La guerra con più vittime nel 2022 è quella di cui nessuno parla

Giorgia Bonamoneta

18/04/2023

18/04/2023 - 22:10

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Il mondo non è mai davvero in pace e le guerre dei primi venti anni del Duemila ne sono una prova. La guerra con più vittime del 2022 non è quella in Ucraina, ma nessuno ne parla. Ecco cosa sappiamo.

La guerra con più vittime nel 2022 è quella di cui nessuno parla

Il mondo è un posto senza pace. Se si mettono insieme tutti i conflitti, le crisi croniche e le escalation violente si arriva a oltre 350 conflitti solo nel 2020 secondo i dati di Caritas Italia. In conflitto in Ucraina ha aggiunto milioni di persone in difficoltà a un quadro già difficile, nel quale tra gli sfollati, chi è rimasto senza casa e i feriti si devono contare anche i morti. La guerra con più vittime del 2022 non è però in Ucraina, bensì in Etiopia.

L’attenzione del mondo è concentrata su alcuni conflitti, come quello tra Russia e Ucraina o i possibili futuri scontri tra Cina e Stati Uniti per Taiwan. Le luci su altri conflitti, ben più violenti o sanguinari, sono spente e i motivi spesso sono legati all’interesse del pubblico, alla distanza o all’origine stessa dei conflitti, troppo articolata per semplificarla al pubblico. Così la guerra in Etiopia si è guadagnata la triste posizione di conflitto più mortale del secolo (almeno fino a oggi) dopo la guerra del Congo.

La guerra in Etiopia (nota come Guerra del Tigrè) è passata in secondo piano, quasi dimenticata e sicuramente poco discussa dai media tradizionali e non, eppure ha causato almeno 600 mila morti e svariati altri crimini di guerra brutali, come stupri di massa e privazione di cibo. Il conflitto è stato dichiarato finito in data 3 novembre 2022, ma non è ancora davvero tempo di pace per il Paese. Nel 2023 dalle aeree del Tigray la violenza si è spostata nella regione di Oromia.

La guerra in Etiopia: cosa è successo e cosa sappiamo

Del conflitto se ne parlava prima ancora del suo inizio, ma non in Occidente. Quando la notizia è giunta alle orecchie e agli occhi, oltre i confini del continente africano, lo ha fatto con termini quali brutalità e violenza e, in maniera del tutto generalista, ha raccontato le azioni degli attori in gioco come se fossero sullo stesso ordine di grandezza, ma non è così.

Il conflitto in Etiopia è scoppiato il 3 novembre 2020 in seguito al crescere delle tensioni tra tigrini e il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiope (Eprdf). Questo era stato dominato dai tigrini a lungo prima del cambio di potere passato al leader Abiy Ahmed, del partito degli Oromo, che insieme agli Ahmara sono una delle due etnie principali del paese. I tigrini, esclusi da decisioni importanti come la fine della guerra con l’Eritrea (formalmente in corso dal 1998) attaccarono le caserme (secondo alcuni commentatori si tratterebbe di un false flag organizzato dall’Eprdf) e Ahmed insieme alle forze armate dell’Eritrea non persero tempo e risposero con forza.

La violenza contro i tigrini era più che certa, dicono gli esperti, anche perché da anni erano additati come un cancro da estirpare e, come ha spiegato il professore Jan Nyssen esperto di Etiopia, i toni utilizzati dagli etiopi contro i tigrini avevano tinte genocide.

La guerra più sanguinosa del secolo: le vittime dimenticate del conflitto nel Tigray

Durante i colloqui tenutisi il 2 novembre 2022 per la cessazione delle ostilità, i funzionari etiopi hanno confermato e superato le drammatiche stime calcolate dalle organizzazioni umanitarie, le agenzie e le Nazioni Unite. Secondo quanto riportato il numero dei morti civili si sarebbe dovuto aggirare intorno alle 300-400 mila unità, ma l’alto rappresentante dell’Unione Africana per il Corno d’Africa, Olusegun Obasanjo - ex presidente della Nigeria e mediatore tra governo etiope e Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè - ha confermato l’impressionante numero di 600 mila vittime civili (circa 1.000 al giorno).

Il numero delle vittime civili è da intendere non solo per azioni militari dirette, ma anche come conseguenze delle violenze e delle brutalità compiute (termini che ritornano in quasi tutti i resoconti). Tra queste spiccano le uccisioni indiscriminate, come scrive Focus on Africa, ma anche stupri di massa, saccheggi e privazione di cibo e acqua attraverso atti di distruzione di fattorie, campi coltivati e, più in generale, danni all’ambiente tali da rendere impossibile la ripresa delle attività di produzione dei beni di prima necessità,

Secondo il capo della Ethiopian Human Right Commission, Daniel Bekele, i dati sono da considerare ancora, e forse per sempre, solo delle stime. Bekele infatti ha affermato che è impossibile stabilire il numero esatto delle vittime.

La guerra con più vittime: non è ancora fermo il contatore

La guerra in Tigray è ufficialmente conclusa, ma non per questo il numero delle vittime ha smesso di crescere. Anche perché il conflitto concluso in una zona si è semplicemente spostato, portando ulteriore violenza in una delle zone più instabili del Paese: Oromia. Nei primi resoconti delle rinnovate azioni di violenza, il numero delle vittime civili si aggira già tra le 100 e le 400 unità.

In generale, se le stime dei due anni di conflitto dovessero essere confermate, la guerra del Tigray passerebbe alla storia come il secondo conflitto più violento del secolo dopo quello in Congo e la guerra con più vittime del 2020-2023. Stime che superano di gran lunga, più del doppio, le vittime congiunte del conflitto tra Russia e Ucraina.

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