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Grecia, riforme bocciate dall’UE e nessun aiuto economico a Marzo: uscita dall’Euro più vicina?
lunedì 9 marzo 2015, di
Il caso Grecia potrebbe arricchirsi di nuovi, delicati risvolti, in seguito alla riunione dell’Eurogruppo di oggi. Un appuntamento importante, dal momento che i ministri economici dell’Unione Europea dovranno decidere sui nuovi aiuti economici da concedere alla Grecia, sebbene sia anche un appuntamento il cui esito appare già, con buona probabilità, scontato.
La lista di riforme inviate dal nuovo governo greco all’UE sono state, infatti, già bollate come "riforme da dilettanti" dal presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Ciò implica che il cammino di riforme che la Grecia dovrà imboccare è ancora lontano da quella definizione che l’UE potrebbe ritenere sufficiente per concedere nuovi aiuti economici.
Una lista di riforme incompleta, determinerà, quindi, con ogni probabilità un allungamento dei tempi necessari per ottenere quegli aiuti economici di cui la Grecia avrebbe bisogno, fin da subito, per onorare i propri debiti con i creditori internazionali.
Non solo secondo Dijsselbloem ma anche secondo alcuni funzionari della troika le riforme proposte dal Governo Tsipras sarebbero risibili, non solo per l’interruzione di quelle misure dettate dai piani di austerity imposti dalla UE ma, soprattutto, per proposte quali l’idea di utilizzare turisti e giovani come controllori in incognito dei potenziali evasori fiscali.
Al di là delle critiche, sono però le conseguenze di questi giudizi a pesare maggiormente, dal momento che, se le riforme porposte da Yanis Varoufakis sono insufficienti, alla Grecia sarà preclusa la possibilità di accedere all’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi prevista dal piano di salvataggio (il secondo) terminato lo scorso 28 Febbraio.
In realtà al di là degli accordi e del tempo concesso alla Grecia dall’UE rimane un insormontabile la differenza di vedute tra l’Europa e, soprattutto, la Germania e la Grecia. Mentre Bruxelles continua a essere concentrata sulla restituzione del debito contratto da Atene che è arrivato alla cifra record di 240 miliardi di euro, il nuovo governo ellenico guidato da Syriza non abbandona quelli che sono state le linee guida della sua campagna elettorale, ossia la necessità di allentare le misure di austerità per risolvere quella che si configura come una vera e propria crisi umanitaria delle fasce più deboli della popolazione e per riavviare la crescita economica.
Le concessioni e i compromessi che Tsipras e Varoufakis hanno fatto pur di portare a casa un accordo con l’Europa sono stati già molti e molto impegnativi. Proprio in quest’ottica va letta la recente telefonata di Alexis Tsipras a Mario Draghi.
A tal proposito occorre ricordare che la Banca Centrale Europea pur continuando a garantire e rimpinguare il fondo Ela, il fondo di emergenza con cui la Banca Centrale Greca finanzia le banche commerciali elleniche, ha deciso di non acquistare più titoli di stato greci finché gli accordi con i creditori internazionali saranno definitivamente rinegoziati e chiusi.
La telefonata fatta Sabato scorso da Alexis Tsipras a Mario Draghi potrebbe, verosimilmente, essere stata necessaria per avanzare nuove richieste alla BCE. Dal punto di vista finanziario la Grecia ha urgente bisogno di alzare il tetto per l’emissione di titoli di stato, fissato a 15 miliardi di euro e già esaurito: la Grecia vorrebbe che questa soglia fosse alzata di ulteriori 8 miliardi di euro. La nuova liquidità ottenuta dai bond servirebbe per rispettare le scadenze più impellenti sia sul fronte internazionale (debiti da ripagare con l’FMI e titoli di stato in scadenza, da rimborsare) ma, soprattutto sul fronte interno (Marzo è un mese oltremodo preoccupante perché nelle casse greche potrebbero non esserci denari sufficienti per pagare gli stipendi del settore pubblico e le pensioni).
Anche se non si conosce l’esito della telefonata avvenuta Sabato e la risposta di Mario Draghi è presumibile che Tsipras si sia trovato di fronte all’ennesimo diniego: la BCE, ed è questo un punto che Draghi ha sottolineato più volte, non è un’istituzione politica e deve attenersi alle decisioni prese dalle istituzioni politiche europee.
I problemi maggiori, comunque, sorgono ora entro gli stessi confini della Grecia. Il governo Tsipras non ha in realtà portato a casa nessuna vittoria, non ha vinto alcuna battaglia e ha ottenuto solo 4 mesi di tempo: tutt’al più una tregua. Proprio per questo le fazioni più radicali di Syriza e i Greci Indipendenti di Kammenos, dopo la contrarietà manifestata nelle scorse settimane, contro il premier e il suo ministro delle Finanze, hanno cominciato a parlare di una nuova chiamata alle urne del popolo greco.
Un referendum, confermato anche dallo stesso Yanis Varoufakis, che servirebbe a scegliere quali potrebbero essere le misure da adottare per uscire dalla crisi qualora l’Europa permanga nella sua inflessibilità. Anche se non si parla esplicitamente di uscita dall’euro, è ovvio che questa soluzione diviene sempre più concreta.
