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Ecco come le società italiane provano a respingere l’assalto degli investitori francesi
mercoledì 8 febbraio 2017, di
Le aziende italiane hanno cominciato a dire basta all’assalto degli investitori francesi. Negli ambienti della finanza italiana pare che si sia diffusa la preoccupazione circa un eventuale piano d’assalto da parte degli investitori francesi all’acquisto di imprese italiane. Dopo l’ultimo caso Vivendi-Mediaset tra i corridoi della finanza italiana pare infatti essersi diffuso un certo sentimento di preoccupazione.
Le società francesi negli ultimi cinque anni hanno acquistato aziende italiane, o parti di esse, per un valore totale di circa 42 miliardi di dollari. Due dei più recenti casi di acquisizione riguardano l’accordo raggiunto tra la francese Essilor International SA e l’italiana Luxottica e l’acquisizione da parte di Amundi SA di UniCredit SpA Pioneer Investments.
Secondo un rapporto stilato da Bloomberg, gli affari degli investitori francesi in Italia sarebbero sei volte superiori a quelli dei loro omonomi italiani in Oltralpe.
Per arginare la scalata francese alle aziende made in Italy, le autorità italiane starebbero quindi cercando di concentrare i loro sforzi sulle poche aree in cui è loro permesso di intervenire, ovvero facendo leva sulla pressione regolamentare.
Alcuni dirigenti italiani, con l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina in prima linea, stanno invece cercando di opporsi coralmente alle tentazioni predatorie dei vicini francesi.
Lo stesso Messina durante un evento tenutosi a Torino lo scorso 26 gennaio ha dichiarato:
“Siamo una società che parla italiano, non francese, e noi stiamo difendendo la nostra italianità. Chiunque cerchi di difendere l’italianità dell’azienda parlando in francese mi fa ridere”.
Di seguito vediamo quali sono le principali tentazioni di investimento da parte dei francesi in Italia e quali sono i precedenti tra i due paesi.
Scalata francese in Italia: le ambizioni dei miliardari transalpini
Tra gli investitori francesi negli ultimi tempi più attivi sul mercato italiano vi è il miliardario Vincent Bolloré, imprenditore e produttore televisivo primo azionista di Vivendi SA, gigante europeo dei media.
Negli ultimi due anni il gruppo Vivendi ha fatto parlare di sé per essere diventato azionista di riferimento di Telecom Italia, acquistandone il 24,9% ed è stata al centro della bagarre per la scalata ai danni di Mediaset, società della quale ad oggi detiene il 28.8% del capitale.
L’azione di Bolloré e della sua Vivendi SA ha sollevato l’ira italiana. Alla fine del 2016 è stata diffusa una nota tra i funzionari del governo italiano di prendere in considerazione l’ipotesi di poter usare potere di veto contro Vivendi in caso di una potenziale acquisizione di Mediaset, con la possibilità di estenderlo anche a Telecom nel caso in cui vi fosse stata la prova che la società francese la avesse utilizzata per influenzare la situazione Mediaset.
Il ministero delle Finanze francese in una dichiarazione ufficiale aveva dichiarato che le acquisizioni
“hanno senso e non rappresentano alcun desiderio da parte della Francia di prendere il controllo dell’Italia. Anche gli italiani stanno investendo in Francia, in particolar modo per quanto riguarda la costruzione di navi a Saint-Nazaire”.
L’eterna battaglia tra Francia e Italia
Un ulteriore tensione sull’asse Francia-Italia è emersa all’interno dell’azienda produttrice di componenti elettroniche STMicroelectronics, di cui i rispettivi paesi detengono il 27,5% ciascuno, per la nomina del successore dell’amministratore delegato Carlo Bozotti.
Negli ultimi tempi la Francia pare abbia fatto un passo indietro dopo che le proprie candidature sono state respinte dai soci italiani, ma secondo alcuni analist in seguito alla sconfitta del governo Renzi al referendum, alla cattiva gestione di alcune grandi aziende e di un sistema bancario traballante, potrà comunque far leva sulle debolezze italiane per imporre la propria volontà.
Giuseppe Berta, professore presso l’Università Bocconi di Milano, in merito alle polemiche tra Francia-Italia ha affermato che
“c’è una tendenza del tutto naturale per le società francese di acquisire quelle italiane. La Francia è vista dagli investitori come un paese più stabile e meglio organizzato in grado di attrarre le sedi delle società di tutto il mondo, lo dimostra l’ultimo affare Essilor-Luxottica”.
Francia-Italia, se il passato insegna
In Italia le esperienze passate di mettere le aziendi locali nelle mani dei francesi ha lasciato profonde cicatrici. Alitalia nel 2008 venne salvata, per volontà dell’allora primo ministro Silvio Berlusconi e della sua retorica “nazionalista”, da investitori italiani rifiutando categoricamente un ingresso da parte di Air France-KLM. Anche se poi, anni più tardi, la compagnia aerea italiana avrebbe finito per vendere una parte delle sue azioni ad Etihad Airways.
Nonostante la compagnia aerea italiana continui a sanguinare i governi che negli ultimi anni si sono succeduti non vogliono passare come quelli che “regalano” gioielli di famiglia troppo facilmente. Come altri paesi in Europa anche l’Italia sta cercando di rafforzare il peso dello Stato di fronte alle proposte di investimento estere (in particolare cinesi).
A tal proposito il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sul finire di 2016 aveva annunciato di essere al lavoro con il vice-cancelliere tedesco, Sigmar Gabriel, per presentare alla Commissione europea una serie di proposte per “rafforzare il potere legato agli acquisti delle imprese strategiche da parte dei paesi, soprattutto quando non fanno parte di economie di mercato”.
La proposta di Calenda sarebbe quella di dare allo Stato un potere di veto sulle operazioni relative alle attività strategiche, tra cui quelle legate al settore delle telecomunicazioni.
Fonte: Bloomberg