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Fiscal Cliff: l’accordo che non basta. Crisi in America come in Eurozona?

venerdì 4 gennaio 2013, di Federica Agostini

L’accordo raggiunto sul fiscal cliff non basta a risolvere i numerosi problemi del sistema fiscale USA. La situazione in America non è certo come quella dell’Eurozona, ma il The Economist di questa settimana dedica la copertina (si veda l’immagine) proprio a questo tema.

"L’America diventa Europea", titola la pungente analisi che stabilisce un parallelo tra gli errori commessi dall’Europa nella gestione della crisi e dagli Stati Uniti che, affrontando il fiscal cliff, non sono riusciti a trovare una soluzione migliore rispetto a quella di "posticipare" nel tempo le questioni più rilevanti.

L’America diventa più Europea

Negli ultimi tre anni, la classe politica statunitense ha guardato alla gestione della crisi messa in opera nell’Eurozona con freddo distacco e incredulità. Com’è possibile, si chiedevano, che i politici Europei siano così incompetenti nell’affrontare problemi di tipo economico, perché non riescono a trovare nulla di meglio che soluzioni tampone, piuttosto che soluzioni durature ed effettive sul lungo termine?

Ebbene, in tema di critiche, oggi l’America è costretta a tornare sui suoi passi. Sebbene i problemi dell’Europa e quelli degli Stati Uniti non siano gli stessi, il fallimento della classe politica -giunta ad un accordo last minute sull’imminente fiscal cliff- dimostra come la disfunzione politica di Washington non sia poi così lontana da quella dell’Europa.

Crisi: una soluzione impossibile

La crisi dell’Euro si è inasprita col tempo a causa dei ripetuti fallimenti della classe politica, incapace di trovare una soluzione idonea al risanamento dei problemi della moneta unica, ma in grado esclusivamente di generare una serie di misure e accordi temporanei, quasi tutti partoriti durante lunghe notti di trattative allo scadere dei termini fissati.

In America, la questione è differente. Non si tratta di affrontare la crisi del debito che minaccia le economie (come avviene in Eurozona), ma piuttosto di riorganizzare il divario che c’è tra gettito fiscale e spese, specie quelle della sanità, senza però "strizzare" eccessivamente l’economia sul breve termine.

Ma in America come in Europa, la classe politica ha dimostrato di essere in grado di raggiungere soltanto una soluzione tampone, un accordo last minute insufficiente a risanare la situazione economica e fiscale.

Fiscal cliff: cosa prevede l’accordo?

L’accordo tra Repubblicani e Democratici è stato raggiunto il giorno di Capodanno, all’ultimo istante prima che l’economia USA fosse catapultata giù dal precipizio fiscale.

In sostanza, l’intesa prevede l’eliminazione di una buona parte degli aumenti delle imposte che avrebbero dovuto essere attivati il primo gennaio 2013, ad eccezione di quelle previste per contribuenti che fanno parte delle fasce di reddito più alte. Escluso dalle argomentazioni, invece, il tema dei tagli alle spese.

Il fiscal cliff, anziché stringere il 5% dell’economia USA, grazie all’accordo porterà ad una stretta del 1% del PIL nel 2013. E, proprio come accade in Europa, anche se l’accordo raggiunto non raggiunge il cuore del problema, i mercati hanno -temporaneamente- tirato un respiro di sollievo.

USA: cosa accadrà poi?
Il problema dei tagli automatici alle spese è stato soltanto posticipato di due mesi, un lasso temporale durante il quale il Congresso dovrà anche votare per innalzare il tetto al debito. Insomma, durante i prossimi mesi, negli Stati Uniti assisteremo ad una serie continua di trattative, negoziati e discussioni in materia fiscale.

Fiscal cliff: perché l’accordo non basta

L’accordo è una misura temporanea che elude i seri problemi fiscali che, invece, soggiacciono al sistema Americano e, guardando oltre i prossimi due mesi, ha tutto l’aspetto di essere un fallimento.

Perché raggiungere un accordo è così difficile?
Le difficoltà di accordo scaturiscono dalla smisurata influenza che hanno alcuni gruppi, seppure in minoranza. Proprio come in Europa, dove l’incapacità di superare gli interessi nazionali tra debitori e creditori ha impedito che venissero raggiunti per tempo gli accordi necessari a salvaguardare la moneta unica.

In maniera molto simile, Repubblicani e Democratici si sono dimostrati incapaci di superare le divergenze e, forse sull’influenza degli estremismi, troppo concentrati ad ottenere "concessioni" dalla controparte, piuttosto che sul raggiungimento dello scopo comune che era quello di mettere al sicuro il futuro del sistema fiscale americano.

Politica: il fattore sincerità

C’è, infine, un terzo elemento che permette di stabilire un parallelo tra Eurozona ed USA: la (in)capacità della classe politica di essere schietta con il proprio elettorato.

Così come la Merkel ed Hollande hanno accuratamente evitato di spiegare ai propri elettori cosa realmente comportasse impegnarsi per salvare la moneta unica, allo stesso modo Repubblicani e Democratici hanno preferito tacere riguardo agli sforzi necessari per risistemare il sistema fiscale USA.

Per i Democratici non c’è bisogno di alcuna modifica né al sistema pensionistico (Social Security), né all’assistenza sanitaria per gli anziani (Medicare). Per i Repubblicani, invece, qualsiasi ipotesi di aumento delle tasse è una forma di socialismo e l’unica maniera di salvare l’America sembra essere quella di tagliare le spese.

Le parti in gioco preferiscono puntare il dito uno contro l’altro e questo non fa altro che inasprire la polarizzazione che caratterizza il sistema politico Americano.

Crisi: gli USA come l’Europa?

Chi è più ottimista, certamente opporrà l’idea che gli Stati Uniti non si troveranno nell’immediato futuro ad affrontare una crisi del debito pari a quella della zona Euro, ma la "combustione" è un problema, anche quando avviene a fuoco lento.

La crisi della zona Euro ha permesso ai paesi membri di superare vecchie divergenze storiche e di razionalizzare il processo di riforme fiscali e strutturali. L’America ha un grave problema strutturale riguardo al debito. Senza interventi mirati, gli USA continueranno a collezionare debito, la fiducia di consumatori ed imprese comincerà a svanire e, alla fine, il "crunch" economico potrebbe risultare ancor più drastico di quanto si possa immaginare oggi.

La cosa peggiore è che la classe politica sembra inconsapevole del danno che le "misure tampone" apportano all’economia del paese -lezione, questa, che l’Eurozona avrebbe dovuto insegnare.

Verdetto finale: l’accordo raggiunto sul fiscal cliff sarà insufficiente a sanare i problemi dell’economia americana. E se gli Stati Uniti non sono in grado di gestire i problemi nazionali, come possono continuare a detenere la leadership mondiale?

Il sistema democratico occidentale è alla paralisi, mentre intanto la Cina prende le sue decisioni e procede in avanti.

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