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Avvocati e commercialisti, niente sgravi contributivi: la sentenza della Cassazione fa discutere i professionisti
martedì 18 aprile 2017, di
La Corte di Cassazione fa chiarezza sugli sgravi contributivi previsti dall’articolo 44 della Legge di Bilancio 2002, ribaltando quanto stabilito dalla Corte D’appello nei mesi scorsi.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, gli sgravi contributivi introdotti dalla suddetta legge, valgono esclusivamente per le imprese e quindi non possono usufruirne i liberi professionisti come avvocati e commercialisti.
La sentenza della Cassazione arriva alla fine di un lungo percorso giudiziario che ha visto protagonista un commercialista il quale ha fatto ricorso contro una cartella esattoriale fatta pervenire dall’INPS poiché questo non possedeva i requisiti utili per beneficiare del trattamento contributivo agevolato.
Il commercialista dopo la sentenza negativa del Tribunale ha fatto ricorso alla Corte d’Appello che gli ha dato ragione. Questa infatti ha specificato che gli sgravi contributivi previsti dalla Legge di Bilancio 2002 non sono di esclusiva per le imprese che si occupano della produzione e della distribuzione di beni, ma anche per coloro, come commercialisti e avvocati, che offrono servizi.
Secondo la Corte d’Appello quindi anche i liberi professionisti potrebbero usufruire di questi sgravi contributivi. Tuttavia adesso è arrivata la decisione della Corte di Cassazione che con la sentenza 9382 del 12 aprile 2017 ha ribaltato nuovamente la situazione ponendo gli sgravi contributivi come esclusività per le imprese.
Prima di vedere quali sono le motivazioni per le quali la Corte di Cassazione ha deciso diversamente da quella d’Appello, ecco quali sono gli sgravi contributivi in questione.
Sgravi contributivi Legge di Bilancio 2002
Gli sgravi contributivi ai quali fa riferimento la sentenza della Cassazione sono quelli introdotti con l’articolo 44 della legge 448/2001.
Questo stabilisce che per tutti i datori di lavoro privati e per gli enti pubblici economici che operano nel Mezzogiorno (Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna) è riconosciuto, per i nuovi assunti nel 2002, uno sgravio contributivo totale per i contributi dovuti all’INPS per tre anni.
Ai fini della concessione dell’agevolazione, però, si applica quanto stabilito dall’articolo 3 della legge n°448 del 23 dicembre del 1998, nel quale sono dettate le condizioni che le imprese devono rispettare per usufruire dei benefici.
Ed è proprio su questo articolo e sulla concezione di impresa che si fonda la sentenza della Cassazione che ha ribaltato quanto deciso dalla Corte d’Appello.
Corte di Cassazione: ecco perché alcuni sgravi contributivi non valgono per i professionisti
La Corte di Cassazione ha fondato la propria sentenza su due fattori.
Il primo è quello che riguarda l’articolo 3 della Legge “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo” del 1998.
Dall’interpretazione letterale della suddetta norma ne deriva che i benefici previsti si applicano solamente per gli imprenditori e non per gli esercenti di una libera professione.
Qui infatti c’è il richiamo alle sole “imprese”.
L’altro aspetto è legato alla natura dell’incentivo per le assunzioni. Questo infatti è finalizzato alla promozione dell’occupazione nel Mezzogiorno, zona nella quale c’è una carenza maggiore proprio nel settore dell’imprenditoria.
La Corte di Cassazione poi rigetta l’ipotesi di un’interpretazione estensiva dell’articolo 44 in discussione, poiché ciò si porrebbe in contrasto con quei vincoli previsti dall’Unione Europea riguardo agli aiuti di Stato.
Niente sgravi contributivi quindi per avvocati e commercialisti, salvo naturalmente che nel testo della misura non sia prevista l’estensione del beneficio anche ai liberi professionisti.