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L’analisi sociale sulle grandi opere svuotata dalla firma di un funzionario. Cosa farà il governo?

venerdì 8 giugno 2018, di Erasmo Venosi

Un Presidente del Consiglio e tre ministri competenti per funzione che hanno condiviso la necessità di verifica dell’esistenza di una relazione socialmente utile sui progetti prioritari sono di fatto smentiti dalla firma dell’Atto integrativo della Brescia/Verona, perché in esso manca completamente il progetto di attraversamento della città di Brescia.

Un progetto costosissimo e con la singolarità di presentare 309 prescrizioni, tra le quali la ri-progettazione, tenendo conto delle norme tecniche di costruzione di 10 anni fa invece che di 22 come è stato redatto il progetto.

Un segnale rigoroso si aspetta da questo Governo del presunto cambiamento se non vuole essere soggiogato da una tecnocrazia estranea ai vincoli e ai drammatici problemi di finanza pubblica che vive il Paese. Infrastrutture si, ma se ne è verificata l’utilità sociale.

Senza interventi repentini e rigorosi su un aspetto così importante quale quello delle infrastrutture, il Governo diventerà quello degli slogan ed evocando Nietzsche quello del “il perenne ricordo del sempre uguale”.

Un pericoloso precedente

Un pericoloso precedente. Non diversamente può essere definito lo strappo fatto dall’Amministratore Delegato della Rete Ferroviaria Italiana sottoscrivendo l’atto contrattuale integrativo per la realizzazione del progetto av Brescia/Verona. Un vulnus democratico rilevante assestato da un funzionario pagato con i soldi dei contribuenti italiani.

Inammissibile e grave che un Ministro della Repubblica titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti, in sintonia con le dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio sulla volontà/necessità di sottoporre ad analisi economica le cosiddette grandi opere, vengono smentiti (nello stesso giorno della concessione della fiducia da parte del Parlamento) dalla firma di un atto che è la negazione del nuovo corso annunciato per le opere prioritarie, dopo anni di distruzione di risorse pubbliche e di territori.

Il Governo, per dimostrare di essere di cambiamento, la cosa che dovrebbe fare subito è quella di cacciare via Presidente di Fs Holding e AD di RFI. La firma del contratto prescinde anche dal non aver tenuto conto di valutazioni di compatibilità di finanza pubblica a causa della vigenza del Fiscal Compact (dal 1° gennaio scorso) che per due decenni assorbirà l’1,6% di PIL (dando per scontato che la BCE raggiunga l’obiettivo di un tasso di inflazione al 2%. Diversamente quell’1,6% sarà corretto all’insù del valore pari allo scostamento del tasso di inflazione dal 2%) che il Renzi/Gentiloni ha generato 233,61 mld di maggiore debito pubblico (fonte Banca Italia confrontando il debito al gennaio 2014 con i dati del mese scorso), che il progetto approvato contiene 309 prescrizioni, che infine l’azionista unico di Fs il Ministro delle Finanze dovrà a fine mese prendere atto e/o limitare il taglio dei fondi strutturali per le politiche di coesione e per l’agricoltura (bilancio UE 2021/2027).

Il Ministro delle Infrastrutture, per quanto di sua competenza, e l’analisi economica è il minimo che si possa non pretendere, ma esigere, per parlare di legalità intesa come rispetto della legge e del dovere politico di bilanciamento degli interessi, in un Paese dove l’indice di Gini è ai livelli degli anni 90, e 12 punti di PIL in 20 anni sono stati sottratti ai salari a favore dei profitti.

Già scontiamo un deficit di democrazia per i provvedimenti assunti in ambito di nuova governance post crisi che hanno incartato le garanzie e i controlli del trattato di Lisbona (Two pack, Six Pack, Fiscal Compact, Mes), E adesso anche il funzionario di un’azienda di Stato si permette di svuotare la volontà di far cessare lo sperpero di risorse pubbliche per progetti espresse dalle lobby 32 anni fa?

È legittima la richiesta dei cittadini, ma ora anche da parte del nuovo Governo, di verificare l’esistenza di una relazione tra costi e benefici, che sia socialmente vantaggiosa? Possibile che con risorse così rilevanti non si determina il costo-opportunità? Quali progetti si potrebbero attuare in alternativa e quali benefici produrrebbero gli 8 miliardi del progetto Brescia/Verona/Padova (stima riduttiva considerato che nei costi esposti manca l’infrastruttura aerea, l’elettrodotto di servizio, gli interessi sulle obbligazioni pubbliche emesse a copertura dei disavanzi e infine i costi di struttura)?

Il Ministro dell’Ambiente della cui competenza ne sono al corrente per esperienza diretta non può non intervenire su una folla di prescrizioni (309), tra le quali c’è la ri-progettazione di ponti, attraversamenti di fiumi per il rispetto di norme tecniche recenti (2008 e 2018) e della omessa partizione sismica del 2003! Una prescrizione che richiederebbe una nuova via! Importante sarebbe valutare anche l’immenso “buco nero” dei siti da bonificare intercettati dal progetto.

Il Ministro del Tesoro, in qualità di azionista unico di Fs, come può consentire che uno strumento fondamentale quale l’ACB, annunciata sulle opere prioritarie, sia spuntata annullata dal funzionario di una società pubblica alla quale ogni anno vengono trasferiti 12 mld di euro (Fonte: Prof. Ponti)? Come si può accettare che un’ACB indipendente ha quantificato in più di 3 mld di euro la perdita di surplus sociale del progetto Bs/ Vr/Pd?

Uso impropriamente l’inizio del progetto a Bs visto che nessun progetto è stato ancora elaborato per l’attraversamento di Brescia. Senza sanzioni efficaci che riconducano una tecnocrazia miope nell’alveo delle sue funzioni, che indurrebbero a considerare complessivamente gli interessi e il contesto macroeconomico del Paese, e senza interventi radicali di recupero di un importante strumento programmatico come l’ACB la “Primavera annunciata” con il nuovo corso sarà una “Primavera silenziosa” evocando un libro importante di Rachel Carson.

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