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Regime dei Minimi e Gestione Separata INPS: tornano le regole del 2014, ma venerdì le cose potrebbero cambiare di nuovo

martedì 17 febbraio 2015, di Vittoria Patanè

Si torna indietro per andare avanti. Questo il riassunto di quanto stabilito all’interno del decreto Milleproroghe 2015. Regime dei Minimi con aliquota IRPEF al 5% e contributi per la Gestione Separata INPS che scendono nuovamente al 27,72%. Tutto questo fino al 2015. Dal 2016 in poi si vedrà, o meglio, si deciderà nell’ambito del Consiglio dei Ministri del 20 febbraio. Il rischio è che, nel caso in cui non si riesca a trovare una soluzione (e soprattutto le coperture finanziarie necessarie) la stangata sui professionisti e sui lavoratori autonomi a Partita IVA sia solamente rimandata.

L’approvazione degli emendamenti al Milleproroghe è stata salutata con plauso da varie fazione politiche. Una sorta di "vittoria" che però vittoria non è per nulla. Lo scorso ottobre infatti il Premier Matteo Renzi aveva annunciato in pompa magna l’arrivo della riforma delle Partite IVA, che secondo lui avrebbe migliorato la vita dei titolari e permesso loro di guadagnare qualche diritto in più. Il risultato sono state le norme inserite all’interno della Legge di Stabilità che rischiavano di mandare sul lastrico professionisti e freelance, imponendo l’innalzamento dell’aliquota sul regime dei minimi (e la parallela diminuzione dei limiti reddituali) e l’aumento dei contributi per la Gestione Separata. Come questi provvedimenti, nella mente del Presidente del Consiglio, avrebbero dovuto migliorare la vita dei soggetti interessati, non è dato sapere.

Un mese fa, il dietrofront. Nel corso di un intervista alle Invasioni Barbariche lo stesso Capo dell’Esecutivo ha descritto le decisioni prese con "il più grande autogol del Governo", promettendo soluzioni a breve termine.

Regime dei Minimi e Gestione Separata INPS: il Milleproroghe
Nell’ambito del decreto Milleproroghe 2015 sono stati approvati gli emendamenti Sottanelli e Saltamartini. Il primo prevede la possibilità di scegliere tra il vecchio regime dei minimi, con aliquota al 5% e tetto reddituale a 30mila euro, e il nuovo regime forfettario, con aliquota al 15% e tetti reddituali diversi in base alla categoria di appartenenza.

L’emendamento Saltamartini invece, blocca l’aumento dei contributi INPS per gli iscritti alla gestione separata. Il rincaro, previsto nell’ambito della riforma del Lavoro del 2012, prevedeva l’aumento dell’aliquota dal 27,72% al 30,72%. Tutto fermo dunque, si torna alle vecchie aliquote, almeno fino al 31 dicembre 2015. Dal 1° gennaio 2016 infatti, se il Governo non effettuerà degli interventi ad hoc, l’aliquota salirà al 31,72% (come stabilito dalla riforma Fornero) per poi arrivare al 33,72% nel 2018.

Regime dei Minimi e Gestione separata INPS: il Cdm del 20 febbraio
Come scritto in precedenza, gli emendamenti mettono le nuove regole stabilite dalla legge di Stabilità in stand-by, in attesa che il Governo ne stabilisca di nuove e, speriamo stavolta, più eque.

Tutto però potrebbe cambiare di nuovo venerdì 20 febbraio, giorno in cui si terrà il Consiglio dei Ministri che dovrebbe nuovamente riformare le regole per le Partite Iva e gli iscritti alla Gestione separata. Le norme, dovrebbero così entrare in vigore dall’anno prossimo.

Il problema però, come al solito, sono le coperture. Dove trovare i soldi per proporre delle modifiche che veramente possano cambiare la vita di professionisti autonomi, da anni vessati da una tassazione spropositata e senza alcun diritto? Sembra che il Mef ci stia ragionando su da giorni e giorni. Una delle opzioni sarebbe quella di proporre un regime dei minimi con un’aliquota al 12-10% però senza tetto di fatturato e con l’abolizione del limite temporale. In alternativa, si pensa a rendere più vantaggioso il regime forfettario, facendo sì che per le nuove "leve della Partita IVA" risulti più conveniente.

Per quanto riguarda i contributi INPS degli scritti alla Gestione Separata sembra che il Governo voglia cercare di dare a questa categoria almeno qualche diritto (dato che attualmente ne sono totalmente privi). Le donne potrebbero avere il congedo di maternità, scegliendo se continuare a lavorare o ricever un assegno per cinque mesi erogato al 50% dallo Stato e per il restante 50% dai contributi di lavoratori e aziende. Per il resto, si cerca una soluzione alternativa all’aumento delle aliquote.

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