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Pensioni news: la Brexit mette a rischio l’APE?

lunedì 27 giugno 2016, di Simone Micocci

Pensioni, ultime notizie: quali sono le conseguenze della Brexit sul sistema pensionistico italiano?

La Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, avrà delle conseguenze economiche anche sull’Italia e per questo in molti hanno ipotizzato che ci potrebbero essere degli effetti negativi sulle pensioni.

La riforma delle pensioni è ancora ad un punto fermo e il referendum sulla Brexit potrebbe aver peggiorato le cose. Infatti, nel caso in cui l’uscita del Regno Unito causasse una crisi economica in tutta l’Unione Europea, l’Italia potrebbe non riuscire a mettere in atto alcuni dei piani previsti nella riforma delle pensioni su cui sta lavorando il Governo.

Nel dettaglio, alcuni hanno ipotizzato che la Brexit metterà a rischio persino l’APE, l’anticipo pensionistico che consente di andare in pensione anticipata agli over 63 con un taglio che varia dall’1% al 3% per ogni anno di anticipo.

È veramente così? La Brexit rischia di far crollare il sistema pensionistico italiano o i suoi effetti saranno limitati? Vediamo nel dettaglio quali potrebbero essere le conseguenze della Brexit sulle pensioni del nostro Paese e se l’attuazione dell’APE verrà messa a rischio dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Brexit: quali conseguenze per l’economia italiana?

Secondo quanto riportato dal rating statunitense Standard & Poors, l’Italia non deve temere la Brexit, o almeno non quanto gli altri Paesi dell’Unione Europea.

Infatti, Standard & Poor’s ha calcolato l’indice di esposizione all’uscita del Regno Unito dall’UE, basandosi su alcuni fattori come:

  • esportazioni di beni e servizi verso il Regno Unito in relazione al PIL nazionale;
  • flussi bidirezionali di emigrazione;
  • crediti del settore finanziario su controparti britanniche;
  • investimenti stranieri diretti in Gran Bretagna.

In base a questi fattori, Standard&Poor’s ha stilato una classifica dei Paesi Europei che subiranno delle conseguenze negative dalla Brexit e per l’Italia ci sono delle notizie positive. Infatti, secondo il rating statunitense, il nostro Paese insieme all’Austria è il meno vulnerabile da un’uscita del Regno Unito dall’UE. Quindi, secondo Standard&Poors non ci dovrebbero essere degli effetti negativi sulle pensioni e specialmente sull’APE, ma sarà realmente così?

Brexit e pensioni: l’uscita del Regno Unito dall’UE mette a rischio l’APE?

L’anticipo pensionistico APE verrà finanziato per la maggior parte dagli istituti bancari e dalle assicurazioni. Questi, infatti, tramite l’INPS saranno chiamati a concedere il prestito pensionistico il quale verrà restituito a rate dal pensionato dopo che quest’ultimo avrà maturato il requisito per la pensione di vecchiaia.

Quindi, uno dei punti di forza dell’APE è quello per cui non influisce sulla spesa pubblica, in quanto non prevede l’intervento dello Stato nell’erogazione del prestito pensionistico. Per questo motivo, anche qualora la Brexit avesse delle conseguenze negative sul PIL del nostro Paese, l’APE non sarebbe a rischio.

Solamente un crollo del sistema bancario italiano potrebbe mettere a rischio l’APE, ma si tratta di uno scenario altamente improbabile. Infatti, come dichiarato da Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, la Brexit avrà un impatto “non morbido” sulle quotazioni delle banche italiane e sullo spread, ma si tratterà di una situazione non paragonabile con quella vista nel periodo pre-crisi della Lehman.

Brexit: quale impatto sulle pensioni italiane?

Il discorso è differente per quegli strumenti previsti dalla riforma pensioni in cui ci sarà un intervento diretto dello Stato.

Infatti, la Brexit potrebbe frenare la ripresa italiana e c’è il rischio che il Paese non raggiunga il +1,2% del PIL concordato con la Commissione Europea. Per questo motivo, il Governo potrebbe adottare dei nuovi tagli e il sistema pensionistico italiano potrebbe essere uno dei più colpiti.

Ad esempio, uno dei primi strumenti ad essere eliminato sarà il bonus di 80€ concesso anche alle pensioni minime, perché richiederebbe un investimento di circa 2 miliardi di euro. Troppi per un Paese che non può permettersi di frenare la propria crescita.

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