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Mercati dopo Fed: la “strana” reazione al rialzo dei tassi
giovedì 15 giugno 2017, di
La Fed ha alzato i tassi di interesse, ma quali conseguenze ha avuto la decisione sui mercati internazionali?
Più che al rialzo dei tassi di interesse, gli osservatori hanno cercato di osservare la reazione dei mercati davanti ai toni meno cauti del previsto utilizzati da Janet Yellen in conferenza stampa.
Come molti avevano immaginato la Fed ha alzato i tassi di interesse dall’1,00% all’1,25% ma al contrario di molte previsioni si è mostrata piuttosto propensa a numerosi rialzi futuri del saggio di riferimento. Nonostante questo la reazione dei mercati americani è stata piuttosto tiepida, “strana”, come l’ha definita qualcuno.
Sul fronte europeo, invece, le conseguenze e gli effetti delle decisioni Fed sui tassi di interesse si stanno facendo sentire su tutti i principali listini del comparto. Francoforte sta perdendo lo 0,64%, Londra lo 0,72%, Parigi lo 0,89% e Milano, la migliore, un più ridotto 0,36%.
Quali altre conseguenze ed effetti ha avuto la decisione della Fed di alzare i tassi di interesse?
Mercati dopo Fed: la reazione di Wall Street
Al termine di una riunione durata due giorni il FOMC ha deciso, come accennato, di alzare i tassi di interesse di 25 punti base. Inoltre la stessa Fed ha parlato di un ipotetico nuovo rialzo del saggio di riferimento entro la fine del 2017, di 3 rialzi potenziali nel 2018 e di altri 3 o più rialzi nel 2019. Un tono molto più hawkish (da falco) rispetto a quello previsto dai mercati.
In seguito alle pronunce della Yellen la reazione di Wall Street è stata passata al microscopio dagli osservatori internazionali. Al contrario di come molti analisti avevano previsto, le conseguenze del rialzo tassi di interesse sul mercato azionario USA sono state poco imponenti. Molti si aspettavano grandi oscillazioni non tanto per il ritocco dei tassi quanto per l’inaspettato tono utilizzato dalla Yellen.
I maggiori indici di Wall Street hanno tutti viaggiato in un ristretto trading range che li ha portati a chiudere in modo piuttosto contrastato dopo il rialzo dei tassi. Il Dow Jones ha archiviato la sessione con un rialzo di 0,22 punti percentuali, mentre l’S&P ha portato a casa un rosso dello 0,10% e il Nasdaq ha chiuso ancora una volta in perdita a -0,41%.
I rendimenti dei Treasury sono saliti di pochi punti percentuali, ma nonostante questo il dato sul decennale non è riuscito a recuperare tutte le perdite subite in precedenza durante la sessione di ieri a causa dei deludenti dati sull’inflazione e sulle vendite al dettaglio.
“Le decisioni Fed hanno messo in luce un tono più hawkish e siamo sorpresi che la reazione dei mercati non abbia determinato oscillazioni più evidenti sui prezzi,”
ha affermato Charlie Ripley di Allianz Investment Management.
Mercati ignorano il rialzo tassi Fed: i motivi
Perché la reazione e le conseguenze sui mercati dopo il rialzo dei tassi di interesse sono state piuttosto vaghe? Innanzitutto, molti hanno tenuto a sottolineare come un ritocco del saggio di riferimento era stato ormai prezzato al 99% per cui, di fronte ad una previsione così forte è ovvio che non si verifichi una reazione altrettanto evidente.
Altri analisti, però, hanno tentato di fornire ulteriori spiegazioni a quella che è stata considerata come una strana reazione dei mercati alle decisioni della Fed sui tassi di interesse. Per Kathy Jones di Charles Schwab i mercati hanno ignorato le previsioni meno caute del FOMC per due motivi: o non credono alle stime della Yellen, oppure sono convinti che questo continuo rialzo dei tassi andrà ad affossare l’inflazione per cui la Fed dovrà di nuovo tagliarli.
Come ha fatto notare Eric Winograd, Us economist di AllianceBernstein, la Fed ha volutamente scelto di ignorare i deboli dati sull’inflazione statunitense e ha invece posto l’accento sul mercato del lavoro in fase di consolidamento. La conseguenza? L’evidente tono da falco utilizzato in conferenza stampa dalla Yellen. Di seguito il commento di Winograd al rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Fed.
“La posizione del FOMC di ignorare i recenti dati sull’inflazione, che insieme a quelli sulla disoccupazione si sono rivelati al di sotto degli obiettivi e delle stime di Washington, ne ha rivelato un’attitudine decisamente da falco. L’Istituzione ha di fatto deciso di sorvolare sulla decelerazione dell’inflazione, andando invece a porre l’accento sulla solidità mostrata dal mercato del lavoro a stelle e strisce.
L’unico riferimento alle dinamiche dei prezzi è stato un ritocco al ribasso nelle stime sul PCE (Personal consumption expenditures) per quest’anno, accompagnato dalla rassicurazione che l’organo di politica monetaria USA sta “guardando da vicino” l’outlook inflazionistico. La conseguenza, annunciata e scontata, è stata un rialzo di 25 punti base del tasso di riferimento, che ora è tra l’1% e l’1,25%.
Nulla è cambiato, inoltre, nell’agenda programmatica della Banca centrale americana: dieta di bilancio in vista e altri tre rialzi nel corso del 2018. Al momento, il mercato sta prezzando circa il 50% del rialzo da 100 punti base che il FOMC vorrebbe applicare nei prossimi 18 mesi. Nel corso di questo ciclo si è sempre presentata la tendenza del mercato di vedere la FED più colomba di quanto non si dichiarasse la stessa Banca Centrale Usa, e i fatti non lo hanno smentito.
Anche alla luce di ciò, non c’è nessuna fretta di riempire questo gap: il comitato economico statunitense di solito fornisce linee guida molto chiare quando ritiene che il pricing non sia allineato alle sue aspettative, ma stavolta sembra non ci sia preoccupazione al riguardo.”
Mercati dopo Fed: la reazione asiatica
Dopo le decisioni del FOMC sono anche i mercati asiatici sono tornati a viaggiare piuttosto cauti. Il rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed di Janet Yellen ha frenato gli indici azionari che hanno chiuso in maniera contrastata.
Il Nikkei ha terminato gli scambi con un rosso di 0,26 punti percentuali, lo Shangai ha chiuso a +0,06%%, l’Hang Seng è crollato a -1,10%, mentre il Kospi ha portato a casa un -0,46% dopo la Fed e dopo la decisione di alzare i tassi di interesse all’1,25%.