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Prelievo forzoso in Italia? Non scherziamo!
martedì 5 novembre 2013, di
Tutto cominciò in una calda mattinata di fine settembre. Il presidente della BCE Mario Draghi fece pervenire alla Commissione Europea una lettera nella quale, secondo fonti autorevoli, veniva chiaramente esplicitato l’assoluto divieto di imporre perdite a chi ha investito in obbligazioni delle banche.
Un decisivo no all’ipotesi di bail-in (prelievo forzoso) per rafforzare i requisiti patrimoniali delle banche europee (in particolare quelle italiane), in vista degli stress test ai quali circa 150 istituti di credito europei (tra cui 13 italiani) verranno sottoposti per tutto il 2014.
Una risposta alla Comissione e alla Germania
La lettera era di fatto una risposta ad un documento della Commissione Europea di circa 4 mesi fa, nel quale veniva affermato che prima che una banca possa rafforzare il proprio capitale tramite un aiuto di Stato pagato dai contribuenti, dev’esserci il coinvolgimento dei creditori privati, tramite una loro rinuncia al rimborso dei bond nei quali hanno investito. Una risposta alla Commissione ma anche alla Germania, la quale si era fatta promotrice dell’idea del prelievo forzoso tempo addietro.
Tempestività nella pubblicazione della lettera
Il 19 ottobre di quest’anno un noto quotidiano italiano pubblicò la lettera di Draghi (che sarebbe dovuta rimanere segreta), esattamente 6 giorni dopo l’allarme circolato sulla stampa cartacea e web in seguito ad un documento pubblicato dal FMI in cui si accennava all’ipotesi del prelievo forzoso. Nell’articolo FMI: prelievo forzoso sui conti correnti? Niente di vero abbiamo mostrato come a nostro avviso i timori fossero infondati. E’ comunque da sottolineare la tempestività del quotidiano italiano nella pubblicazione della lettera a pochi giorni dall’uscita del FMI, quasi a voler placare la tensione (si potrebbe pensare che la lettera fosse in mano al quotidiano già da parecchio tempo).
Ancora timori di un prelievo forzoso
Ad oggi, proprio in ragione degli stress test che verranno effettuati dall’EBA (European Banking Authority) sotto la supervisione della BCE, serpeggia il timore di un possibile prelievo forzoso applicato alle banche italiane per far fronte alle esigenze di capitale degli istituti di credito. Inoltre il fondo salva banche (limite massimo a 60 miliardi di euro), ossia quella parte del fondo salva - Stati (Meccanismo Europeo di Stabilità) destinato alla ricapitalizzazione degli istituti di credito in difficoltà verrebbe attivato in maniera subordinata all’avvio concreto della Vigilanza Unica Europea alla fine del 2014 e, come ha sottolineato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, solo a seguito di
un livello adeguato di bail-in, cioè assorbimento delle perdite interno alla banca stessa
La dichiarazione di Dijsselbloem è precedente alla lettera di Draghi e quindi ancor di più soggetta a revisioni in seguito alle parole del presidente della BCE.
La situazione delle banche internazionali: i requisiti di Basilea III
Chiediamoci allora se esista davvero un rischio concreto di bail-in per l’Italia . Per rispondere a questa domanda faremo riferimento ad un’ indagine condotta recentemente dal Comitato di Basilea sui patrimoni delle maggiori banche internazionali, tra cui quelle italiane e ad alcuni dati di Bankitalia e Prometeia
Il Comitato di Basilea ha pubblicato a fine settembre i risultati relativi alle stime effettuate sul fabbisogno di capitale delle 101 maggiori banche attive a livello internazionale. Secondo il Comitato sarebbero necessari 115 miliardi di euro per soddisfare i requisiti patrimoniali imposti da Basilea III, requisiti che dovranno essere raggiunti entro il 1 gennaio 2019.
Tali requisiti prevedono, tra le altre cose, che il Common Equity Tier One (Cet1, ossia il capitale di maggiore qualità, ovvero quello comprensivo esclusivamente di utili e riserve) dovrà essere pari al 7% delle attività ponderate per il rischio (fino al 9,5% per gli istituti più grandi). Il fabbisogno patrimoniale delle banche deve essere soddisfatto tramite
- imposizione alle banche di incrementi patrimoniali e di riserve di liquidità
- riduzione degli attivi giudicati più rischiosi
La situazione delle banche italiane
Per le banche italiane, i dati di bilancio di Giugno 2012 parlano di un deficit patrimoniale del sistema bancario italiano pari a 9 miliardi di euro. Un progresso significativo secondo Bankitalia, considerando che fino a due anni fa il fabbisogno patrimoniale (per conformarsi ai dettami di Basilea III) ammontava a 35 miliardi di euro: in un biennio una riduzione di circa il 68,6%. Inoltre per le banche italiane il rapporto tra attivi di bilancio e capitale (leva finanziaria) è pari a 14, valore decisamente inferiore alla media europea (20)
Non solo, secondo uno studio elaborato da Prometeia, i dati riferiti a dicembre 2012 mostrano un ulteriore miglioramento, con le prime tredici banche italiane che avrebbero bisogno complessivamente di 4 miliardi di euro per essere in linea con i requisiti di Basilea III. Allo stadio attuale il Cet1 conforme a Basilea III si attesta all’8,1%.
Tra le banche italiane considerate nell’indagine, gli istituti maggiori non destano alcuna preoccupazione. Si nota infatti che delle due banche italiane incluse tra quelle più grandi a livello internazionale
- Intesa San Paolo presentava (dicembre 2012) un Cet1 dell’11,1%
- Unicredit presentava (dicembre 2012) un Cet1 del 9,2%
Tutto il deficit patrimoniale delle banche italiane (pari, lo ricordiamo, a 4 miliardi di euro) risulta quindi essere concentrato negli istituti medio-piccoli. I dati di dicembre 2012, inoltre, non tengono conto dei casi Mps, Banca Marche e Carige. Includendo nei calcoli anche i buchi di questi istituti, secondo Prometeia il fabbisogno di patrimonio delle banche italiane potrebbe salire al 25% del totale del fabbisogno delle banche europee. Lo stesso Governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha affermato che le medio-piccole banche italiane rappresentano oggi la parte meno solida del sistema creditizio nazionale.
Rischi concreti di un prelievo forzoso?
Tuttavia, confrontando la situazione nostrana con quella degli altri paesi europei, il fabbisogno patrimoniale dei 42 principali istituti di credito europei al 31 dicembre 2012 era quasi per metà imputabile alle prime cinque banche britanniche, per meno del 20% alle banche tedesche e per una frazione insignificante alle due maggiori banche italiane.
Di più, le banche italiane medio-piccole beneficiano di una grande produzione di utili (gli utili rientrano all’interno del Common Equity Tier One. Solo nel 2012 circa la metà dei 260 miliardi di euro presi in prestito dalla Bce per tre anni all’1% è stata reinvestita in titoli di Stato che rendono il 3-4-5% generando così un’esplosione dei ricavi da trading). Come aveva già suggerito il FMI. nelle ipotesi peggiori di un calo del 4% del Pil rispetto alle previsioni nel 2014-15
le banche italiane sarebbero in grado di far fronte alle perdite senza toccare i loro buffer di capitale (ma usando gli utili 2014-2015)
Non sembrano manifestarsi dunque problemi per le banche italiane a soddisfare i requisiti patrimoniali imposti da Basilea III, in vista degli stress test che l’EBA condurrà nel primo semestre del 2014.
La capacità degli istituti di credito italiani di soddisfare autonomamente il fabbisogno di capitale tende quindi a far risultare molto remota la possibilità di misure particolari come il prelievo forzoso o gli aiuti di Stato.
Il prelievo forzoso è, lo ribadiamo, una misura eccezionale e dalle conseguenze sociali e politiche fortissime. Se vogliamo parlarne, dobbiamo farlo con i dati alla mano.
