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Zona Euro: dalla crisi alla catastrofe? Progressi, sfide e rischi correnti
martedì 22 gennaio 2013, di
Il peggio della crisi dell’Euro è passato o c’è ancora il rischio di una catastrofe? I progressi raggiunti nella gestione della crisi, le sfide ancora aperte e i rischi correnti per il futuro economico della zona Euro raccontati dal New York Times.
Zona Euro: dalla crisi alla catastrofe?
Il 2013, potrebbe essere l’anno in cui l’Europa smette di essere la bomba ad orologeria dell’economia mondiale.
L’Irlanda è sulla buona strada per lasciare il "limbo del bailout internazionale" entro l’estate. I discorsi sulla possibile dipartita della Grecia dalla moneta unica sono ormai fuori discussione. E la speculazione finanziaria ha praticamente smesso di scommettere sulla possibilità che l’euro sarà fatto saltare per aria.
Tuttavia, proprio mentre il senso di emergenza svanisce, l’Europa potrebbe trovarsi di fronte ad un problema dalle proporzioni ben più preoccupanti.
Crisi: l’approccio Europeo
Da tre anni ormai, la cancelliera tedesca Angela Merkel assieme ad una falange di politici lavorano per mettere al sicuro mantenimento dell’Euro e per impedire che l’unione monetaria venga messa da parte. Questa settimana, dirigenti ed economisti si riuniranno a Davos, in Svizzera, dove mercoledì avrà inizio il World Economic Forum e a quanto pare, la preoccupazione più grande riguarda la possibilità che, ora che l’emergenza crisi è spenta, i leader politici possano diventare "meno attenti" e generare problemi che perseguiterebbero l’Euro negli anni a venire.
Jacob Kirkegaard, del "Peterson Institute for International Economics" di Washington spiega: "il rischio è che si possa affermare una certa noncuranza (dei leader politici) perché non c’è più l’urgenza della crisi e si arrivi a pensare che tutto ciò che è stato fatto sino ad ora possa essere sufficiente". Se ciò dovesse accadere, prosegue Kirkegaard, "l’Europa sarà il prossimo Giappone e diverrà un’area economica perennemente depressa e stagnante".
Crisi dell’Euro: i progressi
L’approccio deliberato della Cancelliera Merkel nella gestione della crisi e il rifiuto di allontanarsi troppo dall’opinione pubblica tedesca è stato spesso frustrante per i suoi compagni della zona euro e per gli alleati stranieri. Tuttavia, almeno sino ad ora, la strategia sembra aver funzionato. La Merkel, che parlerà a Davos giovedì, insieme agli altri leader europei ha fatto l’appena sufficiente per contenere la crisi senza tuttavia alienare i contribuenti.
Buona parte della calma attuale è da attribuirsi a Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea. Con la promessa della scorsa estate, Draghi ha appianato la situazione sui mercati finanziari promettendo di fare il necessario per salvare l’Euro, compreso l’acquisto di titoli di Stato Spagnoli, se necessario a frenare l’impennata dei tassi di interesse.
L’effetto, passato come "effetto Draghi" è stato evidente: i mercati finanziari hanno smesso di guidare i tassi di interesse sui titoli di Spagna e Italia fino a quei pericolosi livelli che avevano costretto Irlanda, Grecia e Portogallo a fare richiesta per un salvataggio finanziario internazionale. Ad oggi, poche persone temono ancora che il sud Europa possa decidere di lasciare la moneta unica.
Altre prospettive drammatiche, come la possibilità che la Germania o altri paesi del Nord Europa possano decidere di lasciare la moneta unica per evitare di essere coinvolti nel "pantano economico", sono anch’esse svanite. Se c’è qualcosa che preoccupa, a questo punto, è la situazione fiscale negli Stati Uniti dove lo stallo cui è giunto Washington è diventato piuttosto debilitante per le finanze del paese, così come la paralisi politica lo è stato per l’Europa.
I leader politici europei hanno fatto passi importanti per migliorare la disciplina di spesa tra i membri dell’euro, fornendo un punto d’inversione finanziaria per i paesi in difficoltà e consolidando la vigilanza bancaria. Nonostante le molte imperfezioni, tali misure sembra siano state sufficienti a convincere gli investitori che i funzionari dell’Euro stanno lentamente costruendo un unione monetaria più forte.
Victor Constancio, vice presidente della BCE ha recentemente detto in una conferenza a Pechino: "I paesi Europei hanno dimostrato la determinatezza nel voler fare dell’Euro un successo affermando l’impegno politico per la collaborazione verso una unione più forte".
Crisi nella zona Euro: le sfide e i rischi correnti
Ma i leader politici devono ancora correggere alcuni gravi difetti strutturali della zona Euro. Ad esempio, non hanno risolto il problema di come chiudere le banche "malate terminali" senza affliggere i contribuenti. Inoltre, i leader sono ancora lontani dall’istituzione di un fondo di assicurazione dei depositi d’Europa, il che significa che c’è ancora il rischio delle famigerate "corse agli sportelli".
"Oltre alla stabilizzazione dei mercati finanziari, c’è bisogno della compresenza di molti fattori per definire un vero punto di svolta" ha detto Draghi questo mese.
Ma ci sono alcuni eventi che potrebbero minare alla fiducia e all’ottimismo nei confronti dell’Euro. In Germania a settembre si terranno le elezioni nazionali: ciò potrebbe rendere la Merkel ancor più cauta e frenarla sulle decisioni. Tra l’altro il suo avversario Lower Saxony ha tirato fuori un risultato a sorpresa dalle elezioni regionali dello scorso fine settimana.
Anche le elezioni in Italia possono diventare minacciose. Mario Monti, il Primo Ministro che ha ricostruito la credibilità dell’Italia e che parlerà mercoledì a Davos, affronta un pubblico scontroso sui temi della revisione di alcune politiche come quelle sul lavoro. Silvio Berlusconi, ex Primo Ministro che ha governato l’Italia per anni di paralisi economica, ambisce ad un ritorno populista.
In Francia, il presidente Hollande ha promesso l’intenzione di ridurre il deficit al 3% del PIL quest’anno per aderire alle regole di governo della membership dell’Euro, anche se potrebbe essere ricusato qual’ora l’impegno militare francese a Mali e nelle regioni circostanti diventasse una vicenda oltremodo estenuante.
Oltre la Manica, il primo ministro britannico David Cameron, che prenderà parola al WEF giovedì mattina, ha lanciato l’allarme che il proprio paese possa lasciare l’Unione Europea se non verranno apportate modifiche nell’amministrazione.
"Il pericolo è che l’Europa fallisca trascinando alla deriva verso l’uscita anche il popolo britannico", si legge da un testo preparato per un discorso di Cameron la scorsa settimana, ma rinviato a causa degli sviluppi relativi agli ostaggi in Algeria.
Nel frattempo, i gravi effetti di austerità prolungata stanno lasciando profonde cicatrici sociali in molti paesi. Aumenti fiscali e tagli alla spesa hanno portato molti cittadini europei nel baratro, più in basso che mai, spingendo per la strada milioni di dimostranti in Grecia, Italia, Portogallo e Spagna. La recessione economica di tutti questi paesi, prima di migliorare è destinata a peggiorare. (Crisi Eurozona: perché le cose dovranno peggiorare prima di migliorare?).
Disoccupato oggi, emigrante domani
La disoccupazione continua a crescere: a novembre il tasso di disoccupazione del blocco dei 17 dell’Euro ha raggiunto il record a 11.8%. La disoccupazione giovanile ha superato il 50% in Spagna e in Grecia, disperazione stratosferica. Ogni mese, migliaia di giovani brillanti lasciano la Grecia, l’Irlanda, la Spagna e l’Italia dirigendosi verso le economie in espansione in Canada e Australia.
Dal Portogallo molti lavoratori vanno in Africa in cerca di fortuna, visto che lì sta emergendo una classe media insieme al graduale miglioramento delle condizioni economiche della regione meridionale del continente Africano.
Misure anti crisi: qualche beneficio?
Ma i dolorosi sforzi compiuti iniziano a portare qualche frutto. I costi del lavoro sono scesi in diversi paesi, compresi Spagna e Portogallo, contribuendo a rendere la forza lavoro più competitiva. In Spagna, ad esempio, il costo dell’unità lavorativa è sceso del 4% dal 2008 diventando così allettante per Ford, Renault e Volgswagen che hanno annunciato alcuni piani di investimento nella regione. Anche perché si è spenta la questione relativa ai voli di capitale dalle banche spagnole.
I problemi dell’Eurozona sono diventati un’opportunità per alcuni paesi di togliere gli impedimenti strutturali che ostacolavano la crescita. In Francia, dove Hollande ha promesso di rendere l’economia più competitiva, i sindacati hanno stabilito un accordo per rivedere le fondamenta del mercato del lavoro, notoriamente rigido.
Il peggio della crisi è passato?
Probabilmente sì, il peggio della crisi è passato, ma ciò sarà vero soltanto se i leader politici continueranno ad utilizzare la crisi come un’occasione per rilanciare la competitività dell’economia Europea.
Alcuni paesi potrebbero aver fatto abbastanza sforzi economici per godere di una crescita sostanziale, ma una volta che la crisi è passata, ha detto Nicolas Véron, dell’istituto istituto di ricerca Bruegel di Bruxelles, "ci sono molti ostacoli da superare".
| Traduzione a cura di Federica Agostini | Fonte: NYTimes - In Euro Zone, Signs of Progress and Fears of Complacency |