Cosa significa che i bambini non possono essere costretti a incontrare i nonni

Giorgia Bonamoneta

31 Gennaio 2023 - 23:08

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Una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che i bambini non possono essere costretti a incontrare nonni o parenti se non vogliono. Ecco cosa significa.

Cosa significa che i bambini non possono essere costretti a incontrare i nonni

Crescere frequentando i parenti, come nonni e zii, non è davvero essenziale. Secondo la Cassazione infatti i legami famigliari devono essere spontanei e graditi, non un obbligo. Cosa significa che i bambini non possono essere costretti a incontrare parenti sgraditi? La Corte di Cassazione ha dato una risposta giuridica a quello che è di fatto un argomento più vicino alla psicologia e alla psicologia infantile. Per quanto riguarda la sentenza della Cassazione in risposta al ricorso di una coppia di genitori che voleva evitare gli incontri non graditi dei loro figli minori con i nonni e uno zio paterno, i giudici hanno dato ragione agli interessi dei minori.

Le volontà del minore e il suo benessere prevalgono sull’interesse dei genitori e di altri familiari. Se è vero che ogni minore ha un rilevante interesse a fruire di un legame, relazionale e affettivo, questo deve avvenire secondo “linee armoniche e spontanea” dice la sentenza. Ci sono invece casi particolari in cui i rapporti generano situazioni conflittuali che necessitano addirittura dell’intervento di un giudice o di uno/a psichiatra.

Ecco che cosa significa non obbligare i bambini a frequentare o incontrare i nonni secondo una sentenza della Cassazione.

Bambini lontani dai nonni: cosa ha detto la Cassazione

La Cassazione ha accolto il ricorso dei genitori di due bambini che erano costretti a vedere i nonni contro la loro volontà. Secondo la sentenza il diritto dei nonni non può prevalere sull’interesse degli stessi minori, costretti a frequentare i nonni solo in base alla relazione parentale.

È evidente infatti che non si può imporre una relazione sgradita e non voluta, sottolinea la Cassazione, soprattutto se si tratta di minori che hanno compiuto 12 anni, quindi consapevoli delle loro scelte.

La sentenza arriva in seguito al ricorso di due genitori in una situazione familiare con rapporti difficili tra i genitori e parte della famiglia, ovvero i nonni e lo zio paterno. Nella sentenza si legge inoltre che:

il compito del giudice non è quello di individuare quale dei parenti debba imporsi sull’altro nella situazione di conflitto, ma di stabilire, rivolgendo la propria attenzione al superiore interesse del minore, se i rapporti non armonici (o addirittura conflittuali) fra gli adulti facenti parte della comunità parentale si possono comporre e come ciò debba avvenire.

La decisione è stata presa anche alla luce della constatazione da parte dei servizi sociali all’impossibilità di provvedere alla mediazione perché il conflitto risultava “irrisolvibile”.

Cosa dice l’articolo 317-bis sui rapporti minori-nonni e perché non è sempre valido

Il tentativo di rimanere in contatto con i nipoti può basarsi su quanto espresso dall’articolo 317-bis, ovvero quello sui rapporti con gli ascendenti. Secondo l’articolo 317-bis infatti gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. Per questo l’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore, affinché siano adottati provvedimenti nell’esclusivo interesse del minore.

Ed è qui che la sentenza della Cassazione sottolinea quanto più che l’interesse da parte dei nonni e dello zio, andava presa in considerazione l’interesse dei minori. I consulenti hanno descritto l’intenzione di passare del tempo dei nonni e dello zio con i minori come dovuto a un “legame profondo” con essi, ma caso per caso va analizzato se la situazione è effettivamente così.

Secondo la sentenza i minori non possono essere costretti a incontrare i nonni se questi, come nel caso specifico della sentenza, non concorrono in maniera positiva al progetto educativo e formativo dei nipoti. Tra questi rientra per esempio il non seguire le indicazioni cliniche suggerite alla nonna, alla quale era stato richiesto di frequentare uno/a psichiatrica per eccessiva aggressività nei confronti della madre dei due minori.

Ecco perché il compito del giudice non è individuare quale dei parenti abbia più ragione dell’altro sui rapporti da mantenere con i minori, ma invece deve mettere al centro dell’indagine l’interesse psico-fisico del o dei minori coinvolti nei rapporti parentali. Così si rimettono al centro i minori, i loro interessi e il loro benessere.

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