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Legge elettorale, la proposta degli orlandiani a Renzi: cosa succederà ora?
giovedì 20 aprile 2017, di
Legge elettorale: dai parlamentari del Partito Democratico più vicini ad Andrea Orlando arriva una proposta per trovare l’intesa sul nuovo sistema di voto, ma Matteo Renzi potrebbe pensare di cercare altre soluzioni.
Continua la situazione di stallo in materia legge elettorale. Quella che doveva essere una priorità del governo Gentiloni si sta invece rivelando una sciarada, con l’accordo tra i partiti che sembrerebbe essere ben lontano dall’essere raggiunto.
Anche se prima del voto delle primarie Pd non si muoverà una foglia in maniera ufficiale, cresce sempre di più il fronte bipartisan di chi vorrebbe andare al voto nel 2018 con questo sistema elettorale estendendo l’Italicum modificato dalla Corte Costituzionale anche al Senato.
Una ipotesi che non piace ad Andrea Orlando e ai suoi fedelissimi che hanno chiesto a Matteo Renzi di prendere una decisione in materia, proponendo come soluzione la legge elettorale partorita lo scorso autunno dalla commissione interna del Pd presieduta da Lorenzo Guerini.
Legge elettorale: la proposta degli orlandiani
La vicenda della nuova legge elettorale da varare sta diventando paradossale: ci sono state quasi una trentina di proposte, audizioni e commissioni a lavoro a pieno ritmo, ma nel concreto da dicembre non è stato fatto nessun passo in avanti.
Una situazione che non piace ad Andrea Orlando, con i suoi parlamentari che stanno provando a incalzare Matteo Renzi per cercare di serrare i tempi per il licenziamento del nuovo sistema di voto con il quale gli italiani saranno chiamati a votare con ogni probabilità nel marzo 2018.
Dagli orlandiani ecco arrivare allora una proposta: rispolverare quella legge elettorale che era stata studiata e approvata dalla commissione interna del Partito Democratico formata da Guerini, Zanda, Rosato, Cuperlo e Orfini.
Si tratta nello specifico di un sistema di voto simile a quello in vigore in Grecia, con la possibilità di coalizioni e la presenza di collegi uninominali. La soglia di sbarramento sarebbe del 3% alla Camera e del 4% al Senato, mentre per garantire la governabilità ecco un premio di maggioranza di 60 deputati e 30 senatori per chi ottiene più voti.
Una legge elettorale molto valida secondo Gianni Cuperlo, che non si spiega il motivo per cui il Partito Democratico l’abbia accantonata e di fatto messa da parte in questo dibattito per trovare un accordo sul nuovo sistema di voto.
Una proposta quella di Cuperlo che compatta tutto il fronte degli orlandiani, che a questo punto chiedono a gran voce a Matteo Renzi di rompere questa pericolosa impasse che si sta creando cercando di accelerare sulla legge elettorale.
I dubbi di Renzi
Dopo le scintille dei primi giorni, da un po’ di tempo il dibattito tra i tre candidati alla segreteria del Pd è calato di tono. L’impressione è che Orlando ed Emiliano si siano ormai rassegnati alla sconfitta e stiano cercando di non esasperare i toni per non danneggiare ulteriormente il partito.
Tutto è di nuovo nelle mani di Matteo Renzi, che starebbe aspettando solo l’investitura ufficiale del 30 aprile per regolare i conti non soltanto all’interno del Partito Democratico, ma anche in Parlamento.
La legge elettorale proposta dall’ala del Pd che fa riferimento ad Andrea Orlando è stata accolta con freddezza dai renziani, nonostante sia stata partorita da alcuni degli uomini più vicini all’ex premier come Lorenzo Guerini e Matteo Orfini.
La tentazione maggiore è quella di rimandare tutto alla prossima legislatura e di andare a votare nel 2018 con la legge elettorale in vigore alla Camera estesa anche al Senato, apportando solo modifiche minime.
Il problema però è che questa scelta presterebbe il fianco agli attacchi del Movimento 5 Stelle, che secondo ambienti renziani starebbe facendo ostruzionismo proprio per cercare che non si arrivi a nessun accordo sulla legge elettorale.
Il ribaltone avvenuto in commissione Affari Costituzionali del Senato poi non aiuta di certo a calmare le acque. Anche volendo, il Partito Democratico non potrebbe imporre a colpi di maggioranza nessuna legge elettorale.
L’impressione è che Matteo Renzi prima risolverà la questione primarie, poi tornato in sella al Partito Democratico cercherà di forzare la mano in tema legge elettorale, con l’obiettivo di stanare gli altri partiti che al momento stanno facendo una sorta di melina.
Quella della nuova legge elettorale sembra quindi essere destinata a diventare una nuova telenovela, una battaglia tutta politica dove il risultato potrebbe essere il classico topolino partorito dalla montagna.