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Segreto Bancario, anche il Vaticano rinuncia: tutti i dettagli dell’accordo fiscale che fa già tremare i contribuenti italiani
domenica 8 marzo 2015, di
Dopo le dichiarazioni rilasciate dal Premier Matteo Renzi in una sua intervista all’Espresso, sono arrivate anche le conferme dei diretti interessati: Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana ha, infatti, confermato che sono state avviate le trattative per abolire il segreto bancario ancora vigente in Vaticano.
Dopo Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco, anche la Santa Sede spalancherà, quindi, le sue porte al Fisco italiano con l’obiettivo di garantire la più completa trasparenza delle attività finanziarie in essere presso la Santa Sede e di consentire lo scambio di informazioni bancarie al fine di agevolare controlli e verifiche fiscali.
Padre Federico Lombardi ha spiegato che
“Sono effettivamente in corso interlocuzioni per collaborare con l’Italia ad andare verso il traguardo di una più ampia e completa trasparenza e dello scambio di informazioni ai fini fiscali”
La notizia era circolata nei giorni scorsi nell’intervista di Matteo Renzi ma il tema è all’attenzione del Fisco e delle istituzioni bancarie della Santa Sede già da molto tempo. Già lo scorso Luglio, infatti, il presidente dello Ior, Ernst Von Freyberg, aveva dichiarato che un possibile accordo fiscale con lo Stato Italiano, sulla trasparenza bancaria, era ritenuto un intervento di primaria importanza dalle istituzioni italiane e che i clienti dello Ior nel prossimo futuro avrebbero dovuto, quasi certamente, dimostrare di pagare le tasse nei Paesi d’origine, a cominciare dall’Italia.
Le parole di Von Freyberg, trovano ora conferma in quelle di Padre Federico Lombardi e concretizzano la possibilità che il Vaticano smetta di essere il paradiso fiscale che era fino a poco tempo fa. Se l’accordo sull’abolizione del segreto bancario ancora vigente Oltretevere dovesse concretizzarsi troverebbe la sua conclusione un percorso già avviato da Benedetto XVI che aveva istituito l’Aif (l’Autorità di controllo finanziario della Santa Sede). Chi però ha dato un decisivo impulso alla trattativa è stato Papa Bergoglio che ha portato una ventata di trasparenza e di rinnovamento anche sull’assetto economico e finanziario della Santa Sede, promettendo di chiudere capitoli scomodi come quelli che hanno reso lo Ior tristemente noto per essere un istituto di credito utilizzato per depositare tangenti e per far circolare denaro sporco.
Per quanto riguarda l’accordo vero e proprio, il dossier-Vaticano sarebbe al momento allo studio della Direttrice del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’Economia, Fabrizia Lapecorella mentre altri funzionari del MEF starebbero portando avanti colloqui e trattative di carattere diplomatico con gli omologhi della Santa Sede.
L’accordo sarebbe comunque già in fase di avanzata definizione e potrebbe essere, verosimilmente firmato entro la fine di Marzo. Secondo quanto riportato dal Messaggero, i nodi ancora da sciogliere riguarderebbero non tanto la posizione di singoli privati, titolari di conti correnti (dal momento che il Vaticano non è neanche inserito in alcun black list), quanto i movimenti finanziari messi in atto dalle Case generalizie degli ordini religiosi verso Paesi Terzi. Tali realtà sarebbero quelle più difficili da sondare nella delicata galassia delle istituzioni finanziarie vaticane dal momento che per la loro struttura e per la mole di denaro che gestiscono appaiono molto simili a delle holding.
La situazione relativa ai privati che detengono conti correnti in Vaticano, appare comunque più limpida di quanto non fosse tempo fa, dal momento che possono detenere un conto corrente in Vaticano solo persone (fisiche o giuridiche) con particolari caratteristiche (dipendenti, ecclesiastici, enti religiosi). Si tratta di un totale di 18000 correntisti che, pur tutelati dal segreto bancario, dal 2014 sono stati sottoposti a controlli e verifiche da parte della società di revisione Promontory che è stata incaricata di controllare tutti i conti correnti presso lo Ior e, con la sua azione, ha determinato la di chiusura dei rapporti con circa 3000 dei suoi clienti di cui 755 erano laici.