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Guerra delle valute: ora anche la BCE fa la sua mossa. Chi la spunterà tra euro, dollaro, yen, sterlina e valute dei mercati emergenti?
martedì 12 novembre 2013, di
Qualche anno fa il ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega, coniò il termine “guerra delle valute” per identificare quel comportamento di una banca centrale volto a indebolire la propria moneta allo scopo di favorire la competitività della propria economia nel commercio internazionale, dove iniziavano ad affacciarsi sempre più nuovi player interessati ad avere la propria fetta di mercato. Allora l’accusa era rivolta agli Stati Uniti, in quanto la politica monetaria ultra-espansiva della FED stava favorendo un enorme afflusso di capitali verso le valute dei mercati emergenti creando i presupposti per un eccessivo apprezzamento di queste monete (con risvolti negativi per l’export) e contestualmente l’indebolimento del biglietto verde.
Da quel momento le cose non sono cambiate molto, anzi l’istituto monetario di Washington ha raddoppiato gli sforzi lanciando un altro round di quantitative easing nel settembre del 2012 (portando il piano di stimoli monetari a oltre mille miliardi di dollari all’anno) e rinviando più volte l’avvio del tapering, ovvero la riduzione del programma di immissione di liquidità. Inoltre i tassi americani restano ai minimi storici e non dovrebbero esserci sostanziali novità fino al 2016. Tuttavia, negli ultimi mesi anche altre banche centrali hanno fatto le proprie mosse nella stessa direzione della FED. In particolare la Bank of Japan ha lanciato un mastodontico piano di quantitative easing, che porterà la base monetaria a raddoppiare nel giro di due anni. La strategia iper-espansiva della BoJ ha subito provocato una notevole svalutazione dello yen, che negli ultimi 12 mesi ha perso il 25% sul dollaro Usa.
Ma non è l’unica a volere una moneta debole per rilanciare l’economia. Di recente la banca centrale della Repubblica Ceca è intervenuta per indebolire la corona, la Reserve Bank of New Zealand ha deciso di rimandare l’aumento dei tassi per non favorire un boom della propria valuta e addirittura la BCE ha tagliato i tassi di interesse per allontanare lo spettro della deflazione e probabilmente anche per fermare l’ascesa del super-euro. Secondo Neil Mellor, strategist per Bank of America Merrill Lynch, sta tornando la guerra delle valute. In realtà probabilmente non è mai finita. Ma cosa accadrà alle valute del G-10 e a quelle dei mercati emergenti? Secondo Marco Dall’Ava, head of research del broker XTB in Italia, il dollaro americano è destinato ad apprezzarsi nei prossimi mesi.
L’esperto ritiene che prima o poi il tapering sarà lanciato e la riduzione della liquidità favorirà la ripresa del biglietto verde. Secondo Filippo Diodovich, market strategist del broker londinese IG, il tapering dovrebbe avere inizio a gennaio nell’ultimo meeting presieduto da Ben Bernanke prima del cambio al vertice a favore dell’attuale vicepresidente Janet Yellen. Tuttavia, non va escluso un ulteriore rinvio a marzo o aprile 2014. E l’euro? Cosa accadrà dopo il recente taglio del costo del denaro della BCE? Draghi ha fatto sapere che questo di novembre potrebbe non essere stata l’ultima sforbiciata ai tassi. L’Eurotower ha capito che con una moneta forte non si va da nessuna parte in questa particolare fase del ciclo economico. Gli esperti di XTB si aspettano una discesa del cambio euro/dollaro a 1,27 prima e 1,24 poi nei prossimi mesi.
Il broker FXCM, invece, non è poi così convinto che il cambio euro/dollaro possa tornare sotto la soglia psicolgica di 1,30. D’altronde, secondo gli esperti di FXCM, l’Eurotower è l’unica banca centrale a non perseguire realmente una politica volta a ricercare la competitività internazionale. Insomma, l’esatto opposto rispetto a quello che sta facendo da tempo, invece, la Bank of Japan. Secondo gli specialisti di XTB, lo yen ha comunque perso già molto valore e ha margini di rivalutazione su euro, sterlina e dollaro australiano. Diverso è invece il discorso del cambio dollaro/yen, che dovrebbe realizzare nuovi massimi nei prossimi mesi salendo ben al di sopra di quota 100. Per quanto riguarda la sterlina, la situazione appare diversa in quanto l’economia britannica è soprattutto orientata ai servizi, piuttosto che all’export di prodotti. Secondo FXCM una sterlina forte è un bene per l’economia britannica, mentre alla XTB ritengono che il cambio sterlina/dollaro scenderà sotto 1,57 prima e sotto 1,55 poi nei prossimi mesi.