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Borse europee: il trend rialzista è al riparo dai rischi sistemici, ecco perché

sabato 4 aprile 2015, di Renato Frolvi

Secondo alcuni osservatori di mercato, tra cui BNP-Exane e Barclays, c’è ancora spazio per la ricostituzione dei pesi azionari al livello di quelli di fine settembre 2014.

Anche se il rialzo dei mercati dall’inizio dell’anno è stato talmente significativo che una pausa sarebbe anche giustificata, il trend rialzista su Eurostoxx 50 rimane immutato, perché immutati rimangono le condizioni di fondo che lo hanno permesso.

E questo a maggior ragione dopo che i due rischi sistemici più temuti dai mercati di fine anno scorso hanno perso la loro significatività, non costituendo un grosso pericolo:

  • 1) il rialzo dei tassi Fed
  • 2) il rischio di uscita della Grecia dall’euro

Vediamo perché i due rischi sistemici non costituiscono un pericolo al trend rialzista di Eurostoxx 50.

Timori di un rialzo dei tassi Fed
La riunione della Fed del 18 marzo, nel corso della quale l’Istituto ha rimosso il termine «paziente» dal suo comunicato, ha offerto spunti interessanti in quanto, seppure ha aumentato le aspettative di un rialzo dei tassi in estate, ha fatto capire anche che, forse, sarà l’unico rialzo del 2015, poiché la Fed ha nello stesso tempo abbassato le sue previsioni per i tassi monetari a termine per il triennio 2015-2017.

Prova di ciò ne è l’andamento del decennale americano che prima del 18 marzo stazionava stabilmente al di sopra del 2,20% (con un picco del 2,25% in data 9 marzo) e ha chiuso poi il mese di marzo all’1,95%: i tassi non solo non sono saliti, ma sono addirittura scesi.

I mercati sanno quindi che non debbono aver paura della Fed, che sino alla fine del 2015 adotterà un atteggiamento del tipo "wait and see", e non sarà certo aggressiva.

Alzare i tassi in un contesto di assenza di rivendicazione salariale, crollo del prezzo del petrolio e crollo dei prezzi all’import (per effetto del super dollaro) potrebbe essere non solo inopportuno ma anche deleterio per l’economia degli USA.

Il decennale americano quindi diventa, dalla metà di febbraio, un’ottima “proxy” dell’indice azionario SP500, con delle buone capacità predittive dei listini azionari americani (vedi tabella sottostante che raffronta il rendimento del Treasury 2025 e l’ indice SP500 nel primo trimestre 2015) .

Rendimento del Treasury 2025 (linea arancione), indice SP500 (linea bianca) da settembre 2014 al 30 marzo 2015.

Ma anche se il comunicato della Fed del 18 marzo fosse stato più aggressivo, difficilmente avremmo avuto effetti "contagio": quando il 6 marzo il decennale USA raggiungeva il suo picco relativo in area 2,25%, il decennale italiano sonnecchiava in area 1.20%.La trasmissione sui tassi europei della “febbre” americana, in quel periodo, è stata quasi inesistente in quanto il QE della BCE costituiva (e costituisce) una potente arma anti-contagio.

Confronto tra i rendimenti del decennale USA (linea arancione) e del decennale italiano (linea bianca)

Il rischio Grexit
Al di là di tutte le considerazioni politiche che si possono fare (e che non faremo perché non è questa la sede) sull’opportunità o meno della permanenza della Grecia nell’euro, l’osservazione delle reazioni dei mercati alla questione in oggetto è oltremodo interessante.

Confronto tra i rendimenti del decennale greco (linea arancione) e del decennale italiano (linea bianca) da settembre 2014 a marzo 2015

Poiché le misure di allentamento quantitativo della BCE sono state superiori alle stime per quantità e durata temporale (oltre 1 trilione di euro contro i 500 mld attesi e almeno 18 mesi di durata contro i 12 attesi), paradossalmente, la gestione del caso greco in ambito UE ci ha dato conferme sulla stabilità finanziaria dell’Unione Monetaria Europea, in quanto non vi è stato nessun contagio agli altri paesi membri per effetto del QE della BCE.

Come si può notare nella tabella qui sopra infatti, il rendimento del decennale italiano assume un andamento totalmente svincolato dal rendimento del decennale greco.

Certamente, se i timori di un’uscita dalla Grecia dall’euro si fossero materializzati così pesantemente in assenza di QE (per esempio solo 1 anno fa), gli effetti sui rendimenti dei paesi periferici dell’UE sarebbero stati ben più tangibili.

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