Home > Altro > Archivio > Lavoro, il Jobs Act come la legge Hartz IV? Tutti i limiti del modello tedesco

Lavoro, il Jobs Act come la legge Hartz IV? Tutti i limiti del modello tedesco

venerdì 21 luglio 2017, di Alessandro Cipolla

Il famigerato piano Hartz in Germania come il Jobs Act in Italia? Questa è la domanda che sorge spontanea vedendo la crisi in cui sono caduti i due partiti di centrosinistra dopo aver approvato una legge sul lavoro.

Correva infatti il 2002 quando il governo socialdemocratico di Gerhard Schroder iniziò a lavorare ad una riforma del lavoro, che culminò nel 2005 con l’entrata in vigore del Hartz IV, la legge che andò a creare i “midi jobs” istituendo anche il sussidio universale per i disoccupati.

Non è un mistero che Matteo Renzi abbia guardato proprio alle riforme Hartz nel creare il suo Jobs Act. Non è un caso però anche che la crisi dei socialdemocratici in Germania sia iniziata proprio dopo l’approvazione della legge sul mercato del lavoro, con la stessa cosa che sta succedendo anche in Italia per il Partito Democratico.

Vediamo allora tutti i limiti e le contraddizioni del piano Hartz, che per molti critici avrebbe diminuito la disoccupazione senza però portare un benessere reale al paese, accuse queste che sono state rivolte anche al Jobs Act.

I limiti del piano Hartz IV

Giunto al suo secondo mandato, l’allora cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroder decise di riformare il mercato del lavoro. In Germania infatti il tasso di disoccupazione era arrivato a superare il 10%.

Per elaborare la riforma fu istituita una commissione con a capo Peter Hartz. Le proposte nate vennero poi suddivise e approvate singolarmente, prendendo il nome di Hart I, Hartz II, Hartz III e Hartz IV.

La legge divenuta più famosa, ma anche la più criticata, è senza dubbio la Hartz IV entrata in vigore nel 2005. Venne istituito infatti un sussidio universale di disoccupazione, 300 euro al mese, per ogni non occupato a patto che però questi non rifiutasse nessuna offerta di lavoro che gli veniva proposta.

Oltre al sussidio videro la luce anche i “midi jobs”, ovvero dei contratti atipici di lavoro retribuiti 450 euro al mese dove le aziende non devono pagare alcuna tassa o contributo. Solo lo Stato versa una minima quota previdenziale per questi lavoratori.

Il risultato fu che la Germania grazie alla legge Hartz IV dimezzò il numero dei disoccupati. Dei 42 milioni dei lavoratori tedeschi però al momento quasi 7 milioni sono occupati tramite i “midi jobs”.

Una grossa fetta dei lavoratori tedeschi quindi sopravvive grazie a questi contratti atipici a cui si vanno ad aggiungere i sussidi per la disoccupazione. Le aziende così aumentano i fatturati visto il basso costo della manodopera, ma nel paese però si viene a creare una profonda frattura sociale.

Da una parte infatti ci sono i lavoratori normali, che godono di alti salari e pensioni, mentre dall’altra ci sono i milioni di precari impiegati tramite i “midi jobs” che ricevono una bassa retribuzione e contributi previdenziali quasi simbolici.

In pratica, in Germania diminuisce la disoccupazione ma non aumenta la ricchezza generale, visto che molti dei contratti di lavoro indeterminati sono stati sostituiti dai “midi jobs”, una autentica manna per l’industria tedesca.

Il lavoro manda in crisi il centrosinistra

Nonostante spesso la legge Hartz IV venga definita l’artefice del rafforzamento della Germania, la sua approvazione di fatto ha segnato l’inizio della crisi per il Spd, il partito socialdemocratico tedesco dell’allora presidente Schroder.

Quando venne eletto per la prima volta a capo della Germania nel 1998, i socialdemocratici guidati da Gerhard Schroder presero il 40% dei voti. Nel 2002 il cancelliere venne riconfermato con il suo partito che ottenne il 38,5%.

Nel 2005 dopo quindi l’approvazione delle varie leggi Hartz, Schroder venne sconfitto dalla Merkel, che governa da allora ininterrottamente, con il Spd che si fermò al 34,2%. Nel 2009 poi crollò al 23% per poi risalire di poco nel 2013 al 25,7%.

I sondaggi delle elezioni in Germania del prossimo 24 settembre attestano i socialdemocratici al 25%. Nonostante la candidatura di Martin Schulz quindi la crisi del Spd continuerebbe.

Al contrario cresce sempre più Linke, il partito della sinistra radicale tedesco da sempre contrario al piano Hartz, che al momento viene dato nei sondaggi al 9%. La riforma del lavoro varata ha quindi segnato il declino dei socialdemocratici.

Una cosa molto simile potrebbe di fatto accadere anche in Italia. Matteo Renzi sembrava essere il nuovo golden boy della politica italiana, portando il PD al 40% nelle elezioni europee del 2014.

Anche lui si è preso la responsabilità di varare una legge sul lavoro, ovvero il Jobs Act. L’approvazione di fatto fece nascere però una profonda frattura con il mondo della sinistra e quello dei sindacati.

Dopo essersi dimesso a seguito della sconfitta al Referendum del 4 dicembre, gli ultimi sondaggi politici italiani attestano il Partito Democratico al 25,4%. Una profonda crisi quindi che coincide anche con quella personale del segretario Renzi.

Si può quindi dire che le riforme del lavoro varate in Germania e in Italia abbiano segnato le sorti dei partiti di centrosinistra dei rispettivi paesi. Se però a Berlino questo ha consegnato il paese alla Merkel, da noi invece potrebbe decretare la vittoria dei partiti populisti che in questo momento sono i grandi favoriti.

Un messaggio, un commento?

moderato a priori

Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Chi sei?
I tuoi messaggi

Questo form accetta scorciatoie di SPIP [->url] {{bold}} {italic} <quote> <code> e il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare un paragrafo lasciate semplicemente una riga vuota.