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Per il credito inizia una nuova era
venerdì 4 gennaio 2019, di
Il 2018 si è chiuso piuttosto bruscamente, con i principali listini americani che hanno sofferto delle tensioni a livello globale che preoccupano gli investitori.
Secondo Sander Bus e Victor Verberk, co-responsabili del team sul credito di Robeco, sul mercato a stelle e strisce ci sono delle “perplessità rispetto all’indebitamento delle aziende” oltre ad un’eccessiva propensione al rischio. “La caduta di General Electric e la moltitudine di società investment grade BBB sopravvalutate in termini di rating sono segnali della misallocazione di capitale che, negli ultimi anni, ha caratterizzato i mercati” sostengono gli esperti.
Secondo gli analisti però, il 2019 segnerà una sostanziale svolta, con gli operatori che saranno più concentrati sugli elementi fondamentali che su quelli tecnici. A causa del restringimento monetario di Fed e BCE le condizioni creditizie si sono inasprite. Questo fatto potrebbe portare ad una pausa del ciclo dell’aumento dei tassi.
In America, si osservano diverse indicazioni negative, in quanto “il momentum dell’attività economica è fortemente calato dai massimi dei mesi estivi e, visto che il resto del mondo è già in fase di rallentamento, i mercati iniziano a preoccuparsi”.
In questo quadrò però, la forte crescita dell’indebitamento societario non ha avuto ricadute nel rating di credito. In caso di una recessione, vi è il rischio che molte società con rating BBB vengano declassate a “high yield”: “il totale nominale di debito a rischio taglio del rating e di passaggio all’alto rendimento è pari quasi all’intero universo high yield attuale”.
Per i co-responsabili del team sul credito di Robeco però, esistono due differenze tra Europa e Stati Uniti: la prima e di tipo politico, in questo caso il rischio Italia è già stato scontato dai mercati. La seconda invece riguarda le aziende europee, che sono molto più conservatrici e meno debiti rispetto a quelle americane.
Bus e Verberk sostengono che il vero problema sia dato dall’economia cinese, che non accelera nonostante gli incentivi monetari. “Il principale fattore di rischio resta il renminbi. La svalutazione della moneta provocherebbe una forte spinta deflazionistica globale. I mercati continuano a riporre troppe speranze nella solidità dei fondamentali economici statunitensi”, affermano gli analisti.
I due esperti non si aspettano però una crisi finanziaria durante il 2019, ma un aumento della volatilità, privilegiando alcuni titoli finanziari europei e il debito dei mercati emergenti asiatici.
“Saremo sottopesati sul credito USA, continuando a prediligere il più possibile la qualità sul fronte dell’high yield. Preferiamo le emissioni a più breve termine, visto che la curva USA del credito a lunga scadenza ci appare vulnerabile. La nostra preferenza va all’Europa rispetto agli USA, in particolare all’high yield dove, a parità di rating, i livelli degli spread sono più elevati”, chiosano gli esperti.