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Quantitative Easing : per Visco è l’unica soluzione applicabile contro la deflazione

lunedì 12 gennaio 2015, di Simone Casavecchia

Dopo l’incontro del board della Banca Centrale Europea dello scorso 9 Gennaio arriva, sul settimanale tedesco “Welt am Sonntag”, un commento a caldo del Governatore di Bankitalia Ignazio Visco che prende di nuovo posizione sulla disputa interna al Consiglio Direttivo della BCE riguardo alla messa in campo e alle modalità di applicazione del Quantitative Easing.

Per Visco i problema maggiore da tenere sotto controllo, in questo momento, è la scarsa inflazione dell’Eurozona. Obiettivo della BCE è tenere l’inflazione europea al di sotto della soglia del 2%, sebbene vicino a tale soglia. Quella che raccontano i dati è però, tutta un’altra storia: nello scorso Dicembre l’inflazione è stata addirittura negativa (-0,2%) mentre il dato "base" ovvero l’inflazione calcolata al netto del prezzo petrolio (il bene che ha influito più significativamente sull’inflazione stessa in questi ultimi mesi) e del prezzo degli alimentari è al di sotto dell’1%.

Anche se Visco non ha individuato una data precisa per l’applicazione del QE e non ha chiarito se il 22 Gennaio sarà davvero il "gran giorno" della BCE, ha chirito come, senza un intervento della Banca Centrale, l’inflazione si riavvicinerebbe alla soglia del 2% solo nel 2025.

Il quantitative easing, ovvero l’acquisto in larga scala di titoli di stato, si configura, secondo Visco come il mezzo più efficace per combattere il rischio di deflazione dell’Eurozona e tale strategia, come vuole la maggioranza dei membri del Consiglio Direttivo della BCE, deve essere applicata seguendo la stessa procedura che è stata finora applicata per tutte le altre azioni di politica monetaria. In altri termini i rischi devono essere condivisi da tutti i Paesi dell’Eurozona, per questo non possono essere le Banche Centrali dei singoli Paesi ad acquistare i rispettivi titoli di Stato, come vorrebbe, ad esempio, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, perché

“se le Banche centrali nazionali acquistassero i titoli a carico del proprio bilancio la frammentazione finanziaria nell’area potrebbe tornare ad ampliarsi rispetto alle condizioni attuali”.

I dubbi persistono però, riguardo ai reali effetti del quantitative easing, nei confronti del quale, un numero sempre maggiore di economisti nutre serie riserve. In base a recenti simulazioni, ad esempio, un Qe da 1000 miliardi di euro produrrebbe un aumento dell’inflazione che potrebbe arrivare, nella migliore delle ipotesi al 0,4%. Secondo Visco, già questo sarebbe un dato apprezzabile perché consentirebbe di riportare l’inflazione a livelli vicini al 2% già nel 2016:

“Se i tassi d’inflazione restano molto bassi per troppo tempo e l’economia praticamente non cresce più, rischiamo di scivolare in una spirale negativa che si autoalimenta sempre più, ed è proprio quello che si chiama deflazione”

Anche se gli effetti del QE sono poco prevedibili, al momento attuale si configura come l’opzione preferibile tra quelle in campo. Secondo Visco, infatti, se la BCE decidesse di acquistare obbligazioni societarie, ad esempio, si rivolgerebbe a un mercato più ristretto e volative, finanziando, di fatto, grandi gruppi industriali che già possono accedere al credito a condizioni agevolate. L’immissione di liquidità sul mercato, nella migliore delle ipotesi dovrebbe anche favorire il ribasso dei tassi d’interesse e l’aumento del credito.

Ignazio Visco conclude la sua intervista al settimanale tedesco ponendosi sulla stessa linea di Draghi riguardo alla riforme strutturali. Qualsiasi intervento di politica monetaria sarebbe insufficiente da solo a contrastare la perdurante crisi dell’Eurozona e sul terreno delle riforme il cammino da percorrere è ancora molto lungo, dal momento che questi percorsi di ammodernamento normativo procedono a rilento non solo in Italia ma in tutta l’Eurozona: se il nostro Paese deve ancora lavorare molto su settori come l’istruzione, l’alleggerimento de cuneo fiscale e gli sgravi alle imprese e allo snellimento della macchina burocratica, l’Europa, a livello politico, dovrebbe concentrarsi maggiormente su problemi come il progresso tecnologico, l’invecchiamento demografico e l’accesso ai nuovi mercati che finora sono stati profondamente sottovalutati.

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