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Titoli di stato: rendimenti in calo ovunque. Unica eccezione? Il decennale italiano

venerdì 21 aprile 2017, di Daniele Morritti

Ovunque in Europa si assiste ad un calo dei rendimenti dei titoli di stato, soprattutto per quanto riguarda i c.d safe asset come il bund tedesco. Un trend riscontrabile anche in Francia.

Tuttavia, il fenomeno non sembra interessare minimamente i decennali italiani, i quali sono prezzati dal mercato con rendimenti intorno al 2,25% (il bund è allo 0,18%). Da un punto di vista della meccanica finanziaria, una simile realtà non dovrebbe sorprendere: gli investitori, date le incertezze connesse agli sviluppi politici nel panorama europeo, tendono a preferire beni rifugio come i decennali tedeschi. Ma è veramente così?

Anche l’Oat francese, dopo qualche tentennamento al rialzo patito la scorsa settimana quando i sondaggi marcarono l’exploit nei sondaggi dell’euroscettico Jean Luc Mélenchon, si è immediatamente stabilizzato intorno ad un rendimento dello 0,90% negli ultimi giorni.

Quindi, come è possibile che i rendimenti sui decennali francesi, a due giorni dal primo turno delle presidenziali e in un contesto dove ben due candidati papabili su quattro risultano apertamente contrari all’UE e all’euro, non stiano schizzando? E in più, cosa rende il BTP uno dei decennali meglio prezzati nonostante sull’Italia non incomba nessuna nube elettorale (almeno nell’immediatezza)?

BTP: perché i rendimenti sono alti?

In queste giornate contraddistinte da grande turbolenza politica nell’Eurozona, si sta assistendo a qualcosa di apparentemente bizzarro: l’Oat francese ha un rendimento che ne fa quasi un safe asset (il differenziale col corrispettivo tedesco è stretto, nella sessione di giovedì ha chiuso a 61 pb). In altre parole, nonostante Le Pen e Mélenchon minaccino, in caso di vittoria, un’uscita della Francia dall’euro, gli investitori sono tornati a comprare - anzi, non avevano mai smesso.

Quanto al decennale italiano la questione è po’ diversa. Se sul piano internazionale stiamo assistendo ad un calo generale dei rendimenti - fenomeno connesso in buona misura al rallentamento dell’inflazione e alle tensioni geopolitiche, le quali spingono gli investitori verso i lidi sicuri dei safe asset (diminuendone pertanto il rendimento) - sul piano italiano, invece, il rendimento del decennale aumenta, così come lo spread col corrispettivo tedesco.

Di primo acchito verrebbe da pensare che ciò sia strettamente connesso a quanto sta avvenendo in Francia; la probabilità che i movimenti anti-establishment si affermino in Francia spinge il mercato a vedere l’Italia come il successivo tassello del domino, con la differenza che l’instabilità del sistema politico italiano (che significa non promuovere le riforme sollecitate dai mercati per tramite dell’UE) è già conclamata e può solo peggiorare.

Infatti, serpeggia tra gli esperti un’evidente consapevolezza: l’Italia sta scontando un ritardo nell’implementazione delle riforme dell’impianto economico nazionale. Il debito pubblico (134% sul PIL), sebbene rappresenti un problema minore rispetto a quanto il dibattito mainstream porti a credere, continua a rappresentare tra gli investitori un problema serio, un deterrente all’investimento in definitivo. Non è chiaro quando e in che modo il governo avvierà il processo di riduzione (la speranza è che non lo faccia secondo le modalità promosse dalla Commissione, ovvero tramite tagli ciechi e feroci della spesa dilazionati nei prossimi 5 anni).

In più, pesa ancora moltissimo la disoccupazione nonché l’ormai conclamata povertà che affligge le famiglie. I dati Istat tracciano uno scenario sconcertante: i poveri in Italia sono oltre 4 milioni. Una situazione che di certo non solletica l’appetito di chi vuole investire in titoli nazionali, dato che il disagio può da un momento all’altro esplodere in rivolta sociale, con conseguenze evidenti sulla stabilità del sistema poc’anzi richiamata.

Per giunta, il mercato teme che nel solco tracciato dal malcontento sociale posso insinuarsi il M5S (cosa che sta puntualmente avvenendo), temuto non già per la sua natura di movimento antitetico ai partiti tradizionali, quanto per le ambiguità che ancora ne sviliscono l’offerta politica di fronte agli occhi del potentato finanziario internazionale.

Oat: perché il rendimento cala?

Il curioso caso dell’Oat francese, verrebbe da dire. Il rendimento del decennale francese non sembra soffrire della situazione politica che nella giornata del 23 aprile potrebbe premiare Marine Le Pen, lanciandola di fatto verso l’Eliseo.

Tuttavia, come recentemente è stato notato da diverse banche di investimento, tra cui Bank of America, il mondo finanziario non teme che una simile eventualità possa in definitiva concretizzarsi. Nemmeno Mélenchon fa paura, il quale ha nelle ultime settimane destato un’evidente preoccupazione per l’establishment a causa della sua crescita repentina nei sondaggi.

I propositi no-euro, recentemente scaricati da coloro che da anni ammoniscono i politici circa i rischi intrinseci della moneta unica, non hanno per il mercato possibilità di attecchire né arrivare fino alle soglie dell’Eliseo. L’euro sembra tornato di moda anche tra gli hedge fund.

Per questo il rendimento del decennale francese è poco remunerativo. Tutti credono che Macron vincerà. Il che è probabile, non certo.

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