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Da lupo ad agnello: Di Maio è il nuovo Tsipras?
venerdì 16 marzo 2018, di
Cosa può accomunare Luigi Di Maio e Alexis Tsipras? Apparentemente soltanto una critica di fondo verso Bruxelles sembrerebbe essere in comune tra i due, ma gli sviluppi del post 4 marzo parrebbero prefigurare un possibile destino politico simile.
Dopo che i risultati delle elezioni politiche hanno sorriso al Movimento 5 Stelle, le mosse Di Maio in questi giorni sono stati all’insegna dell’apertura alle altre forze politiche e della prudenza sui temi economici. Un maggiore realismo politico che in qualche modo ricorda quello con cui il premier greco Tsipras ha dovuto fare i conti negli ultimi anni.
Un Di Maio moderato
Sembrerebbero essere molto lontani i tempi del V Day in casa Movimento 5 Stelle, quando i politici nostrani e l’Europa venivano mandati allegramente a quel paese da Beppe Grillo. Quella che sembrava essere una provocazione negli anni poi è diventato il primo partito del paese.
I grillini sono cresciuti e naturalmente è cambiato anche il loro approccio ai vari temi principali della vita politica. Da movimento di protesta è stata acclamata ora come forza di governo e, come tale, è chiamata in questo momento a comportarsi.
Già nel programma elettorale con il quale il Movimento si è presentato al voto del 4 marzo, era scomparsa ogni ipotesi di un Referendum in merito all’uscita dell’Italia dall’Unione Europea.
Chiuse le urne, Di Maio si è detto pronto in questa prima fase anche a mettere da parte l’ipotesi dello sforare il famoso tetto del 3% sul rapporto deficit/Pil come imposto dai vincoli di Bruxelles.
Un segnale questo di un ben più ampio processo di “normalizzazione” da parte dei 5 Stelle iniziato già in campagna elettorale, quando Di Maio ha fatto una sorta di tour, invece che nelle piazze, nei salotti buoni della finanza e della politica europea.
Come Tsipras?
Dopo aver vinto le elezioni e ricevuto l’incarico di guidare la Grecia, Alexis Tsipras chiamò il suo popolo a esprimersi su un Referendum sull’approvazione o meno del piano finanziario proposto dalla Troika per il paese ellenico.
Il 5 luglio 2015 i greci quindi andarono alle urne per un Referendum che ha tenuto con il fiato sospeso l’Europa intera. Alla fine vinsero i No con il 61,31% dei voti, con il piano che così fu bocciato come auspicato anche da Tsipras.
Visto l’esito del voto, a Bruxelles non rimase che mettere il premier di fronte a un out out: o accettava ugualmente il piano della Troika, oppure la Grecia sarebbe stata messa fuori dall’Unione.
Alla fine Alexis Tsipras decise di sconfessare il responso del Referendum e di accettare l’accordo. Questo portò a una spaccatura all’interno del suo partito (Syriza) e alla caduta del governo da lui presieduto.
Le nuove elezioni furono comunque vinte sempre da Tsipras che da allora guida il paese rispettando i paletti imposti da Bruxelles. Nel momento di prendere la decisione più importante, il premier quindi ha scelto di rimanere attaccato al più rassicurante cordone ombelicale dell’Europa piuttosto che portare il suo paese, devastato da una crisi economica fortissima, verso quello che sarebbe stato una sorta di salto nel buio.
Luigi Di Maio a differenza del leader di Syriza non è ancora diventato premier. Lungo il percorso però che lo potrebbe portare verso Palazzo Chigi le sue posizioni iniziali si stanno progressivamente smussando.
Un cambiamento più soft e non drastico come fu invece quello di Tsipras, che fu chiamato a dover scegliere di fronte a un bivio. L’essere entrati nei marchingegni della politica starebbe quindi lentamente trasformando il Movimento 5 Stelle, tanto che Grillo si è spostato su un nuovo blog tutto suo e l’establishment politico ed economico europeo non sembrerebbe più temere i pentastellati.
Il lupo una volta uscito dal bosco sta diventando adesso un agnello.