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Cina: il credito parallelo minaccia l’economia globale? I pericoli e le conseguenze dello shadow banking
lunedì 30 marzo 2015, di
Non è tutto oro quello che luccica: la poderosa crescita dell’economia e del PIL cinesi, che pure hanno subito recenti rallentamenti nascondono al loro interno un enorme pericolo che potrebbe diventare una minaccia sistemica e costituire un rischio per l’economia globale.
Si tratta dello shadow banking o sistema del credito parallelo che ha determinato, negli ultimi hanni una crescita esponenziale del debito pubblico cinese e ha indotto una bolla finanziaria di dimensioni enormi che, se non ridotta adeguatamente e in tempi ristretti, potrebbe determinare conseguenze anche al di là dei confini cinesi.
Tentiamo di capire cos’è e come ha funzionato in questi anni il sistema del credito parallelo cinese. La finanza del Sol Levante è ed è stata caratterizzata da un sistema bancario che paga ai propri correntisti interessi molto bassi sui depositi e che concede molto diffilmente credito alle imprese. Questa situazione ha indotto gli operatori finanziari cinesi a mettere in campo delle gestioni patrimoniali più competitive che consentono ai risparmiatori di investire in fondi maggiormente convenienti rispetto ai conti di deposito; i fondi d’investimento, a loro volta, investono sulle imprese, prestandogli denaro. In ogni caso si sono immessi in tal modo, nel mercato finanziario cinese degli operatori terzi che in alcuni casi hanno operato all’interno dei principali istituti di credito, in altri casi hanno operato separatamente. Nel caso dei principali istituti di credito cinesi è opportuno specificare che si è cercato di sfruttare al meglio il fenomeno, che nel corso degli ultimi anni è diventato di dimensioni sempre più consistenti, sia gestendolo attraverso strutture interne che insieme ai nuovi prodotti finanziari promettevano di fornire garanzie sugli stessi, quando, invece, in realtà non garantivano nulla, sia, appunto, creando prodotti ad hoc che non erano rappresentati in bilancio e che, per la loro competitività, gli hanno consentito di non perdere clienti ma anche di ottenere alti guadagni sulle commissioni.
Dal comportamento delle banche cinesi sono stati determinati effetti consistenti: il fenomeno del credito parallello e dello shadow banking è cresciuto esponenzialmente, fino ad arrivare a rappresentare il 30% del mercato bancario; non solo, il fenomeno è cresciuto anche in modo arbitrario, dal momento che non esisteva nessuna supervisione e che i prestiti erano erogati anche ad aziende e soggetti che non avevano le garanzie necessarie per garantirne la restituzione.
L’Accademia Cinese di Scienze Sociali ha espresso in un suo recentre studio grande preoccupazione per il fenomeno mentre anche dall’Occidente, l’agenzia di rating Fitch non ha mancato di rilevare che il fenomeno dello shadow banking, insieme all’alto tasso di passività delle famiglie cinesi, è da considerare tra le principali cause della crescita del debito cinese, lievitato fino al 251% del PIL, ovvero, fino a 27.000 miliardi di yuan, pari a 4.400 miliardi di dollari, una cifra talmente alta da poter mettere in crisi, qualora la bolla scoppiasse, non solo la stabilità cinese, ma anche quella di tutta la finanza mondiale, replicando uno scenario simile a quello avvenuto negli Stati Uniti nel 2008.
Tra gli effetti nefasti dello shadow banking già avvenuti occorre segnalare almeno quelli del gruppo Chaori Solar che non ha potuto pagare 89,8 milioni di yuan di bond in scadenza ed è arrivato al fallimento, e del China Credit Trust, di cui è stato evitato il fallimento solo grazie a un intervento dello Stato. Casi come questi hanno portato gli operatori finanziari a interrogarsi riguardo al fenomeno e a mettere in campo, negli ultimi due anni, una normativa apposita e dei controlli finanziari molto severi.
Nonostante l’intervento dello Stato non si può affermare con certezza che i pericoli potenziali dello shadow banking possano essere del tutto superati. Delle reali conseguenze dei fenomeno sull’economia cinese non se ne sa molto, dal momento che non tutte le notizie vengono lasciate trapelare in Occidente; a ciò occorre aggiungere anche che l’economia cinese ha un andamento incerto che alterna fasi di innalzamento dei tassi (e quindi di stretta sulla liquidità) a fasi di allentamento (in cui viene immessa nuova liquidità per favorire l’economia).
Certo è che il sistema finanziario cinese è più isolato rispetto a quello americano e una crisi del mercato dei capitali cinesi difficilmente avrebbe effetti consistenti su scala globale. Solo se il fenomeno dell’insolvenza diventasse talmente consistente da impedire un intervento del governo potrebbe verificarsi un effettivo crollo della crescita cinese e, a catena, di quella mondiale, ma è uno scenario remoto dal momento che sono state già messe in campo misure legislative specifiche per evitare che la crescita cinesi perda le briglie e dia luogo a fenomeni finanziari incontrollabili.
Rimane ora da capire se il Governo cinese riuscirà davvero in questo intento dal momento che la bolla è tutt’altro che sgonfiata e che il rapporto tra debito e PIL cinesi, la cui parte più consistente è, peraltro, costituita dal debito delle aziende pubbliche e dei governi locali, potrebbe superare nel 2016, il rapporto tra debito/PIL americano.