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Forex EUR/USD sfonda a 1,10076: le borse corrono ma i tassi d’interesse ai minimi sono un pericolo sottovalutato: ecco perché

giovedì 26 marzo 2015, di Simone Casavecchia

L’euforia delle borse europee sembra sempre più irrefrenabile ma non è tutto oro quello che luccica dal momento che, su scala mondiale, nuovi pericoli potrebbero presto arrivare dai tassi d’interesse ai minimi.

In una situazione in cui, infatti, le borse continuano ad aumentare i propri scambi e a ottenere sempre maggiori guadagni, si configura anche un fenomeno opposto e, per certi versi contraddittorio con il primo: il perdurare di tassi d’interesse ai minimi in tutti i Paesi dell’Eurozona e negli Stati Uniti. Ecco quali sono i possibili pericoli dell’attuale situazione finanziaria internazionale.

Lo scenario delle borse europee
Il rally delle borse europee è continuato anche nella giornata di ieri, gli indici borsistici delle principali piazze continentali continuano a chiudere in rialzo e nel guadagna l’euro che si rafforza contro il dollaro portando il forex EUR/USD oltre quota 1,10.
Le cause di questo successo sono da attribuire sia al quantitative easing che sostiene l’andamento di molti titoli bancari continentali, in particolare quelli italiani, e la fiducia nell’aumento delle esportazioni extra UE, soprattutto tedesche, attestato dai dati sugli indici PMI di Germania e Francia, diffusi nei giorni scorsi.

I tassi di interesse ai minimi
Accanto al rialzo delle borse europee occorre però considerare anche un altro fenomeno del tutto contraddittorio con il primo: i tassi d’interesse ai minimi già da anni sia nell’Eurozona che negli Stati Uniti. Più nello specifico, il tasso d’interesse USA viene mantenuto ancora entro il range 0-0,25% nonostante la fine dell’intervento espansivo di politica monetaria; in Europa la BCE mantiene il tasso d’interesse ai minimi storici allo 0,05%.
Ciò ha determinato nel corso degli anni un rendimento negativo di una parte oltre modo consistente dei titoli di stato Europei; si tratta dell’80% delle obbligazioni governative svizzere, del 60% di quelle tedesche e del 45% di quelle francesi.
A ciò occorre aggiungere un altro fenomeno paradossale: dall’inizio del 2015 le banche centrali di molti Paesi, europei e non, hanno tagliato i propri tassi d’interesse: solo per limitarci ai partner europei si possono citare la Svizzera (tasso di riferimento a -0,75%); la Svezia (tasso di riferimento a -0,25%) e la Danimarca (tasso di riferimento al -0,75%, con quattro tagli consecutivi nel giro di un mese). Quali sono le conseguenze di questa mossa? Non solo non si percepiscono interessi sui depositi ma, di contro, le banche vendono mutui a tassi negativi e, quindi, il cliente che chiede denaro in prestito ottiene degli interessi.

Le conseguenze di lungo periodo
Quello degli interessi sui mutui è un segnale microscopico ma i tassi d’interesse ai minimi in quasi tutte le economie del mondo potrebbero avere effetti ben più consistenti e precoccupanti nel medio - lungo periodo.
Per comprendere perché occorre ricordare quello che è successo negli Stati Uniti al momento dello scoppio dell’ultima crisi finanziaria nel 2007. Tale crisi di natura finanziaria, è stata determinata dalla bolla dei derivati subprime, a loro volta questi titoli tossici sono nati per cause ancora più remote che hanno a che fare con i tassi d’interesse.
Nel 2004, infatti, i tassi d’interesse sono stati portati dalla FED dal 6% all’1%, a livelli così bassi che le banche, per compensare i mancati introiti che prima erano assicurati dai mutui, iniziarono da un lato a prestare denaro, con mutui a tasso variabile, richiedendo scarse garanzie e, dall’altro lato, a impacchettare tali debiti in titoli tossici (i derivati subprime, appunto) che venivano vendute facilmente perché garantivano tassi più alti dell’1%, ossia dei rendimenti dei titoli di stato americani.
Quando l’inflazione americana prese a correre, nel 2006, la FED decise di porre un freno mettendo in campo un innalzamento dei tassi che tornarono in poco tempo dall’1% al 5,5%. Gli americani che avevano contratto mutui a tasso variabile si ritrovarono con rate troppo alte per poter essere restituite e ciò determinò la crisi finanziaria americana e globale, dal momento che le banche si ritrovarono senza il denaro necessario (che sarebbe dovuto provenire dai mutui) per pagare le cedole dei derivati tossici.
La crisi americana insegna, insomma, che i tassi d’interesse ai minimi possono portare pericoli tutt’altro che superati, soprattutto se le borse dovessero correre così tanto da rendere necessario un aumento dei tassi d’interesse nel prossimo futuro.

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