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Usa, Fed sui tassi di interesse: inflazione debole

sabato 9 marzo 2019, di Ludovica Ranaldi

Durante l’intervento alla Stanford University, Jerome Powell, presidente della Fed, si è dimostrato risoluto sulle decisioni da prendere in merito ai tassi di interesse, nonostante gli attacchi che Trump gli sferza da tempo.

Non è la prima volta che Powell stringe i denti per far valere la sua opinione su come giostrare il denaro statunitense. Ma il panorama economico americano è ancora incerto, dunque rimangono instabili le idee su quali azioni intraprendere.

Fed, la pazienza di Powell

Sembra una storia destinata a ripetersi all’infinito quella di Powell sui tassi di interesse, il quale è chiamato a stabilire se rialzarli o meno. Il presidente Fed non si lascia intimorire dalle pretese di Trump che da tempo sostiene la necessità di un dollaro non troppo forte.

Attualmente non ci sono della condizioni così gravi da dover prendere una decisione immediata, perciò Powell continuerà con la strategia della pazienza già collaudata nei mesi precedenti.

Però, ora, i motivi sono ben diversi. Uno sguardo all’economia americana ha messo in luce che l’inflazione è debole, dunque è necessario attendere gli sviluppi per capire meglio come muoversi sui tassi di interesse.

Questo nonostante si sia registrato un andamento positivo riguardo gli indicatori di forza del mercato del lavoro e la prospettiva transitoria sull’inflazione bassa dovuta all’abbassamento dei prezzi sull’energia.

Tuttavia Powell si appresta a rassicurare gli investitori, affermando che non verranno fatte delle manovre invasive. Si muoverà “in modo trasparente e prevedibile in modo tale da minimizzare turbolenze sul mercato rispetto al doppio obiettivo” del mandato, ossia la stabilità dei prezzi e la piena occupazione.

Trump, dollaro troppo forte

Sono mesi che Trump sferza duri attacchi contro Powell, in quanto per il presidente americano non si registra la necessità di alzare i tassi di interesse. Infatti impaurisce la possibilità di avere un dollaro troppo forte e una politica monetaria restrittiva.

Infatti, nel caso si verificassero le due ipotesi, si metterebbero a repentaglio gli affari commerciali (e non) con i paesi esteri bruciando l’economia del paese.

Il fatto stesso che non ci sia inflazione è sintomo della non necessità di avviare la normalizzazione dei tassi.

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