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Crisi e unione bancaria: quanti e quali sono gli ostacoli?
venerdì 21 settembre 2012, di
Qualche settimana fa erano cominciati in Europa i discorsi sull’unione bancaria quale concreta possibilità di soluzione alla crisi. Tali discorsi, che vedevano la Banca Centrale Europea quale protagonista assoluta, sembrano tuttavia essersi spenti sul nascere, nonostante le grandi aspettative da parte degli investitori che col loro consenso avrebbero appoggiato questo cammino.
Fuori dalla crisi in 3 fasi
Secondo il disegno nato dalle menti di José Manuel Barroso e Michel Barnier, il progetto europeo di unione bancaria si dovrebe articolare in tre fasi:
– La BCE dovrebbe avere l’autorità di porsi come supervisore del settore bancario;
– dovrebbe essere stanziato un fondo per l’estinzione del debito delle banche problematiche;
– bisognerebbe stabilire un unico codice di regole sui fondi depositari.
La scorsa settimana, la Commissione Europea ha lanciato la sua prima proposta di unione bancaria, ovvero un piano secondo il quale la Banca Centrale Europea avrebbe il ruolo di supervisore su banche e istituzioni finanziarie col fine di garantire liquidità e impedire il fallimento del settore bancario intervenendo in anticipo sugli istituti ritenuti "cattivi".
Così, mentre la attività finanziaria quotidiana continuerebbe ad essere monitorata dagli enti nazionali, la BCE sarebbe posta a livello superiore, con l’autorità competente di intraprendere azioni correttive per quelle banche ritenute "difettose" nel sistema. Secondo il piano della Commissione, la Banca Centrale Europea dovrebbe iniziare l’attività di monitoraggio a partire da gennaio 2013 per poi passare alla supervisione l’anno successivo, nel gennaio 2014.
Unione bancaria: un percorso a ostacoli
Sfortunatamente per la Commissione, non tutti i leader dell’Eurozona sono disposti a cogliere al volo proposta. Da una parte, la Germania e la Svezia oppongono in maniera decisa la possibilità che la BCE controlli l’intero sistema bancario dell’Europa e, soprattutto, non sono disposte a cedere il controllo sulle banche più piccole (quelle che invece il progetto per l’unione bancaria indica quali le principali cause dei dissesti nel settore bancario).
Un altro grande problema che solleverebbe l’unione bancaria riguarda i paesi Europei al di fuori della moneta unica: l’unione bancaria imporrebbe a questi paesi una riduzione del potere sulle politiche economiche e bancarie. La maggioranza democratica spetterebbe sempre e comunque ai 17 dell’Euro (ammesso che questi riescano a trovare punti d’accordo).
Ci sono altri punti poco chiari riguardo all’unione bancaria. Ad esempio non è facile interpretare il significato da attribuire a "banca problematica".
Sebbene ci si possa domandare fino a che punto l’unione bancaria sia necessaria per superare la crisi è evidente che per giungere ad un passo così importante ci sono ancora moltissimi elementi da far convergere. Non ultimo, il Ministro delle Finanze Tedesco, Wolfgang Schaeuble, il quale ha espressamente detto che "con buona probabilità" il progetto di unione bancaria non sarà pronto entro la deadline proposta dalla Commissione per gennaio 2013.
Investitori: quanto può durare la quiete?
Intanto, gli investitori diventano sempre più impazienti perché se è vero che la fretta non è cattiva consigliera è pur vero che il tempo è denaro. Non passerà molto tempo prima che il programma Outright Monetary Transaction della BCE e il QE3 senza fine della Fed cominceranno a svanire nella memoria degli investitori che, invece, torneranno a concentrarsi sui numerosi problemi ancora irrisolti delle economie.