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Lavoro? Nel 2076. Ecco lo studio shock della CGIL

sabato 1 giugno 2013, di Valentina Pennacchio

Lavoro? Nel 2076. Ecco lo studio shock della CGIL, che fotografa una situazione davvero drammatica: 63 anni per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi del 2007, 13 anni per tornare ai livelli di PIL (a patto che nel 2014 riparta la ripresa) e addirittura pare che non si tornerà mai più ai livelli dei salari reali. Come è accaduto tutto ciò?

Le 2 ipotesi di ripresa

Secondo lo studio della CGIL dall’inizio della crisi, 2008, questi sono stati i cambiamenti:

  • il PIL ha perso, mediamente, l’1,1% all’anno;
  • i posti di lavoro hanno subito una contrazione di oltre 1,5 milioni;
  • i salari reali sono scesi dello 0,1% all’anno, mentre quelli netti hanno registrato -0,4%;
  • la produttività è negativa e si attesta intorno a -0,2%;
  • gli investimenti crollano, mediamente, del 3,6% l’anno.

Partendo da questo quadro di riferimento, la CGIL, grazie alle previsioni macroeconomiche dell’ISTAT, ha formulato due ipotesi di ripresa.

Nella prima ipotesi, si moltiplica il tasso previsto per il 2014 (es. PIL +0,7%), in modo costante nel tempo, per tutte le variabili illustrate (in termini reali), fino a raggiungere il livello del 2007. Risultato?

  • il PIL verrebbe recuperato nel 2026, quando probabilmente verrà colmato il gap di 112 miliardi, ottenuto dalla differenza del PIL 2014 (1.380 miliardi) e quello del 2007 (1.492 miliardi);
  • il livello di occupazione “tornerebbe nei ranghi” nel 2076, quando si tornerebbe alle 25.026.400 unità di lavoro del 2007 rispetto alle 23.531.949 del 2014 (differenza pari a 1.494.451);
  • il livello di produttività si potrebbe recuperare nel 2017;
  • il livello degli investimenti nel 2024;
  • il livello dei salari reali non sarà mai più recuperato: “In confronto con l’inflazione effettiva, cioè il deflatore dei consumi, la variazione è negativa nel 2014”.

La seconda ipotesi è più ottimistica e prevede di proiettare l’eventuale ripresa, contando come tasso di variazione percentuale da moltiplicare in modo costante nel tempo, già dal 2015, quello degli anni 2000-2007 (es. PIL +1,6%). Risultato?

  • il livello del PIL, salari e occupazione sarebbe recuperato nel 2020;
  • il livello di produttività nel 2017;
  • il livello degli investimenti nel 2024.

Da queste due ipotesi emerge che i tempi di ripresa sono, non solo, molto lunghi, ma soggetti all’incertezza, perché, come si legge nello studio:

“Il rischio di nuovi “crolli” del PIL e dell’occupazione esiste ancora, è diffuso, ed è determinato dal fatto che i valori nominali delle borse sono generalmente tornati al livello 2007 mentre nessun paese ha ancora recuperato il livello di crescita e il numero di occupati pre-crisi”.

Lo studio della CGIL ha anche calcolato la perdita cumulata generata dalla crisi. Quale sarebbe potuto essere il livello di crescita senza crisi? 276 miliardi di euro di PIL (in termini nominali oltre 385 miliardi, circa il 20% del PIL).

La soluzione?

La soluzione a quella che sembra una vera e propria catastrofe? Il lavoro. Semplicemente. Lo studio è stato condotto simulando ipotesi di ripresa e senza considerare significativi cambi di politica nazionale o europea e ha come fine quello di mostrare un necessario “cambio di paradigma" che possa "partire dal lavoro per produrre crescita". D’altronde lo studio “La ripresa dell’anno dopo. Serve un Piano del lavoro per la crescita e l’occupazione” inizia con una citazione essenziale di Joseph Stiglitz:

“La crisi finisce solo quando si torna alla piena occupazione e i salari reali tornano a crescere”.

La creazione di lavoro crea crescita, che a sua volta crea nuovo lavoro. Qual è il Piano lavoro proposto dalla CGIL?

“Si fonda sull’idea di rispondere alla crisi globale e al declino dell’economia italiana attraverso un forte sostegno alla domanda, che avvenga proprio con un piano straordinario di creazione diretta di nuova occupazione, nuovi investimenti pubblici e privati, verso l’innovazione e i beni comuni. A ciò si affianca un’importante riforma delle entrate e della finanza pubblica per liberare le risorse utili e per una restituzione fiscale a vantaggio dei redditi “fissi” (salari e pensioni) e degli investimenti”.

Investimento è la parola chiave per intervenire sul mercato del lavoro. Anche Silvia Ciucciovino, Professore associato di Diritto del Lavoro presso l’Università degli Studi Roma Tre, in un’intervista rilasciata a Forexinfo ha dichiarato che dovremmo abbandonare la prassi che si concentra sulla “continua modifica delle norme lavoristiche” perché genera incertezza delle norme e disfunzionalità del mercato:

“La crescita dell’occupazione dipende, non certo dalle norme, quanto da una seria politica di investimento sulla crescita economica del Paese”.

L’impatto del Piano lavoro della CGIL, risultato dell’uso del modello econometrico (originale) elaborato dal Centro europa ricerche, potrebbe essere il seguente:

  • il livello occupazionale potrebbe essere recuperato nel 2016;
  • il livello del PIL, della produttività e degli investimenti nel 2017;
  • il livello della retribuzione di fatto media annua lorda addirittura nel 2014.

Danilo Barbi, segretario confederale della CGIL, sintetizza il senso dello studio condotto:

“Per non attendere che sia un’altra generazione ad assistere all’eventuale uscita da questa crisi, e ritrovare nel breve periodo la via della ripresa e della crescita occupazionale, occorre partire dalla creazione di lavoro”.

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