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Riforma della protezione civile 2017: Gentiloni lavora alla ricostruzione

mercoledì 25 gennaio 2017, di Vittorio Proietti

Riforma della protezione civile 2017: Gentiloni lavora per velocizzare la ricostruzione e per garantire maggiori risorse ai volontari. La macchina degli interventi deve essere più snella, lo stesso vale per l’associazione: la riforma è bloccata in Senato da anni.

La protezione civile ha bisogno di una riforma, malgrado la scelta politica di favorire le forze di volontariato invece che i servizi dello stato sia discutibile, il dato di fatto è che le risorse per chi lavora contro le emergenze sono vincolate e questo crea disagi a catena, come mostrato dopo l’ultimo terremoto del Centro Italia.

Gentiloni, da parte sua, promuove la ricostruzione dopo il terremoto programmando nuovi lavori in Parlamento: occorre velocizzare la macchina degli interventi edilizi, snellire le gare d’appalto per ricostruire, gli interventi per l’economia locale devono ricevere il via al più presto e con essi tutte le altre grandi riedificazioni.

Riforma della protezione civile 2017: Gentiloni lavora alla ricostruzione

Gentiloni lavora senza sosta alla ricostruzione post-terremoto: scavalca i presidenti delle Regioni per ottenere le ordinanze degli interventi, di due decreti ne fa uno, li converte in legge in poche ore; velocizza la macchina burocratica quanto può, decreti lampo per diminuire il rimpallo di responsabilità.

La ricostruzione viaggia su una comunicazione che s’interrompe spesso tra ordine locale, regionale, nazionale e accade di frequente che le “direzioni” litighino tra loro, lanciandosi in personalismi o falsi allarmi.

Protezione civile lavora con le mani legate, amministratori poco accorti millantano un “pericolo Vajont” sul rischio di fratture e danni nella diga di Campotosto, l’Enel che rassicura ma non vi sono prove esterne delle analisi: la divisione di compiti a partire dal congedo di Bertolaso ha reso ancora più ingarbugliata la situazione.

Riforma della protezione civile 2017: chi lavora alla ricostruzione?

Chi lavora alla ricostruzione è impegnato nell’emergenza ma non ha potere d’azione e lo sa bene Curcio, capo della protezione civile, alle prese con i limiti temporali del suo operato: successivamente a 180 giorni dall’evento, infatti, la protezione civile deve uscire di scena per far spazio alle forze ordinarie, con il solo effetto di amplificare le lungaggini.

La protezione civile riesce a reagire con prontezza all’emergenza grazie alla sua ramificazione in presidi locali, grazie allo spirito dei volontari; tuttavia l’emergenza deve essere fronteggiata con mezzi efficaci ma prima ancora con una corretta prevenzione. Questa è una delle linee su cui la riforma in Senato procederà in questi giorni.

La riforma della protezione civile agirà sui limiti della stessa, anche rispetto alla ricostruzione: rimuovere paletti e vincoli sugli interventi farà in modo di aumentare i mezzi a disposizione e non soffrire di una burocrazia ingolfata, tanto congestionata da imporre una gara d’appalto per ricostruire stalle e rifugi per animali.

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