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Taglio dei parlamentari e proporzionale, così M5S e PD vogliono arrivare uniti al 2023
domenica 8 settembre 2019, di
I detrattori della nuova maggioranza formata da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico affermano che questa sia nata solo in funzione anti-Salvini e per paura delle elezioni. Sia per smentire quest’accusa, sia per fornire al governo un più alto profilo istituzionale, le due (più LeU) forze dell’esecutivo intendono avviare un vero e proprio piano di riforme costituzionali che permetterebbe loro di arrivare compatti a fine legislatura, ovvero al 2023.
PD-M5S, il programma di riforme costituzionali
Fra i 26 punti del programma di governo, il decimo era dedicato a taglio del numero di parlamentari e alla legge elettorale in senso proporzionale, non a caso nominati insieme. Le due riforme, infatti, sono parallele. Inizialmente le misure sono state nominate senza indicare soluzioni e tempi precisi. Adesso i leader delle forze politiche stanno lavorando al fine di stilare una vera e propria roadmap delle riforme costituzionali.
Il pacchetto di riforme, oltre alla riduzione dei seggi in Parlamento, prevede altri 4 o 5 punti. Uno è quello della sfiducia costruttiva, che permette una mozione solo se l’Assemblea è in grado di indicare una maggioranza alternativa. Poi c’è la parificazione dei requisiti di elettorato attivo e passivo di quelli del Senato a quelli della Camera.
Il voto di fiducia congiunto permetterebbe di ridurre i rischi di squilibri fra le due Camere, dove si possono riscontrare profonde differenze nel sostegno di cui gode una maggioranza. Il governo Conte bis, ad esempio, ha ampia maggioranza fra i deputati, mentre a Palazzo Madama la situazione è più precaria. Infine c’è la riduzione dei delegati regionali che eleggono, insieme al Parlamento, il Presidente della Repubblica. Ipotizzata anche la presenza dei governatori delle Regioni a Palazzo Madama.
Conte bis fino al 2023 grazie a riforme costituzionali
Le riforme costituzionali hanno certamente tempi più lunghi, ma come arrivare al 2023? Il taglio del numero di parlamentari dovrebbe essere approvato a Novembre, magari appena concluso il Bilancio, intanto sarebbe indetto il referendum e poi ci vorrebbero altri 8 mesi circa per l’approvazione della legge-cornice del resto di riforme costituzionali. In questo modo si arriverebbe però soltanto a Luglio o Settembre 2020.
Una possibilità - secondo un’indiscrezione di Repubblica - sarebbe quella di sfruttare una legge mai applicata prima, la 352 del 1970. L’articolo 15 prevede che un referendum può essere posticipato fino a 6 mesi nel caso ce ne sia un altro in arrivo da sottoporre alla popolazione.
Così si arriverebbe serenamente a Gennaio o Febbraio 2021, e a quel punto saremmo a un passo dall’inizio del semestre bianco, gli ultimi 6 mesi di mandato del Colle durante i quali le Camere non possono essere sciolte. A quel punto, tutte le riforme diventerebbero leggi della Repubblica e le elezioni verrebbero indette per scadenza naturale della legislatura.