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PIL inadatto a fotografare l’economia italiana: il rapporto del Centro Einaudi
giovedì 19 gennaio 2017, di
Il Prodotto interno lordo italiano rappresenta un indicatore del benessere ormai insoddisfacente, perché non riesce cogliere un numero crescente di fenomeni economici, soprattutto a ridosso del periodo di riferimento.
E’ quanto emerge dal “Rapporto sull’economia globale e l’Italia” elaborato dal Centro Einaudi, sulla base dell’ampia revisione (anche qualitativa) annunciata a settembre dall’Istituto nazionale di statistica.
Gli economisti - che hanno collaborato con Mario Deaglio alla realizzazione dello studio - rilevano:
“Nel 2014 si trovano revisioni positive del valore aggiunto superiori all’1% per un’ampia gamma di servizi tra cui il commercio, le comunicazioni, le attività finanziarie e assicurative, le attività professionali... una sostanziale revisione riguarda anche la fornitura di servizi di accesso a internet”.
I fattori che sfuggono nella misurazione del PIL
Stando agli ultimi dati, la variazione nulla del PIL italiano osservata nel secondo trimestre del 2016 suscita perplessità, secondo l’economista torinese, dal momento che nello stesso periodo si registra un aumento degli acquisti di case e automobili da parte delle famiglie del Belpaese, operazioni che sostengono anche altre voci del PIL.
Più in generale il Prodotto interno lordo è un indicatore sintetico sempre più inadatto a interpretare la congiuntura, perché troppo focalizzato sugli scambi di mercato.
La lunga crisi economica che ha colpito l’Italia ha infatti modificato profondamente comportamenti di consumo e di produzione (in particolar modo nel settore dei servizi) che non passano dal mercato: basti pensare alla sharing economy, che coinvolge la fascia più giovane della popolazione, interessata al risparmio derivante dalla condivisione di determinati beni e non più al loro uso esclusivo.
Difficilmente rilevabili sono anche i servizi online, dai biglietti di viaggio alle assicurazioni ai servizi bancari.
PIL non più in grado di rilevare quote crescenti di economia
Una fetta sempre più consistente di consumi alimentari è stata poi soppiantata dall’uso di elettrodomestici che ne permettono la produzione e dalla produzione di ortaggi per l’autoconsumo, aggiunge il Centro Einaudi, che evidenzia:
“L’emigrazione dal PIL è meno occasionale e più strutturale di quanto sembri. La necessità aguzza l’ingegno e l’esclusione forzata dal mercato del lavoro offre alle produzioni non comprese nel PIL una buona dose di lavoratori ’gratuiti’ ma in grado di produrre un’utilità economica reale”.