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Allarme Ocse: su occupazione troppe disuguaglianze
mercoledì 18 ottobre 2017, di
L’aveva detto pochi giorni fa in occasione della riunione dell’FMI, Ignazio Visco: sebbene l’Italia stia uscendo da una crisi seria, ancora molto c’è da fare sull’occupazione giovanile.
A fare l’eco alle parole del governatore di Banca di’Italia, arriva oggi il rapporto dell’Ocse dal titolo “Preventing Ageing Unequally”, che punta la lente sullo stato occupazionale dei giovani nel nostro Paese.
Lo scenario descritto nello studio non è lusinghiero: le nuove generazioni faticano a trovare un lavoro stabile e sono sempre più poveri.
I dati, poi, sono ancora più allarmanti se riferiti alla situazione femminile. Insomma, una disuguaglianza tra generazioni e tra sessi.
La pensione resta un miraggio
Essere nati negli anni ’80 sembra essere diventata una condanna, almeno sul piano lavorativo. I dati del rapporto Ocse evidenziano tutte le difficoltà che i giovani trovano sulla strada che conduce nel mondo del lavoro.
Gli ultimi 30 anni hanno segnato una distanza in termini economici tra le nuove generazioni e gli adulti.
Intanto è cambiato il mondo del lavoro, divenuto atipico più che flessibile. La conseguenza? Meno soldi in tasca, oggi, e pensioni più leggere, domani.
Qualche numero rende più chiara la situazione: tra il 2000 e il 2016, il tasso di occupazione giovanile ha fatto registrare 11 punti in meno, di contro, è salito di un solo punto per i lavoratori tra 25 e 54 anni ma di ben 23 punti per quelli tra i 55 e i 64 anni.
A incidere sulle differenza del tasso di occupazione per fasce d’età, anche il titolo di studio.
Tra i lavoratori con una istruzione elevata, il tasso di occupazione in Italia è alto e arriva al 78%, praticamente molto più del doppio rispetto a quello di chi ha ricevuto un livello basso di istruzione e che resta fermo al 34%, contro una media Ocse del 44%.
La ricetta dell’Ocse?
Assicurare una migliore transizione dalla scuola al mondo del lavoro, per combattere la disoccupazione di lunga durata e migliorare le capacità di apprendimento dei lavoratori più anziani.
I giovani d’oggi più poveri di padri e nonni alla loro età
Più complessivamente, dalla metà degli anni ’80 in poi, anche l’andamento del reddito ha fatto registrare evidenti disuguaglianze per fasce d’età: quello dei 60-64enni, ad esempio, è salito del 25% in più rispetto a quello degli under 35 (30-34 anni), un dato molto superiore della media Ocse che si attesta al 13%.
E in Italia, più che altrove, differenza di reddito significa anche differenze nelle varie forme previdenziali.
L’Ocse fa notare, inoltre, come tra la metà degli anni ’80 e il 2014, il tasso di povertà in Italia sia aumentato di 3,2 punti contro una media Ocse del 2,6. Scorporando il dato per fasce d’età, è evidente la netta differenza: +7 punti per i giovani fino a 25 anni, -9,5 punti per i 66-75enni e un solo punto in meno per la popolazione di 61-65 anni.
In termini percentuali, prendendo come anno di riferimento il 2012, il tasso di povertà era del 16% per i giovani e del 9% circa per gli anziani.
Le donne
Insomma, i giovani, oggi, sono più poveri e meno occupati rispetto agli adulti quando avevano la loro età.
E la situazione è ancora più complicata le donne, che non solo faticano di più rispetto agli uomini a entrare nel mondo del lavoro ma si vedono anche costrette – a un certo punto della loro vita - ad abbandonare scrivania e aspirazioni professionali per dedicarsi alla famiglia, dicendo addio anche a una pensione accettabile.
Se da una parte il divario tra il tasso di occupazione femminile e quello maschile si misura in 20 punti (a scapito del gentil sesso), dall’altra le giovani donne hanno carriere più lunghe.
Infine, il 13% degli italiani ultra cinquantenni si allontana dal mondo del lavoro per occuparsi di casa e famiglia e la maggior parte di questi sono donne. Un dato tra i più alti in Europa e che stride fortemente, ad esempio, con il risicato 5% della Svezia.
Fornire servizi di buona qualità per l’infanzia e migliorare l’educazione dei bambini, specie tra i settori più svantaggiati
suggerisce l’Ocse, potrebbe aiutare le donne sul mondo del lavoro.