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Schäuble gela Renzi sul Fiscal compact e avverte: "Non esiste un’Europa tedesca"
venerdì 18 luglio 2014, di
Lo stallo sulle nomine europee che si è consumato nei giorni scorsi a Bruxelles è diventato improvvisamente ancora più grave a seguito degli gli avvenimenti internazionali di ieri – abbattimento del 777 malese, invasione della Striscia di Gaza – che da un lato danno il senso di quanto l’Europa sia diplomaticamente divisa e impreparata, mentre dall’altro quanto il “caso Mogherini” sia importante per la strategia europea di Renzi e per il continente intero.
Ma, oltre ai problemi di ordine diplomatico, rimangono sul tavolo europeo anche le incognite legate al fiscal compact e in generale al rilancio dell’economia in Europa.
Con l’avvio del semestre italiano, solo due settimane fa, e il tour europeo di Renzi, sembrava che ci fosse stato un generale allineamento di tutti i capi di Stato del continente alle idee di crescita e rilancio del premier italiano, basato su un’interpretazione piuttosto lasca del fiscal compact.
Negli ultimi giorni però, le parole prima del governatore della Bce Mario Draghi e del neo presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker avevano smorzato i toni, smentendo in parte le proposte di Renzi sul pattò di stabilità.
Oggi, a chiudere il cerchio delle dichiarazioni ci ha pensato il Ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble che, intervistato da la Repubblica, ha fatto il punto sulle politiche europee e il fiscal compact.
Sulla flessibilità Schäuble si è così espresso:
"Finora nessuno ha chiesto di cambiare il Patto di stabilità. Il mio collega italiano dice espressamente che la "fiscal consolidation" deve continuare. A livello mondiale, anche nel Fmi o nel G20, c’è un ampio consenso: per lottare con successo contro la disoccupazione, servono investimenti, ma anche riforme di struttura e un migliore quadro istituzionale. Il consolidamento dei bilanci sovrani non è l’alternativa, bensì la premessa per più crescita. Nel Consiglio Ue informale a Milano a settembre discuteremo di come rafforzare gli investimenti nazionali ed europei, e far sì che i fondi Ue a disposizione siano utilizzati meglio. Juncker ha avuto ragione, nel suo bel discorso all’Europarlamento, dicendo che dobbiamo migliorare l’efficienza dell’uso dei mezzi messi a disposizione dall’Europa. Non manca denaro, bensì misure concrete per investirlo. Ridurre il dibattito a "più flessibilità" porta nella direzione sbagliata"
Sui fondi europei non spesi dall’Italia:
"Come già detto: le regole sono completamente in ordine. Non dipende dalle regole del Patto se l’Italia non ha usato gran parte dei fondi Ue disponibili per lei. Un altro esempio: la Ue ha stanziato 6 miliardi per combattere la disoccupazione giovanile. Se ho capito bene, adesso al contrario dei piani originari non dovrebbe esserci un Consiglio informale sul tema, perché di quei 6 miliardi non è stato usato nulla. Ci serve più "implementation".
Sul ruolo della Germania in Europa e sulle richieste di aumentare gli investimenti interni, il ministro tedesco ha detto:
"L’Europa non appartiene ai tedeschi, qui il presidente del Consiglio Renzi ha ragione. Noi tedeschi non vogliamo impartire lezioni al resto d’Europa. Siamo europei e vogliamo portare avanti l’Europa. Ritengo errato pensare, che uno Stato possa generare crescita durevole aumentando i debiti. La Storia ce lo insegna".
Su Matteo Renzi ha infine concluso:
"Renzi ha convinto gli elettori con un ambizioso programma di riforme. A un’Europa forte serve un’Italia forte, e vogliamo un’Europa forte, non un’Europa tedesca".