche delle schede bianche. Non ci sarà quindi nessun ballottaggio.

La situazione alla Camera è ancor più complessa rispetto Palazzo Madama. Il Movimento 5 Stelle presenterà un proprio candidato, Roberto Fico, che però per una sorta di ritorsione in caso di un mancato appoggio a Paolo Romani al Senato potrebbe non essere votato dal Centrodestra.

Se si dovesse arrivare alla necessità della maggioranza assoluta, il Partito Democratico cui non dispiace la figura di Fico potrebbe votare con i 5 Stelle facendo così eleggere il deputato pentastellato.

Si potrebbe però arrivare anche al punto che Roberto Fico, che non gode della massima simpatia di Luigi Di Maio, possa essere sacrificato anche lui. 5 Stelle e Centrodestra a quel punto potrebbero cercare una convergenza su un altro nome.

Il patto però che vorrebbe un grillino alla guida di Montecitorio potrebbe pure essere rotto. In quel caso, PD e Centrodestra avrebbero i numeri per votare un candidato da loro scelto oppure, in caso di una non partecipazione al voto dei dem, dopo il terzo scrutinio Forza Italia e Lega sarebbero in grado da soli di eleggere un loro deputato.

Come si può ben vedere sia alla Camera che al Senato la situazione è molto ingarbugliata. Anche se da giorni tutti i leader si affrettano a precisare che l’elezione dei Presidenti sarà slegata dalla formazione del nuovo governo, è indubbio che eventuali accordi o tradimenti alla fine peseranno anche quando ci si dovrà mettere insieme per dare vita a una maggioranza.

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