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Ultime notizie pensioni, Cgil critica sui lavori gravosi: “Passare a 30 anni di contributi”
sabato 16 dicembre 2017, di
Ultime notizie pensioni: continua a tenere banco nella Cgil l’argomento della riforma anche dopo l’approvazione, da parte della commissione Bilancio della Camera, dell’emendamento che allarga a 15 le categorie di lavori considerati gravosi.
Mentre Cisl e Uil assieme al governo gioiscono per questo passo in avanti, per la Cgil invece queste ultime notizie pensioni non sono ancora sufficienti. Secondo il segretario confederale Roberto Ghiselli infatti bisogna anche abbassare il requisito contributivo e la continuità professionale richiesta.
Ultime notizie pensioni: Cgil insoddisfatta
Difficile comprendere bene alla fine chi ha ragione nella spinosa vicenda della riforma delle pensioni. Anche alla luce delle differenti reazioni per il via libera all’emendamento che allarga a 15 le categorie considerate gravose, appaiono lampanti le ragioni di entrambi i fronti.
La notizia infatti è stata salutata con grande soddisfazione dal governo. Cesare Damiano, esponente del Partito Democratico e presidente della commissione Lavoro alla Camera, si è detto felice per il “passo in avanti” fatto in materia previdenziale.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il numero uno della Cisl Annamaria Furlan, che ha sottolineato come sia stato di estrema importanza che il governo abbia rispettato gli accordi presi alla chiusura del tavolo tecnico.
Unica voce fuori dal coro è quella del segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli che, pur accogliendo con favore le novità introdotte dall’emendamento approvato, ribadisce che quanto fatto finora sarebbe ancora insufficiente.
I correttivi finora ipotizzati dal Governo, relativi all’ampliamento di quattro categorie di lavori gravosi, all’intervento sulle donne madri e sui contratti a termine, senza ulteriori misure sarebbero del tutto irrilevanti e determinerebbero anche per il 2018 l’esclusione di tantissimi lavoratori dalle prestazioni. La Cgil propone di abbassare il requisito contributivo per i lavoratori impegnati in attività gravose da 36 a 30 anni, e modificare la continuità professionale richiesta di 6 anni su 7 allargandola all’ipotesi di 7 su 10.
Torna a evidenziarsi quindi la spaccatura già emersa a fine novembre, quando la Cgil non firmò gli accordi con il governo, a differenza degli altri sindacati, organizzando poi anche una mobilitazione generale che si è svolta sabato 2 dicembre in cinque piazze italiane.
Chi ha ragione?
In linea di principio difficile dare torno a Ghiselli: quasi la totalità delle proposte presentate dai sindacati nei mesi scorsi sono state cestinate, con la riforma delle pensioni che indubbiamente può essere considerata scarna e al di sotto delle aspettative.
Bisogna però fare i conti anche con la situazione economica delle casse statali. Con Bruxelles praticamente con il fiato sul collo di Palazzo Tesoro, nella legge di Bilancio è stato di fatto impossibile spendere più di quello che si poteva.
Niente buchi di bilancio quindi con la quasi totalità dei fondi a disposizione per gli investimenti, 15 miliardi sui 20 del totale, che sono saranno utilizzati per disinnescare le clausole di salvaguardia. Per le pensioni quindi i fondi sono più che limitati.
Alla luce di questo, si può ben capire la posizioni di Cisl e Uil che sono riusciti a ottenere il massimo considerando il budget a disposizione. La differenza a questo punto sembrerebbe essere tutta nel differente approccio al problema.
C’è chi va avanti per questioni di principio e chi invece è più realista. Come direbbero i latini la soluzione sarebbe in media res, ma fino a che non si deciderà di intervenire in maniera seria sul tema pensionistico, con adeguati fondi quindi, la posizioni rimarranno sempre molto distanti.