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Uscire dall’UE: regole, procedure e tempi di recesso
martedì 22 marzo 2016, di
Il 23 giugno, data fissata per il referendum nel Regno Unito sulla permanenza nell’Unione Europea, si sta sempre più avvicinando. Non solo gli inglesi, ma anche altri Stati membri dell’Unione, si stanno interfacciando con una sempre più crescente avversione alle politiche di austerity e poco flessibili dei vertici europei.
Negli ultimi tempi le fazioni anti-Europa di diversi Stati, Italia compresa, hanno raccolto sempre più consenso tra i cittadini, invocando spesso l’uso del referendum come strumento per uscire dall’Unione. Tuttavia, le procedure di uscita dall’Area europea non sono delle più semplici né presentano tempistiche snelle. Ecco come si fa ad uscire dall’Unione Europea e dalla zona Euro.
Uscire dall’Unione Europea: le regole fissate dall’articolo 50 TUE
Nelle ultime settimane si sta parlando sempre più degli effetti che può avere l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (nota come Brexit).
Il 23 giugno, data prefissata per il referendum sulla permanenza nell’UE del Regno Unito, si sta avvicinando e molti si chiedono quali possano essere gli effetti economici della perdita di un Paese così importante per l’Unione.
Tralasciando le previsioni economiche, l’uscita dall’Unione Europea di uno Stato membro non appartenente all’Unione Monetaria ha un procedimento fissato dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea(TUE) che stabilisce la prassi da attuare in caso di tale eventualità.
Uscire dall’Unione Europea: l’iter di richiesta e approvazione
Si parte da un punto fondamentale e cioé che al Paese che fa richiesta di uscita viene concesso un periodo di massimo 2 anni in cui rinegoziare gli accordi commerciali e politici con l’Unione.
Durante questo periodo, gli accordi in essere con l’UE sono validi mentre superata tale scadenza decadono dalla validità. Sorvolando sul fatto che 2 anni sembra un lasso di tempo incongruo per rinegoziare tutti i trattati, qual’è l’iter da seguire?
Prendendo ad esempio il caso della Brexit, supponiamo che il 23 giugno il popolo britannico decida di uscire dall’UE. A seguito di tale decisione, il governo del Regno Unito dovrebbe inviare una nota al Consiglio dei ministri UE nella quale si invoca il diritto di recesso contenuto appunto nell’articolo 50 TUE.
La dichiarazione viene poi allargata al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo il quale dà mandato ai negoziatori europei di trattare le modalità di uscita con l’UK e la ridefinizione delle future relazioni tra UE e Regno Unito.
I negoziatori UE agiranno sotto il controllo del Consiglio dei capi di Stato, della Commissione UE e dall’Alto rappresentante (attualmente la connazionale Federica Mogherini) per quel che riguarda la ridefinizione riguardanti temi come la sicurezza e la difesa comune e la politica estera.
Una volta trovato l’accordo su tutta la linea, il Consiglio conclude le trattative, previa autorizzazione del Parlamento europeo. Una volta ufficializzato l’accordo, lo stesso andrà ratificato da tutti gli Stati appartenenti all’UE e ovviamente dallo stesso Stato richiedente il recesso.
Uscire dall’Eurozona: non ci sono regole fisse in merito
Come dicevamo prima, per trovare un accordo così complesso è necessario un lasso di tempo sicuramente superiore ai 2 anni previsti dall’articolo 50 TUE. Per rimediare, è probabile che si trovi un accordo di sintesi, cioé che definisca dei punti essenziali su cui lavorare nel corso degli anni e per non incorrere nella violazione dell’articolo TUE.
L’estensione del periodo di 2 anni và però decisa all’unanimità dal Consiglio europeo, anche se questo aspetto appare più una formalità che non un ostacolo.
Discorso ancora più complesso riguarda quello della richiesta di recesso di un Paese aderente all’Eurozona (cioè alla moneta unica). In questo caso non esiste una procedura predefinita come quella del caso precedente anche se tuttavia esistono diverse strade percorribili.
Uscire dall’Eurozona: il referendum
Una è quella del referendum sull’Euro, nota ai più vista la richiesta di utilizzo di questo strumento da parte delle forze politiche anti-Euro. Tuttavia, questa casistica non è di facile utilizzo poiché si deve adattare alle leggi costituzionali di ogni Stato membro che fa richiesta. Per fare un esempio, nel caso italiano, si necessiterebbe di avere una maggioranza parlamentare che approvi una modifica costituzionale.
Uscire dall’Eurozona: modifcare il TUE e il TFUE
Un’altra strada, molto complicata, è quella della modifica dei trattati TUE e TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). Questa strada è molto impervia e richiederebbe anni per essere praticata (anche 10 o oltre).
La strada più semplice sarebbe quella di uscire dall’Euro in base all’art.139 e all’art.140 TFUE in base ai quali il Paese richiedente otterrebbe lo status di Stato con deroga (cioè quei Paesi che fanno parte dell’UE ma senza far parte dell’Unione Monetaria come appunto il Regno Unito).
Uscire dall’Eurozona: il ricorso al diritto internazionale
In ultima istanza, si potrebbe fare ricorso ai trattati internazionali visto che i trattati UE fanno parte di tale categoria. Attraverso tale prassi, lo Stato richiedente può recedere dai trattati europei dimostrando che si sono verificati degli squilibri tra le parti in causa che hanno generato la richiesta (la violazione delle regole debito pubblico/PIL è un sempio).
Uscire dall’UE e dall’Eurozona: servono tempi lunghi per rendere effettivo il recesso
In sostanza, non è facile uscire dall’Unione Europea né dall’Eurozona. A livello formale non esistono ostacoli per poter recedere dai trattati europei ma l’ostacolo principale è posto dal tempo che deve intercorrere per rendere effettivo il recesso.
Quest’ultimo punto in particolare, dipende dall’integrazione delle leggi interne dello Stato richiedente il recesso con le norme europee. Comunque, anche in caso di scarsa integrazione, sarebbe necessario un tempo superiore ai due anni e, in casi opposti, anche decadi.