South working, lavoro al Nord restando al Sud: come funzionano le nuove opportunità d’impiego

Giorgia Bonamoneta

18/03/2022

18/03/2022 - 21:13

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Lavorare a distanza è possibile. È una realtà che aiuta soprattutto giovani e donne. Il progetto South working vuole incentivare lo smart working per de-marginalizzare il Sud.

South working, lavoro al Nord restando al Sud: come funzionano le nuove opportunità d’impiego

South working” è il nome del progetto che promuove e stimola il lavoro agile, cioè il lavoro con sede distante, solitamente al Nord, da quella del luogo di lavoro, il più delle volte dal Sud Italia. Negli ultimi due anni, complice la crisi sanitaria dovuta al Covid-19, lo smart working si è reso necessario. Un fenomeno e una modalità di lavoro che in altri Paesi era già molto usata (circa il 37%). Prima della pandemia erano occupati appena il 5% dei lavoratori in smart working, cioè poco più di 500 mila persone, un anno dopo (2021) il personale a distanza era cresciuto fino a 2,11 milioni di unità.

Lo smart working non è servito solo per garantire una maggiore sicurezza per i lavoratori, impiegati da casa, ma anche per incrementare l’occupazione. Uno strumento utile, che viene riproposto ed è incentivato da progetti come quello del South working. Questo permette a tutti coloro che vivono nel Sud Italia si entrare in contatto con aziende del Nord, in particolar modo con quelle milanesi. Anche dopo la fine dello Stato di emergenza il 31 marzo 2022, la modalità dello smart working dovrebbe o potrebbe continuare.

Il governo ha prorogato la modalità dello smart working fino al 30 giugno nell’ambito privato, ma progetti come Sounth working cercano di promuovere tale modalità come strumento per la de-marginalizzazione dei lavoratori del Sud. Il progetto viene portato avanti attraverso collaborazioni, come quella con Randstad - una multinazionale olandese che si occupa di ricerca, selezione e formazione di risorse umane - ma anche attraverso hub diffusi nelle zone marginalizzate del territorio.

South working: come lo smart working sta cambiando il lavoro

È possibile lavorare per le aziende del Nord e per le maggiori società presenti in ogni capitale del mondo senza essere fisicamente in quei luoghi. Il lavoro a distanza non è più così di nicchia come prima della pandemia. A beneficiarne, negli ultimi due anni, sono stati moltissimi lavoratori, ma le categorie più favorite con questo sistema sono quelle fragili: giovani, donne, persone malate.

La modalità dello smart working permette di occupare molte più persone, soprattutto residenti nei luoghi marginalizzati, di periferia e, in generale, del Sud Italia. Inoltre questo permette di ridurre “la fuga di cervelli”. I giovani e le giovani che lasciano l’Italia per andare a lavorare all’estero (dal 2013 al 2020) sono in costante aumento. La Corte dei Conti aveva rilevato un +41, 3%, un numero che con la pandemia sta invece diminuendo. Complice, ovviamente, lo smart working.

Per questo il progetto di promozione sociale e di stimolo del Sud, il South working (letteralmente “lavorare dal Sud”), è una risorsa. Uno strumento per de-marginalizzare le periferie, per aumentare l’occupazione e in particolare l’occupazione di giovani e donne. Non uno strumento fine alla situazione emergenziale, ma che permette nuovi progetti di lavoro agile.

South working: cos’è e come funziona?

South working non è “lavoro da casa”, ma da luoghi di lavoro comuni, i coworking, ovvero spazi di lavoro condivisi - che sempre più spesso sentiamo raccontare dai nomadi digitali - e che in Italia sono ancora poco frequentatati.

Il progetto South working prevede dei luoghi di lavoro chiamati presìdi di comunità. In questi ci si incontra, si partecipa alla vita del luogo, si apprende dagli altri. Il South working permette un miglioramento della vita individuale, ma ha anche conseguenze positive nel locale. Lo spostamento di capitale umano permette non soltanto di aumentare i consumi, ma anche di aumentare le idee e gli spazi creativi.

Nuove opportunità di lavoro con il South working: come candidarsi

Non si tratta quindi solo di opportunità personale, ma anche di quelle collaterali. Un comune che recupera gli spazi abbandonati, il sistema di internet aggiornato e rafforzato in territori poco raggiunti, una maggior affluenza di persone, di lavoro locale in strutture di accoglienza e molto altro.

Il progetto South working inizia a rafforzarsi e a diventare uno strumento efficace per migliorare lo stato di occupazione di giovani, donne e fragili. In particolare è la collaborazione con Randstad a dare i maggiori segnali positivi. Randstad è un gigante del settore del lavoro, tra scouting e formazione. Mario Mirabile, vicepresidente di South working ha spiegato che “è un grande messaggio per il mondo delle aziende e per un futuro sostenibile del lavoro agile in Italia”.

Per essere parte del cambiamento proposto, è possibile candidarsi per un’offerta di lavoro da remoto tramite la pagina di Randstat.it o sul sito southworking.org. In questi due siti sono state create delle sezioni apposite per il lavoro in modalità south working.

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