Quali sono i «punti caldi» dove potrebbe esplodere il prossimo conflitto? Un’analisi della situazione geopolitica.
Negli ultimi anni la guerra in Nagorno-Karabakh prima e il violento conflitto in Ucraina poi hanno portato scenari ritenuti da analisti e decisori critici per l’ordine internazionale a incendiarsi. Le guerre preventive scatenate da Azerbaijan e Russia contro, rispettivamente, Armenia e Ucraina hanno mostrato il brusco ritorno dell’uso della forza come strumento di risoluzione delle contrapposizioni tra Stati.
La fine del bipolarismo e il rapido consumarsi dell’utopia unipolare del mondo a guida esclusiva statunitense hanno condotto l’ordine globale a trasformarsi in un grande disordine internazionale. In quest’ottica si sono alimentati i focolai di tensione nel contesto di un graduale disfacimento dei pesi e dei contrappesi che delimitavano gli equilibri di potenza.
Diversi scenari risultano passabili di creare contrapposizione dirette tra le potenze. Restano tre guerre civili sopite nella cronaca mediatica ma mai arrestatesi in Medio Oriente: Siria, Yemen e Libia. A cui si aggiunge un’altra area spesso sottovalutata, il Sahel, vero e proprio buco nero geopolitico. Ai”buchi neri” possono essere associati contese legate a possibili collassi statuali o infiltrazioni terroristiche in Paesi dalla ridotta istituzionalizzazione.
Ma il vero problema, oggigiorno, restano i possibili punti di contatto tra grandi potenze. L’Ucraina, innanzitutto, vede Russia e Occidente capaci di venire a contatto. Russia e Nato si fronteggiano anche nel Baltico, attorno a Gotland. E Mosca ha aperto il contenzioso col Giappone per le Isole Curili. India e Pakistan, potenze nucleari, si contendono il Kashmir. E infine ci sono gli scenari che vedono coinvolta la Cina. Intenta al braccio di ferro con Taiwan e a sfidare Washington nel duello marittimo del Mar Cinese Meridionale.
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