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Forexinfo intervista Cosimo Beverelli: prospettive per Cipro? Una profonda recessione
venerdì 29 marzo 2013, di
Forexinfo intervista Cosimo Beverelli, che lavora dal 2009 presso la divisione di ricerca economica dell’Organizzazione per il commercio mondiale, conosciuta anche con il nome inglese di World Trade Organization (WTO). Prima di entrare nel WTO, Beverelli ha lavorato presso il Graduate Institute di Ginevra e l’UNCTAD.
Lo abbiamo intervistato sugli ultimi avvenimenti economici che ci circondano. Ecco le sue risposte.
1) Se fosse alla guida del governo, quale sarebbe il primo o i primi provvedimenti che prenderebbe in materia economica?
R. Tagliare la spesa pubblica di 6 punti percentuali in proporzione al PIL (nell’arco di una legislatura). Contestualmente, abbassare la pressione fiscale di 5 punti, con l’obiettivo di lungo periodo di portare il debito pubblico al di sotto del 100% del PIL. In particolare, la riduzione della spesa pubblica deve partire da una spending review che miri, innanzitutto, a ridurre i costi della burocrazia. Solo per fare qualche esempio: i) riformare l’attuale "rimborso" elettorale ai partiti con l’introduzione di un vero rimborso basato sulle spese certificate in campagna elettorale, e fissando un cap di 8-10 milioni di Euro per i partiti che raggiungono il quorum e 1-2 milioni per quelli che raggiungono almeno l’1% dei voti; ii) abolizione delle province; iii) accorpamento dei piccoli comuni; iv) allineamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, inclusi i parlamentari, alla media europea. Progressiva eliminazione dei sussidi alle imprese, inclusi gli organi di informazione. Riduzione delle spese militari. Spese per infrastrutture (quali TAV) finanziate solo se un’attenta ed imparziale analisi costi-benefici le giustifica. Introduzione di meccanismi di competizione in sanità e istruzione. Per quanto riguarda la riduzione della pressione fiscale, questa deve riguardare soprattutto il lavoro e l’impresa. Per questo, bisognerebbe ambire alla tendenziale abolizione dell’Irap e alla significativa riduzione dell’Irpef.
2) Uscita dall’euro: argomento molto discusso e molto controverso in questo periodo. Qual è la sua posizione a riguardo?
R. Grazie all’Euro, l’Italia ha beneficiato, tra il 1996 e la fine del 2009, di i) una riduzione degli interessi sul debito pubblico e ii) una riduzione dell’inflazione, entrambi notevoli. Partendo dalla seconda, il differenziale inflazionistico con la Germania si è ridotto ai minimi termini sin dal 1997. Per quanto concerne gli interessi sul debito pubblico, il beneficio in termini di minori tassi d’interesse è stato quantificato in 2.9% all’anno, che in termini di PIL fa 50 miliardi all’anno, per quasi 15 anni (il gettito combinato IMU e IRAP, per dare un’idea, è di 55 miliardi). Purtroppo, i risparmi accumulati sono stati usati per finanziare spesa pubblica per larga parte improduttiva (vedasi punto 1) e non c’è mai stata nessuna riforma volta ad aumentare la produttività. Che in Italia è ferma da almeno dieci anni. Questo è un (anzi, il) problema strutturale che non ha niente a che vedere con l’Euro. Assente crescita della produttività, un paese è destinato al declino, indipendentemente dalla valuta adottata e dalla relativa sovranità monetaria. L’uscita dall’Euro (e qui tralascio ogni considerazione relativa alla fattibilità tecnica) produrrebbe una immediata fuga di capitali, e molto probabilmente comprometterebbe la sopravvivenza dell’Euro, con una conseguente crisi finanziaria internazionale. Senza spostare di un centimetro la questione fondamentale: come far sì che l’Italia diventi un paese più produttivo.
3) In questi ultimi giorni, il tema più caldo è quello relativo alla questione di Cipro e il suo piano di salvataggio. Lei pensa che l’economia cipriota riuscirà a risollevarsi e quindi considera il salvataggio come una notizia positiva o negativa?
R. Il salvataggio non è, in sè, una notizia positiva o negativa. La Troika (Commissione, IMF e BCE) lo ha gestito male, approvando la proposta iniziale del governo cipriota del 16 marzo, che conteneva una "tassa di solidarietà" a carico di tutti detentori di depositi presso le banche cipriote (6.75% per depositi fino a 100’000 Euro, 9.9% per ammontare in eccesso). Sembra che questa proposta – chiaramente ingiusta nei confronti di piccoli risparmiatori vis-à-vis i detentori di grandi fortune, ed inoltre non conforme a principi comuni di creditor ranking, come spiegato da Angelo Baglioni su lavoce.info e da Thorsten Beck su voxeu.org – fosse stata messa sul tavolo dal governo cipriota con l’intenzione di salvaguardare il ruolo dell’isola quale centro finanziario internazionale. Se il Parlamento cipriota non avesse bocciato tale proposta, la credibilità del meccanismo di assicurazione dei depositi (che esiste in tutti i paesi UE) sarebbe venuta meno. Non è chiaro perché la Troika, che nel novembre 2010 rifiutò una proposta simile da parte del governo irlandese, non fosse contraria alla proposta cipriota del 16 marzo. Il nuovo piano, approvato il 24 marzo, prevede una tassa solo per i depositi superiori a 100’000 Euro. L’entità del danno di credibilità alla garanzia sui depositi – strumento principale di prevenzione dei bank runs – è tutta da verificare.
In ogni possibile scenario, comunque, il futuro dell’economia di Cipro è tutt’altro che roseo. Innanzitutto, la soffocante solidarietà dell’Eurogruppo avrà costi altissimi per l’economia reale. Il paese deve aggiungere 5.8 miliardi di Euro ai 10 miliardi del prestito di Eurogruppo e FMI. L’austerità imposta contribuirà a ridurre le prospettive di crescita, aumenterà il rapporto debito/PIL ben oltre il 100% previsto dal documento dell’Eurogruppo del 16 marzo, e la disoccupazione aumenterà. La prospettiva di una riduzione del PIL del 3.5% nel 2013, è, a detta dell’Economist, puro wishful thinking. Il problema fondamentale è l’insolvenza del sistema bancario, che dovrà essere ristrutturato. Il rischio di bank run è stato ridotto, al costo però di chiudere le banche con un corralito in stile argentino e di imporre controlli ai movimenti di capitale. Rimane dunque la domanda se questa "repressione finanziaria" sia effettivamente a vantaggio dell’economia cipriota. Come spiegato da Krugman sul suo blog, allo stato attuale Cipro è una "area monetaria pessima", perché ha un’economia con una valuta non covertibile, con un valore di 1:1 con l’Euro, senza possibilità di svalutazione per ripristinare competitività ma senza i vantaggi, in termini di costi di transazione, di una moneta unica. Le prospettive sono di una recessione profonda.
4) Infine, restando sulla questione di Cipro, quali reali possibilità di contagio ci sono per le altre nazioni dell’Europa meridionale?
R. Cipro rappresenta solo lo 0.2% del PIL dell’Eurozona, ed in effetti i 10 miliardi di Euro del pacchetto del 24 marzo sono peanuts. I rischi sistemici non sono certo relazionati all’entità del pacchetto. Piuttosto, tali rischi derivano: i) dal danno (limitato, grazie alle correzioni intervenute tra il piano del 16 e quello del 24 marzo) di credibiltà del meccanismo di assicurazione dei depositi: ii) dall’implementazione di politiche discrezionarie e ad hoc da parte dell’Eurogruppo. Sembra chiaro a questo punto il bisogno urgente di un approccio globale (a livello di Eurozona) alla risoluzione dei problemi nel settore bancario (non solo alla supervisione delle banche). Thorsten Beck su voxeu.org, ad esempio, propone la ricapitalizzazione delle banche cipriote direttamente da parte del Meccanismo di Stabilità (ESM), o da parte di un’"Agenzia Europea di Ricapitalizzazione". In attesa della creazione di un’unione bancaria quale ulteriore meccanismo a difesa dell’Euro, oltre al commitment della BCE, del luglio 2012, a prendere ogni misura necessaria per salvare la moneta unica.