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Brexit: gli effetti sull’Italia del divorzio tra Regno Unito e UE

sabato 25 giugno 2016, di Felice Di Maro

Tutta l’attenzione dei media è concentrata sui mercati finanziari e non sulle ragioni di un voto che comunque impone una riflessione almeno per le relazioni tra Regno Unito e i vari paesi Ue - in particolare dell’Italia.

Si tenga conto che settori importanti della società britannica obiettivamente rappresentativi dell’industria del Nord hanno scelto di andare contro la City aderendo alla campagna per l’uscita dall’Ue. Anche il Sud-Est ha votato contro per le problematiche dell’immigrazione che sembra abbiano catalizzato il voto degli elettori.

I risultati del referendum sulla Brexit mettono in luce un Regno Unito profondamente diviso, con Londra, la Scozia e l’Irlanda del Nord schierate con decisione a favore della permanenza nell’Ue, mentre da Galles e Nord dell’Inghilterra è arrivato un plebiscito per l’addio alla casa comune europea. L’Irlanda del Nord ha chiesto di restare nell’Ue anche come previsto: 56% per il Remain.

Il Sinn Fein, ex braccio politico dell’Esercito Repubblicano Irlandese (IRa), ha subito chiesto la convocazione di un referendum sull’unificazione con l’Irlanda del Nord. Il partito repubblicano ha sottolineato che l’esito del referendum di ieri avrà “enormi conseguenze sulla natura dello Stato britannico” con evidente allusione anche alla Scozia.

Gibilterra ha segnato il record di voti per il Remain con oltre il 95%. La piccola enclave britannica nel Sud della Spagna teme l’isolamento soprattutto economico dal resto dell’Europa. La sua economia dipende infatti in gran parte dalle relazioni con l’Ue e a quanto pare la Spagna ha già proposto una “sovranità condivisa” per garantire a Gibilterra la permanenza nell’Ue.

Brexit: quali effetti sull’Italia?

Al riguardo il ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan ha detto:

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrà effetti comunque limitati sull’economia reale italiana. La solidità dei fondamentali delle imprese tornerà presto a prevalere sulla volatilità dei mercati finanziari. I fondamentali del sistema bancario restano solidi in un contesto di volatilità generalizzata a livello globale, le autorità seguono con attenzione la situazione.

Al di là delle assicurazioni del ministro penso che sia inutile dire che c’è tensione in quanto le ampie escursioni dei prezzi non convincono. L’indice nazionale dei prezzi al consumo è diminuito dello 0,1. La deflazione registrata ad aprile dello 0,5 rappresenta il maggior calo tendenziale dei prezzi rilevato a partire dal gennaio dello scorso anno. Noto è che i prezzi crescono solo nella Val d’Aosta e nelle altre regioni l’occupazione non aumenta.

Certo l’operatività dei mercati finanziari prosegue secondo le normali modalità ma ci sono dati di rilievo come quello del debito pubblico che a marzo secondo i dati della Banca D’Italia contenuti nel Supplemento di “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” è aumentato di 14,0 miliardi rispetto a febbraio ed è quindi di 2.228,7 miliardi. Il dato ci dice che i titoli di debito dovranno aumentare. Peraltro si può stimare che la crescita tanto agitata sarà modesta. Attenzione. Il mercato dei titoli di Stato è stabilizzato dai programmi della Banca centrale europea e dal percorso di aggiustamento delle finanze pubbliche perseguito dal Governo.

Come proseguirà l’economia in Italia?

Il nostro Paese ha rapporti economici con la Gran Bretagna molto articolati e mirati su alcuni prodotti e settori. Se dovesse uscire come da referendum dall’Ue bisognerà riconsiderare tutti i parametri che hanno reso possibile e reciprocamente conveniente i vari processi di interscambio. Al riguardo sono interessate Finmeccanica, Eni ma anche Merloni e Calzedonia nonché Pirelli e Ferrero.

I britannici prendono da noi vestiti, cibo, auto sportive, mobili, elettrodomestici, birra ed è noto che collaborano con l’ Italia anche nel campo dell’ energia, della difesa e della ricerca spaziale. Noi importiamo da loro farmaci, automobili, hi-tech, whisky, servizi finanziari, tecnologia per l’ energia rinnovabile. Peraltro in Gran Bretagna vivono quasi 600 mila italiani, la metà dei quali a Londra.

Se la Brexit causerà la perdita di molti posti di lavoro (un milione per gli ottimisti, tre per i pessimisti) anche decine di migliaia di italiani faranno ritorno a casa. Quelli che resteranno dovranno chiedere un permesso di soggiorno e un permesso di lavoro e lo stesso bisognerà fare con i circa 20 mila britannici che vivono in Italia. Londra non sarà più la destinazione preferita dei ragazzi che hanno due lauree e cercano un impiego di breve durata per pagarsi un master. Chiaramente dovranno fare la coda al controllo passaporti e sottoporsi alla trafila burocratica.

Questi sono i problemi che al momento ci vedono impegnati. L’Ue dovrebbe cambiare, rivedendo i trattati sui noti parametri di stabilità che non funzionano ma al momento nessun cambiamento viene annunciato e a quanto pare sulle politiche per garantire l’assistenza e il benessere dei cittadini si naviga a vista cancellando diritti.

Ormai il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni diminuisce continuamente con problemi drammatici per le cure mediche e istruzione. I processi di povertà si stanno intensificando a vantaggio di pochissimi che aumentano i loro redditi. Tutto questo è anche da considerare per il voto del referendum di giovedì 23 giugno, un voto che ha segnato la storia dell’Europa.

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