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Brexit: i 5 ostacoli che impediranno l’accordo tra UE e Regno Unito

giovedì 30 marzo 2017, di C. G.

La Brexit è ufficiale: con l’attivazione dell’Articolo 50 Theresa May ha formalmente avviato le procedure di divorzio tra il Regno Unito e l’Unione europea.

L’Articolo 50 apre così le porte a due anni di intensi negoziati che serviranno, si spera, al raggiungimento di un accordo sulla Brexit con il quale il Regno Unito lascerà l’UE. I negoziati, però, saranno tutto fuorché facili. Le tappe del processo Brexit non saranno esenti da scossoni che, per molti analisti, impediranno il raggiungimento di un accordo amichevole per la separazione tra Regno Unito e UE.

A capo dei negoziati sulla Brexit ci sarà Michel Barnier il quale ha affermato che, senza il raggiungimento di un accordo, il Regno Unito dovrà fronteggiare carenze di carburante, riduzione del traffico aereo e numerosi problemi nello spostamento di beni e merci da e verso l’Unione europea. Si ricordi, infatti, che il Regno Unito lascerà l’UE a prescindere dal raggiungimento di un accordo sul divorzio. Ove questo non sarà trovato, l’Isola di Sua Maestà abbandonerà il blocco e sarà probabilmente soggetta alle regole dell’OMC. Ecco quali sono i 5 ostacoli principali al raggiungimento di un pacifico accordo di divorzio tra Regno Unito e UE dopo la Brexit.

1) Il costo della Brexit

A far discutere di più saranno di certo le questioni economiche. L’UE vuole che il Regno Unito onori gli impegni esistenti sul fronte della spesa europea, a prescindere dall’uscita nel 2019 - gli Stati membri dell’UE pagano per i progetti infrastrutturali, per la ricerca scientifica e per molto altro. L’attuale budget europeo scadrà nel 2020 e secondo quanto affermato dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, il Regno Unito dovrà pagare 50 miliardi di sterline dopo la Brexit.

Dal canto suo il Paese uscente ha affermato la propria volontà di onorare questo pagamento, ma molti si aspettano feroci discussioni circa l’entità della somma dovuta all’Unione europea. Ecco dunque il primo ostacolo ad una Brexit pacifica.

2) L’immigrazione

Le regole UE permettono ai cittadini britannici di vivere e lavorare in ciascuno dei 28 Stati del blocco. I cittadini UE possono fare altrettanto nel Regno Unito, ma tutto questo sta per cambiare con la Brexit. L’uscita dall’Unione si ripercuoterà non solo su 1,2 milioni di britannici che vivono negli altri Stati membri, ma anche su quei 4 milioni di cittadini UE che vivono nel Regno Unito. Lo scenario più plausibile vede rimanere i migranti nel Paese in cui vivono attualmente, ma tutto potrà cambiare con la Brexit.

Dopo il referendum sulla Brexit del 23 giugno scorso, molti britannici si sono recati in Irlanda, ma anche in Italia, Germania, Svezia, Polonia e Ungheria per cercare di mantenere il passaporto europeo. Contemporaneamente moltissimi cittadini UE hanno tentato di ottenere un permesso di residenza definitivo nel Regno Unito per il timore di essere “espulsi” dopo la Brexit.

3) Commercio e tariffe

La membership nell’UE permette al Regno Unito di vendere beni e servizi nel blocco tramite un accordo di libero scambio che tuttavia con la Brexit cesserà di esistere. Il problema è molto grave se si pensa che l’UE è il più grande partner commerciale del Regno Unito e muove il 44% delle sue esportazioni e il 53% delle sue importazioni.

L’obiettivo della May dopo la Brexit è quello di negoziare con l’Unione una rottura chiara ma comprensiva di un buon accordo commerciale. Il primo ministro si è detto comunque pronto ad uscire senza alcun accordo piuttosto che con un “brutto accordo” post-Brexit. In questo caso si aprirebbero le porte alle norme dell’OMC comprensive di blocchi e barriere commerciali.

4) Le industrie principali

Accordo o no, il compito più arduo per la May dopo la Brexit sarà quello di trovare il miglior accordo possibile per tre settori fondamentali: quello auto, quello aereo e quello finanziario. Si pensi semplicemente al fatto che Londra è il luogo primario in cui avvengono i commerci in valuta straniera; essa è uno dei più grandi centri finanziari di tutto il mondo, ma con la Brexit rischia di perdere questo titolo - sono molte le banche e le società pronte all’esodo. Un accordo che preservi l’accesso delle banche ai mercati UE sarebbe l’esito migliore possibile, mentre un fallimento in questo senso costerebbe a Londra miliardi di sterline e migliaia di posti di lavoro.

Senza un buon accordo di divorzio, la Brexit comporterà un aumento delle tariffe anche nell’industria automobilistica che dovrà sostenere maggiori costi di importazione e più pesanti tariffe sulle spedizioni verso l’UE. Le auto britanniche sono fatte per il 60% di materiali e pezzi provenienti dall’UE, mentre il 56% di quelle stesse auto è venduto fuori dai confini nazionali.

Gli stessi problemi riguarderanno anche il settore aereo. I voli da e per il Regno Unito sono operati sulla base dell’accordo Open Skies che probabilmente sarà abbandonato con la Brexit. Alcune compagnie aeree, come Ryanair, hanno già messo in guardia circa le conseguenze del divorzio UK-UE che potrebbe limitare i voli verso l’intero Regno Unito.

5) I confini

Il Regno Unito sarà anche un’isola, ma comunque ha molti confini in comune con l’UE. Si pensi solo alla Repubblica d’Irlanda che, essendo uno Stato indipendente, continuerà a far parte dell’UE anche dopo la Brexit. Chi risiede in Irlanda ha avuto fino ad oggi libertà di movimento da e verso il Regno Unito, ma le cose cambieranno con la Brexit. A ciò si aggiunga anche l’ipotesi di secessione della Scozia che pare intenzionata più che mai a lasciare il Regno Unito e a tornare nell’UE dopo la Brexit. Cosa accadrà ai confini dopo l’abbandono del blocco? Sono questi i 5 problemi che, più degli altri, renderanno difficile raggiungere un accordo di divorzio pacifico tra UE e Regno Unito dopo la Brexit. La partita è ancora tutta da giocare.

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