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Bloomberg: è la Francia a dover guidare l’uscita dall’euro. Ecco come e perché

domenica 26 maggio 2013, di Erika Di Dio

La Francia ha giocato un ruolo decisivo nella costruzione non solo del sistema dell’euro ma dell’intero progetto europeo. Questa ha predisposto i leader francesi verso l’obiettivo di preservare l’euro a tutti i costi. Tali costi, come abbiamo spiegato nella Parte 1 di questo articolo, sono diventati abbastanza insopportabili. Quindi è ora necessaria una nuova strategia, e il ruolo della Francia in essa sarà ancora una volta fondamentale.

La Francia si trova sulla linea di confine tra i paesi in deficit dell’eurozona e i paesi in surplus. Ha un ampio e costoso sistema di welfare, con servizi pubblici di alta qualità, spesso definito come modello francese, fondato su un consenso nazionale profondo e sentito.

Ma a differenza dei paesi scandinavi, anch’essi con un costoso e simile sistema di welfare, il modello francese è stato finanziato non da alte tasse sul reddito e sulla spesa, ma da punitive tasse in materia di occupazione (in particolare attraverso i contributi previdenziali dei datori di lavoro) e di capitali, e con un pesante indebitamento pubblico. Il debito pubblico è salito a circa il 90% nel 2012, da circa il 64% del prodotto interno lordo nel 2007.

Questa enfasi sulla tassazione del lavoro ha rappresentato il percorso di minor resistenza politica. Mantiene l’illusione di uno stato sociale finanziato dalle imprese, e non dai cittadini. L’idea che la tassazione delle società sia un modo indolore per finanziare welfare e servizi pubblici ha prodotto una cronica ed elevata disoccupazione, erodendo la competitività, creando una crescita debole e una stagnazione degli standard di vita.

Eccessiva regolamentazione

La Francia ha il più alto costo medio del lavoro in Europa. Il problema è aggravato da un eccesso di regolamentazione - sia sul mercato del lavoro che su quello dei beni e dei servizi. Il controllo su trasporti, i servizi professionali e i rivenditori è molto più pesante in Francia che in molti altri paesi ricchi. Il risultato sono prezzi più alti, e costi maggiori.

Questo onere soffoca l’imprenditorialità. L’offensiva fiscale del presidente Francois Hollande sugli alti redditi, i dividendi, le plusvalenze e la ricchezza non sta aiutando. La fiducia negli affari sta cadendo velocemente. Negli ultimi dieci anni, la quota di esportazioni della Francia è diminuita. Il paese è in deficit delle partite correnti.

L’economia francese ha bisogno di un "shock dal lato dell’offerta." Questo è quanto raccomandava la relazione dello scorso anno di Louis Gallois - un leader industriale di sinistra. Invece di effettuare tagli profondi e permanenti ai contributi al welfare da parte delle imprese come sollecitato da Gallois, il governo ha annunciato un complicato sistema di crediti d’imposta temporanea, subordinati al riutilizzo dei rimborsi ai fini di investimento e nuove assunzione di lavoratori. Questo approccio non può correggere le distorsioni gravi e di lunga data del sistema fiscale. In ogni caso, la complessità della proposta significa che le aziende non avranno alcun beneficio fino al 2014-15.

Nel mese di gennaio, i datori di lavoro e i sindacati hanno firmato un accordo che alleggerisce la regolamentazione del lavoro e offre alle imprese maggiore flessibilità per ridurre l’orario di lavoro e i salari in cambio della conservazione dei posti di lavoro. Questo è già qualcosa, ma la maggior parte delle ulteriori nuove misure per stimolare la competitività si riduce a nuove forme di dirigismo. Per contro, la Francia ha bisogno di fondamentali riforme strutturali, di una minore spesa pubblica e di uno spostamento della tassazione dal lavoro ai consumi.

Ma c’è un problema - ed è un grande problema. L’effetto immediato di un programma del genere sarebbe di indebolire la domanda interna e rallentare la crescita economica. Quindi bisognerebbe mettere in moto degli stimoli alla domanda. Il governo potrebbe fare questo, allentando la politica di bilancio nel breve termine e stimolando la domanda estera attraverso la svalutazione della moneta, ma ciò non sarebbe possibile nell’attuale sistema dell’euro: le regole sul deficit vincolano la politica fiscale, e la Francia non ha più una moneta da svalutare. Dal momento che non si può eliminare nient’altro, sarà l’euro a dover essere eliminato.

Uscita della Germania

Per la Francia e per il sistema dell’euro nel suo insieme, la strategia migliore è quella di smantellare l’Unione monetaria dall’alto - tramite l’uscita della Germania e degli altri paesi più competitivi. La rivalutazione della nuova moneta tedesca migliorerebbe le bilance commerciali dei paesi in disavanzo.

In alcuni casi, sarebbero anche necessarie delle cancellazioni del debito, ma l’entità della riduzione e il costo per i creditori sarebbero contenuti, perché lo smantellamento monetario stimolerebbe la crescita dei paesi in deficit. I paesi in surplus dovrebbero ricapitalizzare le proprie banche dopo le perdite subite a causa di eventuali cancellazioni del debito, in modo tale che uscire dal sistema non significherebbe abbandonare i paesi in crisi. La differenza sarebbe che, dopo l’uscita, la loro assistenza potrebbe aiutare a mettere i paesi in deficit su un percorso di recupero, mentre i salvataggi attuali portano solo ad un vicolo cieco.

La Banca centrale europea dovrebbe cercare di mantenere la credibilità e la fiducia nel corso di un controllato smantellamento del sistema dell’euro. La BCE potrebbe essere conservata, almeno per qualche tempo, come banca centrale responsabile della politica monetaria di tutti i 17 paesi membri, anche dopo il ritorno di qualche paese alle proprie valute nazionali.

Ciò faciliterebbe un forte coordinamento delle politiche tra gli ex membri a dimostrazione che, più che una segmentazione, si tratterebbe di una trasformazione ordinata effettuata sotto il controllo dell’istituzione europea più rispettata e credibile.

Molti osservatori ammettono che l’euro è stato un errore, ma credono comunque che non si possa tornare indietro. Essi ritengono che la dissoluzione dell’unione monetaria porterebbe al caos economico, prima in Europa e poi in tutto il mondo. I leader europei hanno anche paura che tornare sui propri passi darebbe il colpo di grazia al progetto di integrazione europea e potrebbe essere l’inizio della fine dell’UE e del mercato unico. Questi timori danno luogo a ciò che consideriamo la strategia disastrosa della difesa dell’euro a tutti i costi.

Anche se una dissoluzione controllata del sistema euro attraverso l’uscita dei paesi più competitivi sarebbe in realtà il modo più efficace per aiutare i paesi in deficit, ciò potrebbe ancora essere visto come una decisione unilaterale dei forti che deciderebbero di abbandonare i deboli. La storia europea rende difficile per i leader tedeschi avviare un percorso del genere.

Proteggere la Francia

I paesi in deficit, alle prese con la recessione e le divisioni politiche interne, e cercando di ottenere migliori condizioni di assistenza dal resto dell’UE, potrebbero avere paura di peggiorare la propria posizione negoziale se decidessero di seguire un’iniziativa del genere. Le istituzioni europee, come la Commissione europea e la BCE, non possono appoggiare la soluzione che proponiamo.

Invece, la leadership francese nel portare avanti questa idea potrebbe funzionare - e potrebbe essere l’unica cosa che si potrebbe fare. La Francia ha svolto un ruolo di primo piano nell’integrazione europea per più di 50 anni. L’euro può essere quasi considerato un prodotto francese.

Nel 1990, il presidente Francois Mitterrand vinse il sostegno del Cancelliere Helmut Kohl per la moneta unica europea in cambio dell’accettazione francese dell’unificazione tedesca. Persuadere la Germania ad abbandonare il marco tedesco, la cui forza aveva dato alla Bundesbank il controllo della politica monetaria in tutta l’Europa, è stato un notevole successo francese - o almeno così credeva la Francia.

L’euro era visto come la pietra angolare dell’edificio di integrazione europea. La crisi finanziaria e le sue conseguenze hanno dimostrato che l’euro ha invece il potenziale di distruggere l’intero progetto. Esso impedisce le riforme necessarie per ristabilire la competitività internazionale della Francia, ora in dissolvimento. Mantenere l’attuale sistema euro a tutti i costi finirà per paralizzare l’economia francese, annullarne la coesione sociale francese, e indebolirne la posizione in Europa e nel mondo.

Come padre fondatore dell’Europa, solo la Francia può sostenere con successo una strategia di smantellamento del sistema dell’euro per il bene stesso dell’Unione europea. L’alternativa è il fallimento economico, divisioni più profonde e amari rancori tra le nazioni d’Europa, mettendo in questo modo a rischio le più preziose conquiste dell’integrazione europea. In un modo o nell’altro, l’Europa si dividerà.

La domanda è se questa dissoluzione la spazzerà via completamente o solo in parte. Dividere l’euro nel modo che proponiamo noi è di vitale importanza per la sopravvivenza dell’idea europea.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Bloomberg

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