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Omicidio colposo per linee guida ignorate: la Legge Gelli colpisce ancora

mercoledì 19 luglio 2017, di Vittorio Proietti

L’omicidio colposo di cui è stata accusata una anestesista, colpevole di non aver rispettato le linee guida sulla corretta ossigenazione durante un intervento, è un errore di negligenza e per esso Legge Gelli non ammette esclusioni, in quanto errore del medico stesso.

Molti sono i casi trattati da questa testata sulla responsabilità medica, sugli errori commessi dal personale del SSN ma anche delle strutture per cui lavorano. Tuttavia, questo caso vede un lasso di tempo molto lungo tra errore di negligenza ed effetto, dato che il paziente vittima è deceduto un mese dopo.

Il nesso causale tra errore del medico e decesso è però saldamente riconosciuto dai fatti e la Corte di Cassazione penale ha decretato con Sentenza 33770/2017 che l’anestesista fosse condannata per omicidio colposo.

Linee guida ignorate: la Legge Gelli non salva da errori dichiarati

La Legge Gelli sulla responsabilità medica non salva da errori di negligenza provocati dal medico stesso. In questo caso la Legge chiama in causa l’istituto della responsabilità extracontrattuale, in quanto non legata al rapporto tra paziente e presidio del SSN, ma correlata all’attività del professionista della Sanità.

Il decesso giudicato dalla Sentenza 33770/2017 considera la morte per ischemia cerebrale del paziente come legata ad una carenza di ossigeno provocata dall’anestesista, noncurante delle linee guida sulla corretta ventilazione cui la vittima doveva essere posta.

Secondo quanto dichiarato dal Pubblico Ministero, infatti, il medico anestesista avrebbe ignorato i segnali del macchinario che controllava la respirazione della vittima, segnali che inequivocabilmente dichiaravano la sofferenza del paziente cui l’anestesista avrebbe dovuto porre rimedio.

Legge Gelli ed errori di negligenza: altri casi notevoli

La responsabilità medica prevista dalla Legge Gelli impone al medico o all’operatore sanitario di rispondere dei propri errori, ma anche di quelli accaduti per suo concorso di colpa.

Con la Sentenza di Cassazione 21631/2017 la Corte ha infatti condannato un medico per aver omesso di rispondere alle chiamate di un infermiere durante una emergenza. Al di là del reato di omissione di atti d’ufficio, il medico ha concorso alla morte del paziente perché non ha prestato soccorso malgrado richiamato.

L’aderenza alle linee guida, inoltre, non sempre è motivo di esclusione dalla colpa dato che nella Sentenza 28187/2017 un medico è stato condannato per aver indirettamente permesso che un paziente ricoverato TSO commettesse un omicidio.

Malgrado le linee guida della pratica psichiatrica prevedessero la fine del ricovero, il paziente non era pronto per terminare la sua cura ed i fatti successivi lo hanno confermato. La Corte ha infatti sottolineato come le linee guida non possano comunque staccarsi dalla realtà, connessione che i medici non possono dimenticare.

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