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Perché la UE ha chiesto all’Italia una nuova manovra da 3,4 miliardi

lunedì 16 gennaio 2017, di Antonio Atte

L’Italia deve attuare una correzione dei conti pubblici da 3,4 miliardi di euro se non vuole andare incontro ad una procedura d’infrazione.

A un mese e mezzo dal referendum costituzionale del 4 dicembre, adesso la Commissione europea - che aveva deciso di rimandare a gennaio le critiche alla manovra finanziaria varata dal governo Renzi per non indebolire l’ex premier in vista della consultazione - presenta il conto al nuovo esecutivo guidato da Paolo Gentiloni.

Stando a quanto viene riportato da La Repubblica, la cifra chiesta da Bruxelles ammonterebbe a 3,4 miliardi: praticamente una finanziaria-bis. E se il nuovo ultimatum della Commissione dovesse restare lettera morta, la UE sarebbe pronta ad aprire una procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti del Belpaese.

Ad agitare lo spettro di quello che nei fatti sarebbe un vero e proprio commissariamento per il governo Gentiloni è il commissario europeo per gli affari economici e monetari, Pierre Moscovici, con il quale il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha già intavolato le trattative per ridurre l’entità della correzione dei conti pubblici.

Perché la UE chiede una nuova manovra all’Italia

La UE pretende una manovra sul deficit strutturale che vale lo 0,2% del Prodotto interno lordo italiano. Stando alle previsioni economiche diffuse lo scorso autunno dalla Commissione, il deficit italiano si attesterà intorno al 2,4% del PIL, due decimali al di sopra del target concordato nel summit di Bratislava tra Renzi e Jean-Claude Juncker e di quello che Bruxelles considera la soglia per evitare una stroncatura dell’Italia da parte dell’Eurogruppo.

Con la correzione del deficit strutturale nel 2017 l’esecutivo porterebbe a casa quasi 7 miliardi di flessibilità rispetto agli obiettivi fissati con la UE a maggio. Cifra che si somma allo sconto da 19 miliardi ottenuto nel 2015-2016 sempre con il placet del presidente della Commissione.

I tempi, però, questa volta sono più contingentati: Bruxelles chiede un intervento già entro i primi di febbraio.

Ad ogni modo nel conto presentato dalla Commissione non rientrano i 20 miliardi di euro stanziati a dicembre dal governo per la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi di Siena e di altre banche in difficoltà: il fondo viene considerato dalla UE una sorta di una tantum che non incide sul deficit strutturale.

Il debito pubblico pesa sul declassamento dell’Italia

Com’è noto, l’elevato debito pubblico continua a rappresentare il rischio principale per l’economia italiana, alle prese con una ripresa asfittica.

Lo sa bene l’agenzia canadese DBRS, che nel declassare il rating dell’Italia da “A low” a “Bbb-high” pone in luce proprio il mix tra una crescita debole e un debito che limita la flessibilità della politica di bilancio, oltre al frammentato e precario quadro politico prodotto dall’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre.

Stando agli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia all’interno del supplemento di finanza pubblica al bollettino statistico, a novembre il debito pubblico italiano è salito di 5,6 miliardi rispetto a ottobre, attestandosi a 2.229,4 miliardi di euro.

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